Secondo uno studio del progetto europeo FutuRaM meno della metà dei minerali preziosi contenuti nei raee viene recuperata. Bruxelles: “Il riciclo è una strategia geopolitica, non solo ambientale”
Ogni anno in Europa circa 600 mila tonnellate di materie prime critiche contenute nei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche finiscono in discarica, inceneritore, esportate o disperse. Risorse come alluminio, rame, palladio, rutenio o ‘terre rare’, che potrebbero concorrere ad aumentare il grado di autonomia e resilienza delle forniture verso l’Europa e che invece vengono inesorabilmente sprecate. Lasciando l’industria continentale appesa al filo, o meglio al cappio, delle importazioni dall’estero. Lo rileva uno studio realizzato dai promotori del progetto FutuRaM, finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon, secondo cui nel 2022 meno della metà dei minerali critici contenuti in telefoni, computer portatili, server, cavi, elettrodomestici e altri prodotti elettronici a fine vita è stata correttamente recuperata.
L’indagine parte dagli ultimi dati disponibili sulla raccolta raee in Ue (più UK, Svizzera, Islanda e Norvegia), stando ai quali nel 2022 solo 5,7 milioni di tonnellate di apparecchiature a fine vita sui 10,7 generati sono stati correttamente intercettati e trattati per recuperarne materiali riciclabili. Incluse 400 mila tonnellate circa di materie prime critiche, tra cui 162.000 tonnellate di rame, 207.000 di alluminio, 12.000 di silicio, 1.000 di tungsteno, 2 tonnellate di palladio. Il problema è che i minerali strategici che non vengono recuperati pesano una volta e mezzo di più: circa 600 mila tonnellate, di cui 500 mila contenute nei flussi non gestiti correttamente (trattati in maniera non ottimale, smaltiti nei rifiuti indifferenziati o esportati) e altre 100 mila che invece sfuggono ai processi di recupero, non equipaggiati con i necessari trattamenti avanzati.
Numeri che lasciano l’amaro in bocca, tanto più in uno scenario segnato da incertezze e tensioni crescenti sui mercati globali delle materie critiche, con settori chiave dell’industria europea – dall’automotive al digitale – appesi al filo delle importazioni, sempre più simile a un cappio in termini di competitività. “L’Europa dipende da paesi terzi per oltre il 90% delle sue materie prime critiche, eppure ne ricicliamo solo una piccola parte, pari all’1%” osserva la Commissaria Ue all’economia circolare Jessika Roswall, secondo cui “le interruzioni degli scambi commerciali, dai divieti di esportazione alle guerre, mettono a nudo la vulnerabilità dell’Europa. Il riciclo – dice – è sia un imperativo ambientale che una strategia geopolitica”. Tant’è che secondo il Critical Raw Materials Act dell’Ue, entro il 2030 i minerali strategici recuperati dai rifiuti dovranno soddisfare almeno il 25% della domanda interna.
Secondo lo studio, il rapido tasso di crescita dei rifiuti elettrici ed elettronici, spinto dall’aumento dei consumi tecnologici ma anche da digitalizzazione ed elettrificazione, potrebbe portare entro il 2050 a una quantità di raee compresa tra i 12,5 e i 19 milioni di tonnellate, con un contenuto di materie critiche compreso tra 1,2 e 1,9 milioni di tonnellate. E anche in uno scenario pienamente circolare, con la produzione di rifiuti ridotta grazie alla maggiore durabilità e riparabilità delle apparecchiature, si potrebbero comunque recuperare fino a 0,9 milioni di tonnellate di materie critiche. Con ricadute dirette in termini di valore economico e benefici anche sul piano occupazionale, oltre che ambientale. “Il recupero di silicio, argento e ‘terre rare’ dai pannelli fotovoltaici, la categoria di rifiuti elettronici in più rapida crescita, sarà fondamentale per la diffusione dell’energia solare in Europa”, si legge ad esempio nello studio.
Per riuscire a intercettare e recuperare appieno il potenziale di risorse critiche contenute nei raee, si legge nel dossier, serve un approccio che investa l’intera catena del valore dei prodotti tecnologici, a partire dalla progettazione, che deve agevolare lo smantellamento e il riciclo e facilitare l’individuazione dei componenti ricchi di risorse critiche, come i magneti permanenti. Per aumentare gli investimenti in tecnologie avanzate di recupero, come idrometallurgia o pirometallurgia, serve poi un quadro chiaro e coerente di incentivi, sia in termini regolatori, come i requisiti di ecodesign, che di supporto economico diretto.
Il vero nodo, tuttavia, resta quello della raccolta delle apparecchiature a fine vita, che deve essere sempre più capillare, privilegiando la diffusione di sistemi di ritiro gratuito da parte dei commercianti e di isole ecologiche. Iniziative che non possono prescindere da un’azione costante di informazione e sensibilizzazione rivolta ai consumatori, che “scegliendo di riparare, riutilizzare o restituire i vecchi dispositivi elettronici attraverso adeguati sistemi di raccolta – spiega Magdalena Charytanowicz del WEEE Forum – svolgono un ruolo diretto nel garantire l’approvvigionamento di materiali essenziali in Europa, riducendo i danni ambientali causati dall’attività estrattiva e contribuendo a creare nuovi posti di lavoro verdi. Il successo delle politiche di economia circolare dipende non solo dalla legislazione, ma anche dalle decisioni quotidiane dei cittadini”.


