Come ogni anno il sistema di raccolta degli pneumatici a fine vita si sta ingolfando. Colpa delle vendite a nero ma anche della frammentazione della governance dei sistemi di responsabilità estesa dei produttori. Il vice presidente della Camera Sergio Costa: “Dobbiamo capire dov’è che il sistema è inciampato e intervenire”
Dopo 14 anni di servizio, il sistema nazionale di raccolta e avvio a trattamento degli pneumatici fuori uso ha bisogno di fare un tagliando. Anche quest’anno, in corrispondenza con il cambio stagionale, il meccanismo che dal 2011 dovrebbe garantire l’intercettazione degli pfu su tutto il territorio nazionale, in virtù del regime di responsabilità estesa del produttore, si sta ingolfando e i copertoni sostituiti si accumulano sui piazzali di gommisti, officine e ricambi auto esponendo gli operatori al rischio di sanzioni amministrative e, nei casi peggiori, anche di denunce penali.
Secondo Confartigianato sarebbero già più di 450 le tonnellate non ritirate, mentre in una nota dello scorso 15 aprile CNA riportava come “solo negli ultimi 3 giorni oltre 200 imprese hanno inviato segnalazioni sui ritardi nella raccolta, che superano i nove mesi di attesa con una giacenza media superiore alle 400 unità”.
A pesare sul sistema sono soprattutto le quantità immesse a mercato in maniera irregolare, in evasione del contributo ambientale per la raccolta, impossibili da tracciare e quindi destinate a restare fuori dalle quote affidate ogni anno dal Ministero dell’Ambiente ai consorzi collettivi e individuali dei produttori. Pneumatici venduti in nero o su piattaforme e-commerce non a norma. “Parliamo di una quota compresa tra 30 e 40 mila tonnellate – ha spiegato il vice presidente della Camera Sergio Costa in occasione di un incontro sul tema organizzato a Montecitorio – senza dimenticare quanto di buono è stato fatto, dobbiamo capire dov’è che il sistema è inciampato e intervenire. Penso a una piattaforma da mettere all’attenzione della politica entro questo autunno”.
Una prima risposta, garantisce il MASE, arriverà con il nuovo registro informatico dei produttori e importatori di beni soggetti a responsabilità estesa del produttore, istituito lo scorso anno dopo una lunga attesa e operativo ufficialmente da oggi. Uno strumento che “garantirà maggiore tracciabilità e trasparenza – ha spiegato Luca Proietti, direttore generale ECB del MASE – mettendo a nostra disposizione dati che ci consentiranno di andare più a fondo nelle criticità del sistema”.
Nell’attesa che il nuovo portale faccia emergere le quote di pneumatici ‘fantasma’, l’appello degli operatori è a riattivare nel breve termine anche per il 2025 l’obbligo di extra raccolta che negli ultimi anni ha consentito di tamponare il problema degli accumuli, chiedendo ai consorzi di aggiungere una quota ulteriore rispetto al 95% di raccolta cui sono obbligati per legge. Anche perché nel 2024 l’extra target del 10% è stato fissato solo a ottobre e, secondo le associazioni artigiane, non è stato sufficiente per evadere i quantitativi pregressi di pfu accumulati, nonostante gli sforzi dei principali sistemi collettivi dei produttori. “Lo scorso anno abbiamo intercettato oltre 168 mila tonnellate di pfu – ha detto il direttore generale di Ecopneus Giuseppina Carnimeo – rispondendo a più di 45 mila richieste di prelievo e andando oltre il 110% della raccolta”.
Tema che intreccia un altro elemento di criticità, ovvero la frammentazione della governance del sistema di responsabilità estesa e l’eterogeneità dei soggetti coinvolti, che oltre a impedire lo svolgimento di servizi efficienti di raccolta su tutto il territorio nazionale generano zone d’ombra che potrebbero nascondere pericolosi fenomeni di ‘free riding’: operatori che dichiarano di assolvere agli obblighi della responsabilità estesa, magari in forma individuale, ma che in realtà non lo fanno. Lasciando anche in questo caso a terra pfu che invece avrebbero dovuto raccogliere. Nodi da sciogliere “anche attraverso un lavoro legislativo che garantisca l’efficacia della copertura su tutto il territorio nazionale e l’adeguatezza degli operatori – ha sottolineato Chiara Braga, deputato e membro della commissione Ambiente della Camera – per dare continuità a un settore che contribuisce a fare del nostro paese un fronte avanzato dell’economia circolare”.