Rosanna Auriemma
04/07/2022

Transizione ecologica, l’Italia in chiaroscuro tra best practice e atavici problemi

Ultimo aggiornamento: 8 Luglio 2022 alle 08:07

Forte sviluppo dell’economia circolare, maggiore spinta verso una mobilità a impatto zero, ma anche perdite idriche e uso poco sostenibile del suolo. Questi solo alcuni dei trend emersi dal rapporto SNPA “Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale”

Da uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente con l’aumento degli orti urbani nel Sud, passando agli importanti progressi in tema di rifiuti, che da scarto sono sempre più concepiti come preziosa risorsa, per chiudere con le scelte ecologiche verso una spinta alla mobilità a impatto zero. Sono questi i risultati emersi dal rapporto “Città in transizione: i capoluoghi italiani verso la sostenibilità ambientale”, a cura di SNPA che offre una lettura aggiornata dei trend ambientali delle 20 città capoluogo d’Italia, compresa la provincia autonoma di Bolzano, nell’ultimo quinquennio, con un’analisi che attraversa le macro-aree vivibilità, circolarità e resilienza ai cambiamenti climatici. Una fotografia della transizione italiana in chiaroscuro, che alle best practices affianca anche atavici problemi, come le perdite idriche, la fragilità del territorio e l’uso poco sostenibile del suolo, i veri talloni d’Achille per l’Italia.

“A distanza di quindici anni dal primo rapporto sulle aree urbane, abbiamo introdotto alcune importanti novità. In primis abbiamo messo al centro la singola realtà comunale – dichiara Stefano Laporta, presidente di Ispra e SNPA, migrando da un approccio incentrato sui macro-temi verso un approccio città-centrico. Quindi, l’attenzione è stata posta sui 20 capoluoghi italiani. Ci siamo, poi, focalizzati sulle principali sfide ambientali di questo periodo, individuando tre differenti ma interconnesse chiavi di lettura: la vivibilità che indaga il rapporto tra ambiente e salute, la circolarità volta ad analizzare l’efficienza nell’uso delle risorse naturali e infine, la resilienza ai cambiamenti climatici, finalizzata a mettere a fuoco la capacità della città di reagire e adattarsi ai cambiamenti del clima. Altro elemento innovativo è stata la finestra temporale di studio dei dati dell’ultimo quinquennio, per analizzare gli eventuali cambiamenti delle città nel tempo”.

Scendendo nel dettaglio, al capitolo vivibilità spicca la tendenza dei capoluoghi italiani a uno stile di vita più sostenibile, caratterizzato dal ricorso sempre più frequente alla mobilità dolce. Questo è il settore in cui i passi avanti risultano più evidenti: aumentano le piste ciclabili in quasi tutti i comuni con valori record a Torino, che nel 2019 mette a disposizione dei cittadini 166 km di piste ciclabili su 100 km2 di superficie, Milano e Bolzano entrambe con più di 100 km di piste ciclabili su 100 km2 di superficie nello stesso anno. Significativi i progressi anche di Genova, Cagliari, Bari, Firenze, Catanzaro e Palermo. Ancora priva di piste ciclabili, invece, Potenza e valori in diminuzione fino all’azzeramento a Campobasso.

Sempre in tema di mobilità sostenibile, risultati importanti si registrano anche per quanto riguarda le aree pedonali. A primeggiare in questo campo è Venezia, con 510 m2/100 ab (2019). Fa eccezione anche Firenze, unico caso in cui i valori superano i 100 m2/100 ab, raggiungendo i 110,8 nel 2019. Permangono, invece, ampiamente sotto la soglia dei 100 m2/100 ab tutti i restanti comuni del campione, con valori inferiori a 10 m2/100 ab solo per Genova (7,6 m2/100 ab) e Aosta (5,9 m2/100 ab). Le tendenze sono, comunque, nella maggior parte dei casi verso l’aumento di aree pedonali nel periodo dal 2008 al 2019: Palermo decuplica la propria dotazione attestandosi sui 60,4 m2/100 ab, Trento fa registrare un incremento pari a 495,4% dal 2008 (52,4 m2/100 ab) e Bari segna +227,8% nel decennio analizzato (53,8 m2/100 ab). Sono in controtendenza, invece, gli andamenti di Bolzano (-7,6%), Roma (-7,9%), Catanzaro (-100%) e Cagliari (-33,7%) per i quali viene rilevata una diminuzione delle aree pedonali nel periodo considerato.

Dal rapporto emergono miglioramenti anche sul fronte della qualità dell’aria, soprattutto per il particolato atmosferico e il biossido di azoto, diminuiti entrambi entrambi in molti dei capoluoghi monitorati nel periodo 2013-2020. Altalenanti i valori dell’ozono, per il quale non si osservano trend significativi. Questo in riferimento ai limiti normati. Risultati che fanno emergere con chiarezza che nei prossimi anni le politiche di risanamento pianificate, in molti casi sinergiche con quelle per la riduzione dei gas serra, trovino piena attuazione e permettano di ridurre ulteriormente l’inquinamento atmosferico, quindi l’esposizione della popolazione, come indicato dai valori guida dell’OMS (15 µg/m³ per la media annuale del PM10 ad esempio). Un obiettivo, si legge nel rapporto, difficile da raggiungere, “in particolare nei comuni che sono caratterizzati da condizioni meteo-climatiche particolarmente sfavorevoli, come quelli del bacino padano“.

Al capitolo rifiuti, sul fronte delle acque reflue depurate si presenta una situazione di stabilità su valori ottimali, spesso vicini al 100% di conformità per quasi tutte le città e una tendenza, per un numero significativo di comuni, al miglioramento. Resta critica, invece, la situazione di Palermo (5% di acque reflue conformi nel 2018) e Catanzaro (nel 2018 entrambi i depuratori della città sono risultati non conformi). La fragilità del territorio, invece, è una problematica che accomuna tutte le realtà analizzate con popolazione residente in aree a rischio idraulico medio che varia dalle 191 persone di Potenza alle quasi 183 mila di Firenze. Rischio a cui si aggiunge in diversi comuni anche quello dei sinkholes, gli sprofondamenti improvvisi del terreno. Al Nord Torino, Milano, Genova e Bologna, al centro Roma e Perugia, mentre al Sud Cagliari, Napoli, Bari e Palermo hanno fatto registrare il numero più elevato di questi eventi nell’ultimo decennio, ma con 100 eventi l’anno in media e un totale di 1088 eventi dal 2010 al primo semestre del 2021 è Roma ad aver conquistato il titolo di ‘capitale delle voragini’ d’Italia e d’Europa.

“Le città giocano un ruolo chiave in questo processo verso la transizione ecologica e verso un futuro più sostenibile per ciascuno di noi, per l’uomo, per il pianeta, per la nostra nazione, quindi, per le nostre città. È nelle città – afferma Stefano Laporta – che si concentrano le pressioni ambientali e le problematiche sanitarie, come abbiamo avuto modo di assistere durante la recente emergenza pandemica, il cui impatto è amplificato dal quadro dell’emergenza climatica in atto, che in questi giorni ha dato una tangibile, purtroppo tragica dimostrazione. L’urbanizzazione è una delle principali tendenze globali di questo secolo. Oltre il 55% della popolazione mondiale vive in aree urbane e si stima che questa percentuale sia destinata ad aumentare in futuro. Le sfide a cui sono chiamate le amministrazioni locali richiedono nuovi modelli di analisi e nuovi strumenti. Modelli, quindi, capaci di individuare le criticità negli ambiti in cui mettere in campo politiche per ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali e quindi, assicurare benessere, qualità della vita e prosperità a tutti i cittadini”.

Stando ai dati del rapporto, frena il verde pubblico nella maggior parte delle città, che non supera il 5% del territorio comunale con un picco del 30% a Trento, città dotata naturalmente di un importante patrimonio boschivo. Nel 2019 oltre a Trento, solo Torino (15,3%), Trieste (14,6%) e Milano (13,8%) superano il 10%. Resta invariata, infine, l’incidenza delle aree naturali protette sulla superficie comunale. Tali aree, praticamente assenti a Milano e Catanzaro, interessano invece più della metà della superficie comunale a Venezia, Cagliari e L’Aquila. Al capitolo circolarità, rispetto agli orti urbani, a fronte di un incremento riscontrato nel periodo 2011-2019 in quasi tutti i capoluoghi analizzati, particolarmente evidente a Napoli con un aumento di oltre 10 ha (+1230%), si segnalano situazioni di stazionarietà a Palermo (3 ha), Aosta (1,2 ha) e Venezia (0,8 ha), mentre a Campobasso e Catanzaro fino al 2019 non vengono rilevate superfici adibite a orti urbani. Nel 2019 sono Bologna (16,6 ha) e Napoli (11,7 ha) a mostrare i valori più elevati all’interno del campione.

Sul fronte dell’elettrico, Bologna è la città che registra i progressi più significativi nel prediligere hybrid and electric cars, passando da poco più dell’1% del 2015 a oltre il 5% del 2020, raggiungendo la quota più consistente rispetto ai restanti comuni del campione, ma anche Milano supera il 4% (2020) a partire dall’1% del 2015. Nonostante l’andamento positivo, restano ancora sotto l’1% nel 2020 Catanzaro (0,98%), Campobasso (0,8%), Potenza e Palermo (0,8%) e Napoli (0,5%). A controbilanciare questo segnale positivo, la diminuzione riscontrata in molti comuni della domanda di trasporto pubblico locale dal 2011 al 2019: Aosta (-61%), Perugia (-43,8%), Roma (-43,2%), Napoli (-40,4%), Campobasso (-28,7%), Potenza (-25,2%), Bolzano (-20,4%), Trento (- 16,5%), Palermo (-15,4%), L’Aquila (-14,3%), Milano (-6,2%). Situazione inversa, invece, a Torino che nello stesso periodo mostra un incremento che supera il 40% e Venezia che nel 2019 si rivela il comune con i valori più elevati, grazie anche alla particolare conformazione della città lagunare, con 844,1 passeggeri annui/abitante, seguita da Milano che, seppur in diminuzione, mostra numeri ancora elevati (533,8 passeggeri annui/abitante). Sono, infine, sotto i 20 passeggeri annui/abitante nel 2019 Aosta (12,5) e Potenza (18,5).

In quasi tutte le città diminuisce l’acqua erogata pro capite, fatta eccezione per Campobasso (+40% circa), Aosta (+10% circa) e Potenza (+7% circa) per i quali viene riscontrato un aumento dal 2012 al 2018. Sebbene in costante diminuzione, restano piuttosto elevati i valori di acqua erogata pro capite per Milano nel 2018 (365 l/ab/giorno), L’Aquila (336 l/ab/giorno) e Venezia (318 l/ab/giorno), mentre sono inferiori nello stesso anno al valore nazionale di 215 l/ab/giorno i dati relativi a Palermo (175 l/ab/giorno), Perugia (185 l/ab/giorno), Bari 187 l/ab/giorno) e Firenze (200 l/ab/giorno). Con l’incremento demografico, e il conseguente aumento del fabbisogno, e la crisi climatica che ne minaccia la disponibilità, la risorsa idrica è sottoposta a stress crescenti: risparmio idrico, riuso e riutilizzo sono la risposta imperativa a una gestione non sempre sostenibile e rappresentano i pilastri del necessario cambio di paradigma in chiave circolare.

Campanello d’allarme per molti dei comuni analizzati sul fronte della percentuale di suolo consumato sul territorio comunale. Nel quinquennio analizzato (2016-2020) l’Aquila si attesta attorno al 5%, la più bassa percentuale tra i capoluoghi di regione, mentre con il 66% è Torino a detenere il valore massimo del campione, indice di una configurazione spaziale tendente alla saturazione, seguita da Napoli con il 62%. Stando ai dati, si riscontra una generale tendenza all’incremento del suolo consumato su territorio comunale, con valori più o meno elevati nel tempo e situazioni di sostanziale stabilità, in particolare per i comuni di Aosta, Genova, Trento, Trieste, Bologna, Perugia, Ancona, L’Aquila, Campobasso.

Sul fronte della raccolta differenziata si registrano tendenze alla crescita, più o meno rilevanti, in tutti i capoluoghi nel quinquennio esaminato (2015-2019) e la fase della circolarità attinente al riciclo di materia sembra dare segnali molto positivi. Con l’82,5% nel 2019 è Trento il capoluogo stabilmente più virtuoso all’interno del campione nel quinquennio considerato (2015-2019), seguita da Perugia, unico comune a superare il 70% nel 2019. Anche Palermo, pur rimanendo ancora su valori al di sotto del 20% (17,4%), registra un aumento nel periodo di circa l’115%. Catanzaro e Potenza sono le città che registrano i progressi più importanti segnando rispettivamente +577,1% e +214,7%. Se nel 2015 erano solo due le città con una raccolta differenziata superiore al 60% (Trento e Bolzano), nel 2019 diventano nove (Aosta, Milano, Bolzano, Trento, Venezia, Perugia, Cagliari, Potenza, Catanzaro).

Stando ai risultati del rapporto, relativamente alle perdite idriche totali, che da sempre rappresentano un problema per le reti comunali italiane, si evince come siano elevate le inefficienze del sistema con perdite idriche totali nella rete di distribuzione in taluni casi anche molto gravose con valori che nel 2018 superano il 50% a Catanzaro (57,8%), Campobasso (56,8%) e a Cagliari (54,7%). Pur registrando un incremento nel periodo 2012-2018 (+11,2%), nei capoluoghi molisano e sardo si rilevano tendenze complessive alla diminuzione rispettivamente di -21,9% e -6,5%. Andamenti positivi verso la riduzione delle perdite vengono registrate anche a Napoli (-23,3%), Potenza (- 13,6%), Trento (-8,9%), Palermo (-8%), Torino (-6,1%), Trieste (-4,6%), Roma (-3,3%), L’Aquila (-0,8%), anche se con fluttuazioni nel periodo.

Tuttavia, sono le tendenze all’aumento delle perdite nel periodo a destare maggiore preoccupazione: rispetto al 2012 nel 2018 a Firenze l’incremento è del 15%, a Perugia di 10,6% e a Genova di quasi 10%. Sebbene Milano mostri il quadro più virtuoso all’interno del campione, con valori sempre inferiori al 20%, la percentuale resta pur sempre significativa e pari a 14,3% nel 2018. Le quantità ingenti di acqua che vengono disperse determinano lo spreco molto grave di una risorsa che il cambiamento climatico sta minacciando sempre più, con eventi siccitosi più frequenti, intensi e duraturi. Tali inefficienze, spiega il rapporto, compromettono quindi la resilienza delle realtà analizzate, minandone la capacità di fronteggiare i periodi di scarsità idrica e rendendo necessario, talvolta, il ricorso a misure di razionamento idrico.

Sempre sul tema della resilienza delle città, l’impermeabilizzazione dei suoli determinata dalla copertura dei terreni con materiali di cemento o asfalto, è una delle più grandi problematiche delle città moderne, dove alla ridotta capacità di assorbimento del suolo si combinano gli effetti delle precipitazioni sempre più frequenti e intense conseguenti ai cambiamenti climatici. Superfici in asfalto o calcestruzzo, inoltre, contribuiscono all’amplificazione dell’effetto denominato “isola di calore urbano” nei centri delle città, dove le temperature sono superiori anche di 4-5 °C rispetto alle zone periferiche. Nel periodo 2015-2020 è di gran lunga Roma a far registrare il più elevato valore complessivo di impermeabilizzazione di aree naturali e seminaturali (circa 96 ha), seguita da Venezia e Bari unici comuni, oltre alla capitale, a superare i 20 ha nel periodo (28 e 22,2 ha rispettivamente) e da Torino (14,8 ha circa) e Perugia (11,4 ha circa).

Stando ai dati del report, situazione variabile per quanto riguarda i rischi per la salute associati alle ondate di calore. Con più di 20 giorni di allerta nel 2019, Campobasso (30), Bolzano (26), Perugia (25) e Trieste (22) sono i comuni che presentano gli eventi più frequenti associati a temperature elevate e condizioni meteorologiche che possono determinare effetti negativi sulla salute. Nel periodo 2015-2019, in alcuni casi la mortalità estiva mostra un maggior eccesso in corrispondenza degli anni con un più elevato numero di giorni di allerta (es. Torino con +17% nel 2015, Milano con +16% nel 2015, Venezia con +4% nel 2015, Trieste con +5% nel 2015, Genova con +10% nel 2015, Bologna con +8% nel 2015, Perugia con +16% e + 41% rispettivamente nel 2015 e 2019, Roma con +8% nel 2015, Palermo con +20% e +13% rispettivamente nel 2017 e 2015).

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