Le associazioni europee dell’industria elettronica hanno chiesto alla Commissione Ue di ritirare la proposta di una tassa sui raee non raccolti, giudicandola una misura “mal concepita” che rischia di frammentare il mercato unico e gravare su imprese e consumatori
L’industria europea dei prodotti tecnologici dice ‘no’ alla proposta di istituire una tassa sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche non raccolti. Una misura “mal concepita” che rischia di creare “una significativa frammentazione del mercato”, si legge in una lettera siglata da dieci sigle rappresentative dell’intera filiera, dalla produzione alla gestione del fine vita, e inviata al Commissario Ue al Bilancio Piotr Serafin, al rappresentante permanente della presidenza danese del Consiglio Ue Søren Jacobsen e alla Commissaria all’economia circolare Jessika Roswall. “Esortiamo la Commissione europea a ritirare questa proposta”, scrivono, tra gli altri, Applia Europe e Weee Forum.
Stando alla proposta di budget pluriennale presentata dalla Commissione Ue, e attualmente al vaglio di Consiglio e Parlamento, a partire dal 2028 gli Stati membri dovrebbero pagare una tassa da 2 euro al kg basata sulla differenza tra il peso dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche generati e quelli raccolti. Una ‘risorsa propria’ che andrebbe ad aggiungersi a quella per il packaging in plastica non riciclato introdotta nel 2021 e che Bruxelles stima possa contribuire al bilancio comunitario per circa 15 miliardi di euro l’anno, “sostenendo al contempo l’autonomia strategica dell’Unione nell’approvvigionamento delle materie prime critiche”. Tuttavia, si legge nella missiva, l’obiettivo della proposta sembra essere più “la generazione di entrate per il bilancio generale dell’Ue” che “la promozione di una efficace politica ambientale”. Un approccio che “rischia di indebolire significativamente la competitività del settore, elemento critico per una fiorente economia circolare”.
Il problema di fondo dietro la proposta di ‘raee tax’, scrivono i promotori dell’appello, sta soprattutto nei dati sulla raccolta, visto che quelli disponibili – inclusi i dati Eurostat – sono “molto deboli” e “lontani dall’essere considerati affidabili”, come già rilevato dalla Corte dei Conti dell’Ue in relazione alla tassa sulla plastica. Del resto, chiariscono, la misura esatta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche non raccolti è una “variabile sconosciuta” e anche la percentuale minima di raccolta fissata dalla normativa Ue, ovvero il 65% dell’immesso a mercato medio in ogni triennio, “è un costrutto giuridico arbitrario che non riflette accuratamente la quantità di rifiuti elettronici generati in un dato anno, né tiene adeguatamente conto dell’ampia varietà di categorie di prodotti o della loro durata di vita prevista”.
A fronte di dati tanto incerti, si legge, l’introduzione della tassa rischia di generare distorsioni e frammentare il mercato unico dell’Ue. Anche perché lascerebbe ai singoli Stati membri il compito di stabilire in che modo dare corso ai nuovi obblighi finanziari e, in particolare, se scaricare o meno il peso del nuovo tributo sulle spalle dei produttori di apparecchiature. Un’ipotesi che potrebbe determinare “un aumento significativo e dannoso dell’onere fiscale sulle aziende europee”, già stremate dalla prolungata crisi di competitività. Senza dimenticare che, in virtù del regime di responsabilità estesa del produttore, chi immette a mercato un’apparecchiatura elettrica ed elettronica finanzia già le attività di raccolta e avvio a trattamento con i contributi prelevati dal costo sostenuto dai cittadini per l’acquisto. L’introduzione di una nuova tassa, si legge nell’appello, potrebbe quindi tradursi in un onere aggiuntivo anche per i consumatori, “compreso tra 9,25 e 57,71 euro pro capite”.
A conti fatti, rilevano quindi i firmatari dell’appello, piuttosto che agevolare l’economia circolare la tassa sui raee genererebbe nuovi oneri per imprese e Stati membri, finendo per sottrarre risorse al miglioramento delle attività di raccolta e riciclo. Per questo le associazioni invitano l’Ue a “riconsiderare” l’approccio al tema, chiarendo che per raggiungere l’obiettivo di aumentare l’intercettazione e il riciclo dei raee “una strada più costruttiva ed efficace consiste nell’adattare il quadro normativo esistente”. La direttiva di riferimento, riconoscono le associazioni, ha dimostrato “chiari limiti: gli obiettivi di raccolta non vengono raggiunti, l’applicazione delle norme non è uniforme e molti attori coinvolti nella gestione dei rifiuti elettronici non sono adeguatamente regolamentati o ritenuti responsabili”. Un fallimento a fronte del quale non una nuova tassa ma l’attesa revisione della direttiva sui raee, nell’ambito del Circular Economy Act previsto per la fine del 2026, rappresenta la “reale opportunità per rafforzare il sistema e incrementare sia i volumi di raccolta che la qualità del riciclo”.


