Ecco come la discarica diventa “circolare”

di Luigi Palumbo 02/12/2020

Ma come si fa a rendere sostenibile il più avversato tra gli impianti di gestione dei rifiuti? Abbiamo chiesto a tre delle più avanzate esperienze italiane di raccontarci la loro storia.

Percorsi ciclabili, piscine aperte a tutti, filari di olivi e campi a energia solare. No, non è il ritratto della città ideale, verde e sostenibile, ma la fotografia di alcune delle principali discariche italiane. Per capire come sia possibile dobbiamo partire da due numeri.

65 e 10: due numeri che, nei prossimi anni, rappresenteranno le coordinate che ogni Paese europeo dovrà impostare sul proprio navigatore per rendere sempre più sostenibili i sistemi nazionali di gestione dei rifiuti. Con un preciso orizzonte temporale, quello al 2035, data entro la quale dicono le direttive europee sull’economia circolare da poco recepite nell’ordinamento italiano, il 65% dei rifiuti urbani dovrà essere avviato a riciclo mentre solo un massimo del 10% potrà essere smaltito in discarica. Già, la discarica, ultima tra le soluzioni di gestione nella gerarchia europea, che le nuove misure Ue puntano a rendere ancora più marginale. Ma perchè renderla marginale e non eliminarla del tutto?

«Perché esiste una certa quantità di rifiuti, una certa tipologia che non si riesce a recuperare o riciclare in alcun modo. Anzi, proprio le operazioni di recupero di varia natura e genere producono degli ulteriori scarti che non possono che essere collocati in discarica. Quindi, noi non riusciamo a fare economia circolare se non abbiamo anche una minima e ridotta via di fuga per quella parte di rifiuti che è impossibile recuperare, riciclare, riusare» spiega Chicco Testa, Presidente Fise Assoambiente.

Il tema insomma è da un lato ridurre il ricorso alla discarica e dall’altro fare in modo che gli impianti in fuzione lavorino secondo i migliori standard tecnologici soprattutto dal punto di vista della riduzione degli impatti ambientali dello smaltimento. Ma come si rende sostenibile una discarica? Abbiamo chiesto a tre dei più avanzati impianti italiani di raccontarci la loro storia.

«La Filippa ha iniziato la sua attività nel 2008 e sono 12 anni che opera. Nel 2000 avevamo la necessità di cominciare a pensare alla sistemazione di una cava che era stata sfruttata per oltre 40 anni. Abbiamo deciso di farlo in maniera innovativa con l’obiettivo di generare valore per riqualificare l’area e rendere possibile il suo riutilizzo. Abbiamo pensato di farlo utilizzando dei materiali di scarto», Massimo Vaccari, Presidente La Filippa Srl.

«Barricalla ha compiuto ormai il suo trentaduesimo anno di vita, nata come opera di recupero ambientale da una cava che era stata utilizzata per costruire la tangenziale di Torino. Poi era stata abbandonata ed è stata, quindi, bonificata e da lì è nato il progetto di Barricalla. Supportiamo il territorio in molte iniziative che gli stakeholders fanno; c’è un rapporto con l’amministrazione comunale che è consolidato, parliamo di 30 anni», Alessandro Battaglino, Vice presidente Barricalla.

A Viterbo grazie a un’iniziativa, rilanciata anche dalla campagna social FISE Assoambiente “Le api sentinelle dell’ambiente” i gestori del sito si avvalgono della collaborazione di speciali “guardiani” naturali. «Con il monitoraggio della vita delle api, della qualità del miele, della cera, del polline che viene raccolto dalle api riusciamo a capire se il sito è contaminato o meno. Sono già due anni che lo portiamo avanti e devo dire con ottimi risultati, perchè il sito non è assolutamente contaminato, il miele è commestibile, anzi è ottimo. Abbiamo aperto anche un secondo programma e lo abbiamo chiamato Ecolive, ossia abbiamo realizzato una fascia di rispetto intorno a tutta la discarica coltivandola ad olive con produzione anche in questo caso di olio che è analizzato e controllato ed è risultato con ottime caratteristiche», Pierpaolo Lombardi, Ad Ecologia Viterbo.

Piuttosto che un buco nel quale far sparire i rifiuti, quindi, viste da vicino le discariche appaiono oggi come avanzati presidi ambientali a servizio dell’economia circolare, capaci di mettere in campo soluzioni innovative per la riduzione e il monitoraggio dell’impatto sul territorio. Resta il problema dell’accettabilità sociale rispetto a quello che ancora oggi continua ad essere il più avversato impianto di gestione dei rifiuti. Come si conquista la fiducia dei cittadini?

«Abbiamo avviato tutta una serie di corsi di stakeholder engagement e quindi di contatto con i cittadini, soprattutto quelli dei borghi e dei comuni più vicini, cercando di coinvolgerli e di fargli visitare la discarica», Pierpaolo Lombardi, Ad Ecologia Viterbo.

«Negli ultimi anni noi abbiamo fatto una serie di iniziative come “Le porte aperte di Barricalla” che è diventata addirittura un’iniziativa di Fise Assoambiente, che aveva lanciato nel 2019 “Impianti aperti”. Abbiamo aperto per primi le porte del nostro impianto proprio per far vedere ai cittadini quello che effettivamente succede all’interno di questo impianto», Alessandro Battaglino, Vice presidente Barricalla.

«È stato un processo difficile all’inizio perchè la discarica è uno dei progetti più contestati in assoluto. Il nostro progetto era molto innovativo e abbiamo la soddisfazione di aver costruito con il territorio e con la comunità un rapporto davvero straordinario, perchè abbiamo dimostrato che questo tipo di attività può generare un valore ambientale, economico e sociale molto importante», Massimo Vaccari, Presidente La Filippa Srl.

Trasparenza, innovazione e comunicazione sono il paradigma della “discarica circolare”, asset fondamentale anche per le filiere del riciclo, che se non sapessero dove collocare i propri scarti non recuperabili rischierebbero di fermarsi, con conseguenze disastrose sotto il profilo economico ed ambientale. Anche perchè la mancanza di sbocchi legali alimenta traffici illeciti e fenomeni di smaltimento abusivo.

«Noi sappiamo molto bene, al di là della realizzazione perfetta del paradigma dell’economia circolare che oggi se non ci sono discariche in cui conferire rifiuti in maniera regolare, presidiata, controllata e certificata, le strade sono due: o quella dell’estero o quella dell’illegalità», Alessandro Battaglino, Vice presidente Barricalla.

Senza dimenticare che, una volta esaurito il suo scopo, l’impianto progettato e gestito secondo i migliori standard può anche essere restituito alla collettività in una nuova veste.

«Un esempio fra tutti, noi abbiamo una vasca di 2000 metri cubi che è stata costruita per poter raccogliere il percolato. L’abbiamo progettata e ubicata in modo da poterla utilizzare poi fino a fine vita come una piscina in una delle tante cascine che abbiamo costruito nell’area e che verrà adibita ad attività turistica e ricreativa. Abbiamo realizzato un parco giochi per le famiglie e i bambini proprio vicino alla discarica, recuperando un’area unica abbandonata e degradata», Massimo Vaccari, Presidente La Filippa Srl.

«Ci sono dei progetti interessanti di riutilizzo delle aree che sono preposte per andare a raccogliere rifiuti che stanno già andando in post mortem con degli impianti fotovoltaici che producono energia elettrica da energie rinnovabili. Ne abbiamo uno da un mega che è già attivo da circa otto anni», Alessandro Battaglino, Vice presidente Barricalla.

«Abbiamo riutilizzato le coperture delle vecchie discariche per fare una gara di mountain bike e c’è anche un certo gruppo di cittadini che comincia a interessarsi all’evento e con questo venire a visitare e quindi vedere che cosa succede in discarica», Pierpaolo Lombardi, Ad Ecologia Viterbo.

«Servono anche le discariche, naturalmente ben gestite, con il fine vita, con tutte le condizioni di sicurezza che conosciamo ma non possiamo, almeno per un lungo periodo, farne a meno» chiude Chicco Testa, Presidente Fise Assoambiente.

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