In occasione del Consiglio ambiente dell’Ue la commissaria all’economia circolare Jessika Roswall ha lanciato l’allarme: senza interventi regolatori ed economici, sia da parte dell’Ue che degli Stati membri, l’industria europea del riciclo è a rischio. Vannia Gava: “Italia pronta, ma serve uno sforzo congiunto”
“Sfruttare al meglio la flessibilità del quadro normativo europeo in materia di rifiuti”, ma soprattutto “anticipare i termini di legge per l’istituzione di sistemi di responsabilità estesa del produttore per il tessile”. Questo l’appello della commissaria Ue all’economia circolare Jessika Roswall, lanciato in occasione del Consiglio ambiente di martedì scorso, nell’ambito di un tavolo di confronto con gli Stati membri sulla crisi che attanaglia l’industria europea del riciclo. Rendere l’Europa più circolare significa “minore dipendenza da paesi terzi e maggiore competitività”, ha detto Roswall, ma la circolarità “funziona solo se c’è una solida industria del riciclo”. Quella che la nuova strategia industriale dell’Ue vorrebbe trasformare nel perno di una politica capace di tenere insieme decarbonizzazione e competitività e che, invece, rischia di rimanere schiacciata da una congiuntura che ha reso ancora più evidenti le fragilità di sempre, soprattutto in settori come plastiche e tessili.
“Assistiamo a una serie di fenomeni che stanno compromettendo la competitività e la sostenibilità a lungo termine delle industrie del riciclo – ha detto – alti costi dell’energia, volatilità dei prezzi delle materie prime, squilibrio con i valori delle risorse vergini, concorrenza sleale delle importazioni a basso costo. E gli effetti sono già visibili. La crescita costante della capacità di riciclo della plastica in Ue, che abbiamo potuto testimoniare negli anni passati, si è quasi arrestata. Diversi impianti si sono già fermati” ha spiegato Roswall, mentre nel settore tessile “gli operatori stanno faticando a gestire flussi esorbitanti di rifiuti” ha detto. La crisi, su quest’ultimo fronte, “è senza precedenti – ha spiegato Alain Maron, ministro belga per la transizione ecologica – innescata anche dall’avvio dell’obbligo di raccolta differenziata nel 2025 non accompagnato da adeguate misure di supporto“.
Sia con il Competitiveness Compass che con il Clean Industrial Deal, ha ricordato Roswall, l’Ue ha già chiarito di voler creare un quadro regolatorio idoneo a stimolare sviluppo e investimenti, ma sarà con l’annunciato Circular Economy Act, previsto per il 2026, che la Commissione “si impegnerà a favorire il funzionamento ottimale dei mercati delle materie prime secondarie”. Ma gli Stati membri, questo il passaggio chiave dell’intervento, non aspettino Bruxelles per spingere sull’acceleratore della circolarità. “Vi invitiamo a sfruttare la flessibilità del quadro normativo in materia di rifiuti – ha detto – ma anche ad anticipare i termini di legge per l’istituzione di sistemi di responsabilità estesa del produttore per il tessile”. Perché se è vero che c’è ancora da portare a termine la riforma della direttiva rifiuti che definirà il quadro generale all’interno del quale ogni Stato dovrà disciplinare i propri sistemi EPR, è altrettanto vero che il via libera finale (voto rinviato a ottobre) sarà di fatto quasi solo formale. Considerazioni che premiano la scelta dell’Italia di giocare d’anticipo con uno schema nazionale, che potrebbe essere adottato entro la fine dell’anno.
Altro fronte d’intervento quello dei controlli. “Bisogna garantire controlli più serrati da parte delle autorità doganali e degli organi di vigilanza del mercato”, ha detto Roswall, e il riferimento qui va soprattutto al boom delle importazioni di polimeri, sia vergini che riciclati, dai paesi del far east, a prezzi stracciati e spesso in assenza di certificazioni. Un’inondazione che sta mettendo sotto pressione il riciclo in Ue (incluso quello italiano) costringendolo a un gioco al ribasso al limite della sostenibilità. In tema di risorse, dopo aver ricordato quelle già disponibili a supportare lo sviluppo di tecnologie avanzate nell’ambito dell’Innovation Fund e del programma Horizon, Roswall ha invitato gli Stati membri a sfruttare meglio “fondi di coesione e aiuti di Stato per promuovere efficienza e circolarità delle risorse”.
Incentivi, controlli, regolazione, le tre leve da azionare sia a livello dell’Ue che nazionale. E non solo per contrastare la crisi di settori come plastiche e tessile ma, più in generale, per costruire un vero mercato unico delle materie secondarie, visto che, come stigmatizzato da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività e come ribadito nei giorni scorsi dalla stessa Commissione con la nuova strategia per il mercato unico, al momento le imprese del riciclo scontano un quadro caratterizzato da frammentazione amministrativa e oneri eccessivi, aggravati da costi energetici e concorrenza insostenibile dei materiali vergini e dei prodotti importati dall’estero. “Serve un quadro normativo comune che sia chiaro, con il riconoscimento reciproco tra autorità nazionali e procedure più snelle, infrastrutture potenziate e incentivi per l’utilizzo di materie prime seconde ottenute dal riciclo – ha detto la vice ministro dell’Ambiente Vannia Gava, aggiungendo che – l’Italia è pronta ma serve uno sforzo congiunto”.