Clima, l’IPCC: “Azioni insufficienti”. Ma il tempo non è ancora scaduto

di Redazione Ricicla.tv 20/03/2023

Secondo il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici non stiamo facendo abbastanza per tenere il riscaldamento globale entro gli 1,5°. Serve dimezzare le emissioni entro il 2030 e moltiplicare gli investimenti fino a sei volte, avverte l’IPCC


L’ennesimo, forse l’ultimo, avvertimento, prima della condanna. Al ritmo e alla scala attuale, le azioni messe in campo a livello mondiale “sono insufficienti per contrastare il cambiamento climatico” ma c’è ancora margine per tenere l’aumento delle temperature entro gli 1,5° dall’era preindustriale. Il punto di non ritorno oltre il quale, concordano gli scienziati, gli effetti del climate change diventeranno sempre più estremi e impossibili da arginare. Un obiettivo che riusciremo tenere in vita solo dimezzando gli attuali livelli di emissione e moltiplicando gli investimenti. “Se agiamo adesso, possiamo ancora assicurare un futuro vivibile e sostenibile per tutti” ha detto il chair dell’IPCC Hoesung Lee presentando la sintesi finale del sesto report del panel intergovernativo dell’ONU sui cambiamenti climatici. Secondo lo sintesi, pubblicata dopo una settimana di lavoro nella cittadina svizzera di Interlaken, siamo già oltre gli 1,1° e per limitare il riscaldamento globale a un grado e mezzo occorrerà fare molto di più di quanto fatto fin qui. “Stiamo camminando, quando invece dovremmo correre” ha chiarito Lee. L’innalzamento delle temperature e le ondate di calore e piogge estreme si traducono in rischi crescenti per l’approvvigionamento idrico e alimentare, oltre ad ampliare le disparità economiche e sociali. Mettendo già oggi a rischio la sopravvivenza della metà della popolazione mondiale che vive nelle zone più fragili del pianeta, dove “nell’ultimo decennio, i decessi per inondazioni, siccità e tempeste sono stati 15 volte superiori”, come ha spiegato Aditi Mukherji, tra i 93 autori del report di sintesi. Anche perché “quando i rischi si combinano con altri eventi avversi, come pandemie o conflitti – avverte l’IPCC – diventano ancora più difficili da gestire”.

Perdite e danni legati al cambiamento climatico fanno ormai parte del nostro futuro, e il report lo mette in chiaro”, ha sottolineato Lee. Ma lo studio indica anche come ci sia ancora spazio per un cambio di passo che consenta di mitigare gli effetti del climate change, oltre che di adattarci a loro e a un pianeta destinato irrimediabilmente a trasformarsi. La condizione imprescindibile, chiarisce il panel, è il taglio di quasi il 50% delle emissioni in atmosfera entro il 2030. Con il suo -55% l’Europa continua a voler fare da apripista, ma come dimostra il rinvio del voto sullo stop ai veicoli tradizionali, di fronte alle ambiziose proposte presentate dalla Commissione Ue nella cornice del Green Deal il fronte è tutt’altro che compatto. Tutto questo mentre la CO2 generata dal solo settore dell’energia a livello globale nel 2022, secondo l’International Energy Agency, nel 2022 è cresciuta dello 0,9% toccando il nuovo massimo a 36,8 miliardi di tonnellate. Un passo in avanti verso il baratro, ma non al punto da non poter tornare indietro. “Il report indica diverse, e fattibili, soluzioni – ha spiegato il chair dell’IPCC -, a partire dal taglio della domanda di beni e servizi ‘carbon intensive’. Nel settore delle costruzioni, ad esempio – ha spiegato Lee – una riduzione della domanda potrebbe garantire un taglio delle emissioni del 66% entro il 2050. E un potenziale anche maggiore risiede nei settori del suolo, dei trasporti e dell’elettricità”. Anche per questo il report torna a sottolineare come la maggiore disponibilità di “energia pulita e rinnovabile sia in assoluto una delle più efficaci e promettenti forme di azione climatica”.

E mentre il tempo continua a scorrere inesorabile, i costi dell’inversione di marcia aumentano. Per puntare al dimezzamento delle emissioni climalteranti servirà moltiplicare da tre a sei volte gli investimenti fin qui messi in campo, si legge nel report. Ma dal momento che i paesi più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico sono anche quelli che incontrano le barriere maggiori agli investimenti, necessari soprattutto sul piano dell’adattamento, la domanda che il panel torna a rivolgere ai governi del pianeta è: “sapremo metterli in campo in maniera rapida ed efficace e creare un futuro sostenibile per tutti”? “Il problema non è solo relativo alle quantità di risorse disponibili, ma anche al come e al dove verranno allocate” ha specificato infatti Lee, chiarendo che i governi possono “giocare un ruolo chiave” nel rimuovere le barriere, sia utilizzando il finanziamento pubblico che inviando chiari segnali agli investitori privati. Ma agire solo sul piano tecnologico o economico non basterà. “Serve un approccio olistico – ha chiarito – quello che chiamiamo ‘climate-resilient development’, basato su una maggiore integrazione delle azioni di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico con interventi per ridurre le emissioni”. “Alcuni possono fare molto mentre altri avranno bisogno di supporto per aiutarli gestire il cambiamento – ha detto Lee – e quel cambiamento sarà definito dalle scelte che ognuno di noi farà qui ed ora”.

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