Rifiuti organici, allarme qualità: nel 2022 oltre il 7% di materiali non compostabili

di Luigi Palumbo 05/07/2023

Peggiora la qualità dei rifiuti organici da raccolta differenziata. Secondo Legambiente nel 2021 il 17% del totale trattato dagli impianti era frazione di scarto. Nel solo umido domestico, dice il CIC, si è arrivati al 7,1% di materiali non compostabili. Valeria Frittelloni: “Le frazioni estranee aumentano invece di diminuire”


Lettiere e pannolini, ma anche vetro e metalli. E poi la plastica, tanta plastica, soprattutto quella dei sacchetti. Nei nostri rifiuti organici da raccolta differenziata sta aumentando la quota di materiale che non é né organico né tanto meno compostabile, e che finisce per compromettere la qualità del trattamento. Con costi altissimi a carico degli operatori. A fronte di 8,3 milioni di tonnellate di rifiuti gestiti, nel 2021 i 355 impianti autorizzati hanno generato 1,4 milioni di tonnellate di scarti, pari al 17% del totale trattato. Da separare e avviare a recupero energetico o smaltimento. I numeri sono quelli di un’analisi di Legambiente presentata in occasione dell’Ecoforum annuale sull’economia circolare. “Solo un impianto su quattro, ovvero il 27% – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico dell’associazione del cigno verde – ha registrato in uscita scarti inferiori al 2,5%. Il 50% degli impianti registra scarti che vanno dal 15% in su – dice Minutolo – singoli impianti addirittura arrivano all’80-85%. Praticamente come non aver fatto la raccolta differenziata”.

“Negli impianti di compostaggio – conferma Valeria Frittelloni, direttore del dipartimento per la sostenibilità ambientale di ISPRA – le frazioni estranee aumentano invece di diminuire“. Di pari passo con il peggioramento della qualità della differenziata. Secondo il Consorzio Italiano Compostatori, nel solo umido domestico si è passati tra 2012 e 2022 dal 4,5% di materiali non compostabili al 7,1%. “Un numero allarmante – commenta Massimo Centemero, direttore generale del CIC – e il trend tende ad aumentare”. Indipendentemente dalle modalità di raccolta. Secondo Legambiente con la differenziata mista (stradale e porta a porta) la percentuale di materiale estraneo è del 15%, mentre con le raccolte domiciliari diminuisce al 3,4%, ma le rilevazioni del CIC dimostrano che la presenza di frazioni non compostabili è in aumento in entrambi i casi. “In alcuni porta a porta arriviamo anche al 5, 6 o 7%. È un dato che fa saltare dalla sedia”, dice Centemero. Anche perché ogni punto in più di materiale non compostabile da smaltire costa alla filiera nazionale circa 50 milioni di euro. “I numeri non tornano, se continua questo trend”, sottolinea. Vuol dire che se l’organico continua a peggiorare arriverà presto il momento in cui gli impianti non potranno più accettarlo.

Ma cos’è che continua a contaminare l’umido differenziato? “Il 45% circa è plastica” chiarisce il direttore generale del CIC. A partire dai sacchetti utilizzati per la raccolta. “Nonostante l’obbligo di legge il 40% dei sacchetti non è biodegradabile e compostabile“, dice. Pesano anche le lettiere (8,2%) e i pannolini (11%), “ma sono comparsi anche vetro e metalli, che nel porta a porta non si erano mai visti”, ammette Centemero. Segno evidente che nella corsa alle quantità record di raccolta differenziata tendiamo sempre di più a trascurare la qualità. “Le raccolte differenziate crescono ma il tema degli scarti è sempre più evidente. E preoccupante”, sottolinea Valeria Frittelloni. E non solo per i rifiuti organici, ma per tutte le frazioni. “Negli ultimi anni si è andata allargando la forbice tra quello che viene raccolto e quello che viene riciclato” osserva. Anche per questo la differenziata nel nostro paese è al 64% mentre il riciclo si ferma al 48%. “La sfida europea del 65% di riciclo al 2035 è un’opportunità per colmare i gap – spiega Minutolo – servono impianti performanti, è vero, ma la qualità del materiale è altrettanto propedeutica. La gestione della raccolta deve tendere verso un modello ottimale“. Con più porta a porta e meno cassonetti, ma anche con maggiori investimenti in sensibilizzazione e comunicazione al cittadino.

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