Via libera definitivo dell’ECOFIN alla quinta revisione del PNRR italiano, che include modifiche a 67 misure, tra cui l’investimento sul biometano. Aggiunti 640 milioni di euro agli incentivi. Le nuove risorse permetteranno di finanziare circa 150 progetti rimasti esclusi dai contributi, ora coperti fino al 40% in conto capitale
Luce verde degli Stati membri alla revisione del PNRR. Dopo l’ok della Commissione europea, arriva anche il via libera dell’ECOFIN alla revisione tecnica con cui l’Italia aveva proposto di modificare 67 misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Tra queste, la linea di investimento per la produzione di biometano da scarti agricoli e rifiuti organici. Con il voto favorevole del Consiglio si chiude ufficialmente l’iter della quinta revisione del Piano, che ora potrà essere aggiornato dall’Italia sulla base delle modifiche e delle integrazioni richieste all’Ue.
Tra le altre cose, il testo approvato oggi dal Consiglio dei ministri delle finanze dell’Ue rimodula l’investimento sul biometano, spostando di almeno 6 mesi a dicembre 2025 la scadenza dell’obiettivo intermedio per la produzione di 0,6 miliardi di metri cubi (già spostato dal 2023 al giugno 2025) e aumentando di 640 milioni di euro la dotazione del ciclo di incentivi “al fine di garantire il superamento del target finale previsto al 30 giugno 2026”, ovvero 2,3 miliardi di metri cubi di nuova capacità di produzione di biometano. I nuovi fondi verranno riallocati dalla misura originariamente dedicata all’idrogeno nei settori industriali ‘hard-to-abate’, considerata non più attuabile dal governo.
L’ok del Consiglio era molto atteso tra gli operatori della filiera del biometano e consentirà di portare a termine il ciclo di incentivi per la realizzazione ex novo o l’ammodernamento di impianti di produzione, finanziato inizialmente con 1,7 miliardi di euro (che diventano ora circa 2,4). In particolare, le nuove risorse consentiranno di dare risposta ai circa 150 progetti che, pur essendo risultati idonei all’assegnazione degli incentivi al termine della quinta procedura competitiva bandita dal GSE, non avevano potuto accedere alla componente più ambita dei sostegni, ovvero il contributo del 40% in conto capitale, causa esaurimento delle risorse. Secondo quanto specificato dall’Italia nella richiesta di rimodulazione del PNRR, infatti, l’adeguamento del ciclo di incentivi all’andamento dell’inflazione (inizialmente non previsto e scattato solo a fine 2023) ha fatto in modo che l’ammontare inizialmente stanziato si esaurisse prima del tempo.
Lo sblocco delle nuove risorse, e la rinnovata garanzia di copertura del 40% dei costi di investimento, dovrebbe ora consentire ai progetti in graduatoria di avviare i lavori per la realizzazione degli impianti. Nei giorni scorsi era stato lo stesso GSE a comunicare che per gli impianti ‘scoperti’ “è possibile avviare i lavori”, specificando però che “il riconoscimento del contributo in conto capitale, a valere sulle risorse del PNRR potrà avvenire solo a seguito del riconoscimento formale, con Decisione di Esecuzione del Consiglio Ue, di approvazione della positiva valutazione già espressa dalla Commissione Europea sulla quinta revisione del PNRR”. Nelle prossime ore sarà il GSE a comunicare l’avvenuta approvazione del nuovo PNRR da parte dell’ECOFIN e a certificare la copertura di tutti gli interventi in graduatoria. Interventi che andranno necessariamente completati entro giugno 2026, pena, ironia della sorte, la perdita del diritto al contributo in conto capitale.
Stando a quanto riferito alla nostra testata dal presidente del GSE Paolo Arrigoni, le cinque graduatorie del ciclo di incentivi hanno consentito “l’assegnazione di un contingente incentivabile pari al 95% dei 2,3 miliardi di metri cubi, quindi di fatto l’obiettivo è stato centrato“. Sulla base della nuova disponibilità economica accordata dall’Ue, il GSE starebbe ora valutando di bandire una sesta e ultima procedura competitiva per allocare il contingente residuo, pari a circa il 5% del totale, ovvero circa 100 milioni di metri cubi annui. A quel punto, sciolto il nodo dei fondi resterebbe tuttavia quello dei tempi, che risulterebbero strettissimi visto l’obbligo di portare a termine gli interventi entro il 30 giugno del 2026.