Economia circolare, l’Italia è prima ma perde velocità

di Redazione Ricicla.tv 16/05/2023

Secondo il Circular Economy Network l’Italia è prima tra i grandi paesi Ue per circolarità, ma sta rallentando: torna a crescere l’import di materie prime, mentre cala il tasso di materia riciclata nelle nuove produzioni. Serve accelerare, soprattutto sul riciclo delle ‘materie prime critiche’, ma anche difendere l’eccellenza nazionale degli imballaggi


L’Italia si conferma leader di economia circolare in Europa. Ma senza un cambio di passo sul piano delle politiche e degli investimenti rischia di essere sorpassata dai paesi che negli ultimi anni stanno dimostrando di sapersi allontanare a un ritmo più spedito dal modello lineare di produzione e consumo. È la fotografia scattata dall’ultimo rapporto del Circular Economy Network, secondo cui tra le cinque principali economie dell’Ue, l’Italia continua a guidare la classifica della circolarità, ma segnali preoccupanti ne minacciano il primato. Prendendo in esame i sette indicatori chiave (riciclo dei rifiuti; utilizzo di materia riciclata; produttività delle risorse; rapporto fra la produzione di rifiuti e consumo di materiali; energia rinnovabile; riparazione; consumo di suolo), il rapporto assegna all’Italia 20 punti, seguono Spagna (19 punti), Francia (17), Germania (12) e Polonia (9). Se si guarda agli ultimi cinque anni, però, l’Italia migliora meno della Polonia, che parte da livelli molto bassi di circolarità, e della Spagna che sta correndo più velocemente, mentre tiene lo stesso passo della Francia e va un po’ più veloce della Germania.

Tra le luci, quelle di un sistema economico che resta forte della tradizionale propensione di molta parte dell’industria e della manifattura a recuperare dagli scarti le risorse di cui è povero il territorio nazionale. La percentuale di riciclo dei rifiuti nel 2020 è stata del 53% in Europa e del 72% in Italia, ben 17 punti sopra la Germania. Bene anche la produttività delle risorse, con l’Italia che assieme alla Francia resta davanti alle altre principali economie europee con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato. “L’Italia è un paese che ha costruito il proprio benessere sulla genialità, sulla propria capacità di fare manifattura – ha commentato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin – ma non certo sulla ricchezza di materie prime, che non abbiamo”. Dall’altro lato, però, diminuisce il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo, attestatosi nel 2021 all’11,7% (-2,2%), restando sopra la media Ue dell’11,7%, ma perdendo il primato tra le cinque principali economie europee a vantaggio della Francia, in testa con 1,4 punti in più. Un campanello d’allarme. Anche perché, dopo la battuta d’arresto della pandemia, nel 2022 è tornata a crescere l’importazione di materie prime, toccando quota 166 milioni di tonnellate. Tutto questo mentre i generalizzati rincari dei valori di mercato, con le conseguenti strozzature nelle catene di fornitura e le ripercussioni sull’inflazione, mostrano una volta di più la vulnerabilità del modello lineare di sviluppo.

“Abbiamo bisogno di accelerare – ha spiegato il presidente del CEN Edo Ronchi – l’Italia è orientata alla circolarità ma deve sviluppare al meglio le proprie potenzialità”. Anche perché, ha chiarito, “la neutralità climatica, senza circolarità delle risorse, non è un obiettivo praticabile”. E rischia di esserlo ancora meno se nei prossimi anni il paese non si dimostrerà capace di ridurre la propria dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento delle risorse indispensabili a dare corpo alla transizione energetica e digitale. A partire dalle cosiddette ‘materie prime critiche’. “Al 2030 la domanda di litio crescerà di 25 volte rispetto al 2010 – ha spiegato Roberto Morabito di ENEA – e di oltre 40 volte al 2040″. Il problema è che se l’Europa importa dall’estero oltre il 75% delle ‘materie prime critiche’, in Italia le forniture straniere superano il 99% e rientrano nella produzione industriale di 565 miliardi di euro (pari al 32% del PIL). La svolta nella direzione della circolarità diventa indispensabile non solo per tenere in vita gli obiettivi di decarbonizzazione, ma anche per garantire la competitività e l’indipendenza strategica del sistema economico nazionale. “Partendo dalla specificità del nostro paese, la strada maestra verso cui tendere per un approvvigionamento sicuro non può che essere la circolarità – ha sottolineato Morabito – dall’ecodesign all’urban mining. Siamo poveri di miniere, ma le nostre città sono miniere a cielo aperto e la fonte principale di ‘materie prime critiche’ è senz’altro quella dei rifiuti tecnologici”. Che però raccogliamo ancora troppo poco. “Siamo alla metà del target Ue – ha ricordato Ronchi – un’anomalia rispetto ad altri settori della raccolta e del riciclo“.

Se la filiera del riciclo delle ‘materie prime critiche’ è tutta da costruire (anche sfruttando i fondi del PNRR, che ai Raee ha destinato circa 150 milioni di euro), quella degli imballaggi si afferma invece come autentica best practice, oggi al 75% di riciclo e capace di raggiungere e superare con ampio anticipo gli obiettivi vincolanti dell’Ue. Ma la proposta di regolamento presentata dalla Commissione, costruita intorno ai livelli più alti della gerarchia dei rifiuti – riduzione e riutilizzo – potrebbe mettere in discussione molti degli assunti sui quali l’Italia ha costruito il proprio primato. “Quello tra riutilizzo e riciclo non dovrebbe essere uno scontro frontale. Comprendiamo la necessità di trovare un punto d’equilibrio, ma siamo la principale startup europea del riciclo e dovremmo essere d’esempio per gli altri paesi” ha detto il ministro Pichetto, tornando a ribadire la ferma contrarietà del governo alla proposta di regolamento.

“Attenzione a non dare un’interpretazione scolastica della gerarchia dei rifiuti – ha aggiunto Ronchi – che rischia di creare distorsioni. Come un riutilizzo che prescinda dalla natura dei materiali, dalla loro destinazione o dagli altri obiettivi ambientali e climatici”. Dubbi anche sull’obbligo di istituzione di sistemi di deposito cauzionale per bottiglie in pet e lattine in alluminio, “che indebolisce il regime di responsabilità estesa del produttore, che nell’applicazione italiana – ha ricordato Ronchi – ha avuto il miglior risultato europeo“. Sempre in tema di politiche europee il CEN ha sottolineato la necessità di recepire con attenzione le nuove normative su ecodesign, prodotti sostenibili e informazione al consumatore, mentre sul fronte delle politiche nazionali, le priorità restano la messa a terra degli investimenti del PNRR e il rispetto del cronoprogramma della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, soprattutto sul piano delle misure di fiscalità ecologica, di stimolo alla simbiosi industriale e di rafforzamento della normativa end of waste.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *