Secondo un position paper di REF Ricerche “il commercio delle materie prime seconde (MPS) nell’Ue vale nel 2023 circa 93,6 miliardi di euro”
La creazione di un mercato unico europeo per i rifiuti e l’economia circolare è al centro delle strategie del Vecchio Continente per rafforzare la competitività. Ne hanno parlato Mario Draghi ed Enrico Letta, sottolineando nei rispettivi rapporti come il riciclo sia un ingrediente fondamentale per lo sviluppo economico dell’Unione. A parlarne è anche l’ultimo position paper pubblicato da Ref – dal titolo “Urge un mercato unico europeo per i materiali recuperati dai rifiuti” – in cui vengono analizzati i dati del commercio interno ed extra Ue dei rifiuti e delle materie prime seconde prodotte in Europe e le sfide che bisogna superare per garantire appieno la funzionalità della circolarità del Continente.
Secondo l’istituto di ricerca “il commercio delle materie prime seconde (MPS) nell’Ue vale nel 2023 circa 93,6 miliardi di euro, associato ad un flusso commerciale pari a 161,5 milioni di tonnellate scambiate”, un numero enorme, che, però, è stabile da circa dieci anni, “stagnante”, scrive Ref. “Nel 2023, infatti, – sottolinea il paper – le tonnellate scambiate sono solo il 4,5% in più rispetto a quelle scambiate dieci anni prima, nel 2014”. Tra i mercati principali plastica, metalli, carta e vetro, mentre stentano a tenere il passo tessili, organico e minerali.
Se il mercato intra Ue arranca, ad aumentare, nello stesso periodo, sono invece le MPS esportate fuori dall’Unione europea, soprattutto tessili, metalli e carta. L’incremento è del 15,9% rispetto al 2014, mentre se guardiamo agli ultimi 20 anni, l’incremento è di oltre il 74%. Nonostante il volume dell’export extra-UE abbia praticamente raggiunto quello dell’import da Paesi extra-UE, scrive tuttavia Ref, il valore di mercato dei due flussi differisce “di ben 5,2 miliardi di euro con l’import a sopravanzare l’export”, uno squilibrio nella bilancia commerciale che indica quanto il valore medio delle MPS importate sia superiore a quelle esportate. A fare il loro ingresso nel mercato dell’Unione sono soprattutto plastiche, materiali organici e minerali.
Questi dati, secondo il rapporto, evidenziano due falle dell’economia circolare europea: innanzitutto la carenza di capacità impiantistica di riciclo adeguata continentale, mentre in seconda battuta, secondo gli studiosi, il minor valore delle materie prime secondarie esportate rispetto a quelle importate può essere sintomo di “una minore qualità del prodotto e quindi di una carenza nella capacità di gestione dei rifiuti non riciclabili in Europa, che ha condotto negli anni a trovare una destinazione in impianti collocati al di fuori dei nostri confini”. Oltre a questi fattori tecnologici ed economici, bisogna aggiungere anche l’impatto ambientale legato al trasporto dei rifiuti nei Paesi extra Ue, che non sempre, inoltre, ricevono un trattamento conforme ai principi dell’economia circolare.
E se da un lato “l’aumento delle esportazioni verso Paesi extra-UE ha aiutato gli impianti di riciclaggio in Europa a superare le difficoltà causate dalla stagnazione del mercato”, scrive Ref, dall’altro testimonia anche “un mancato assorbimento delle MPS da parte della manifattura europea”. Un trend da invertire accelerando lo sviluppo del mercato interno delle materie prime seconde, anche nell’ottica di garantire la maggiore resilienza delle catene di fornitura nel quadro degli attuali scenari di forte incertezza geopolitica. Obiettivo che l’Ue proverà a perseguire con il futuro “Circular Economy Act”, la cui proposta è attesa dalla Commissione europea entro la fine del 2026 e che ha l’obiettivo di “catalizzare gli investimenti nella capacità di riciclo e di incentivare l’industria europea a sostituire le materie prime vergini, riducendo contestualmente lo smaltimento in discarica e l’incenerimento delle materie prime diventate rifiuto”, scrive Ref.
Secondo il paper, per aumentare il volume delle MPS utilizzate nel Paesi dell’Ue e, conseguentemente, diminuire le importazioni delle stesse è necessario partire dai prodotti immessi sul mercato, che devono rispettare i criteri dell’ecodesign, pensati per un utilizzo più longevo e un più semplice riciclo. Ma, soprattutto, è necessario porre le basi per favorire la libera circolazione dei prodotti provenienti dal riciclo. L’invito è a soprattutto a migliorare l’architettura normativa dell’end of waste, ampliandone il raggio d’azione e omogeneizzandone l’applicazione negli Stati Membri. In secondo luogo, scrive Ref, bisogna rimuovere gli “ostacoli normativi, burocratici e regolamentari che ancora si frappongono alla piena circolazione delle MPS all’interno dell’UE”.
Interventi di natura regolatoria che, tuttavia, non possono prescindere dall’adozione di misure anche sul fronte economico. Per rafforzare la leadership dell’Ue nella lotta al cambiamento climatico, scrive infatti Ref, serve anche restituire competitività all’industria del riciclo, che in molti casi continua a non reggere la concorrenza delle materie vergini. “Risulta ancora assente una strumentazione economica che riconosca il contributo del riciclo alla decarbonizzazione – osserva infatti Ref, secondo cui – il nostro Paese è il candidato ideale per guidare l’agenda nei tavoli europei, al fine di coniugare l’economia circolare con la decarbonizzazione”. L’idea, più volte proposta dall’istituto di ricerca, è quella di istituire ‘certificati del riciclo’ sulla falsariga dei titoli di efficienza energetica.