Deposito rifiuti radioattivi, Calenda: «Carta aree idonee entro fine 2017»

di Luigi Palumbo 27/06/2017

Slitta di altri sei mesi la pubblicazione della Cnapi, la Carta delle aree potenzialmente idonee ad accogliere il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito. A darne notizia è stato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, audito oggi in Commissione bicamerale ecomafie, chiarendo che la Carta dovrebbe essere resa pubblica «entro il quarto trimestre del 2017». Ovvero subito dopo la chiusura del procedimento di Valutazione ambientale strategica funzionale all’adozione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi, strumento del quale l’Italia avrebbe dovuto dotarsi entro il 23 agosto del 2015 e che due anni dopo è invece ancora in fase di definizione, tanto da spingere la Commissione UE ad aprire una procedura europea d’infrazione. Programma, rapporto ambientale e sintesi tecnica saranno sottoposti a consultazione pubblica (fase conclusiva della Vas) «entro la metà di luglio» ha specificato il ministro, chiarendo che l’elaborazione del dossier avrebbe richiesto sei mesi in più rispetto ai tempi preventivati, ritardando l’intera procedura. Compresa quindi la pubblicazione della Cnapi.

A settembre 2016 infatti era stato lo stesso Calenda, sempre nel corso di una audizione con la Commissione, a collocare la desecretazione della Carta «tra il secondo e il terzo trimestre 2017». Scadenza che, a quanto pare, non potrà essere rispettata. Cosa che aggiunge ulteriori ritardi ad un processo già pesantemente segnato da rinvii, proroghe e silenzi assordanti. La Cnapi era stata infatti ufficialmente consegnata ai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico da Sogin, ente di Stato responsabile dello smantellamento delle centrali nucleari e della gestione del futuro deposito nazionale, già agli inizi di gennaio del 2015. I due enti, che in forma congiunta dovrebbero decretarne la pubblicazione, ne avevano però richiesto la revisione sulla base di una serie di osservazioni formulate da Ispra. La nuova versione della Carta, consegnata da Sogin in primavera, avrebbe dovuto essere pubblicata in estate, ma da allora resta chiusa in un cassetto. Cosa che fa sì che non possa prendere ufficialmente il via il lungo e delicato percorso di confronto con le comunità locali per giungere alla scelta condivisa del sito su cui costruire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.

Ad ogni modo, anche se la Carta venisse pubblicata entro fine 2017 dando il via alla fase di dibattito pubblico, il deposito non entrerebbe in funzione prima del 2025, come ha ricordato oggi il ministro. Una volta operativo, il sito – la cui realizzazione costerà circa un miliardo e mezzo di euro – potrà accogliere complessivamente ben 90mila metri cubi di scorie, 30mila dei quali (stando all’ultimo aggiornamento dei dati Ispra, datato 2013) derivanti dalle attività mediche, di ricerca ed industriali e dal decommissioning delle centrali nucleari, sono già stoccati in 23 siti temporanei da Nord a Sud della Penisola in attesa dell’entrata in funzione del deposito nazionale. Si tratta in buona parte di rifiuti a media e bassa intensità, visto che le scorie ad alta radioattività, e cioè gli elementi di combustibile che servivano ad alimentare le centrali, sono quasi tutte state spedite in Francia ed Inghilterra per il riprocessamento, operazione che permette di separare i materiali riutilizzabili dalle scorie vere e proprie, che vengono poi avviate a vetrificazione.

Il problema però, è che in virtù degli accordi stretti con i due Paesi, le scorie vetrificate dovranno necessariamente rientrare in Italia, e potranno farlo già dal 2020, ovvero cinque anni prima della prevista messa in esercizio del deposito nazionale. Si tratta di 6mila metri cubi di combustibile irraggiato inviati all’impianto inglese di Sellafield e delle 235 tonnellate spedite invece su rotaia di là delle Alpi, nella centrale francese di Le Hague. Come se non bastasse, la spedizione in Francia deve ancora essere ultimata, visto che, come ha ricordato oggi Calenda, sulla programmazione dei trasferimenti «degli ultimi 60 elementi di combustibile» hanno pesato e continuano a pesare le incertezze relative proprio alla costruzione del deposito nazionale. Gli accordi internazionali prevedono il rientro dei materiali riprocessati in un periodo compreso tra il gennaio 2020 ed il dicembre 2025. «Questa scadenza – ha detto Calenda – costituisce quindi uno specifico impegno per il Governo italiano», specificando che «sebbene l’intera realizzazione del deposito nazionale sia prevista per la fine del 2025, l’esercizio delle strutture per l’immagazzinamento dei rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito è previsto a partire dall’inizio del 2024». Qualora al rientro delle prime scorie da Francia ed Inghilterra il deposito non dovesse però ancora essere entrato in funzione, la sola alternativa praticabile resterebbe lo stoccaggio provvisorio in uno dei depositi temporanei attrezzati nelle quattro centrali in via di dismissione.

 

 

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