Depurazione, passi in avanti per uscire dall’emergenza

di Luigi Palumbo 27/10/2023

Calano le sanzioni, ma restano quasi mille gli agglomerati oggetto delle quattro procedure europee d’infrazione ai danni dell’Italia per la cattiva depurazione. Perillo: “Ancora 25 milioni di abitanti non serviti da sistemi adeguati”. Tra le regioni più interessate la Campania, che negli ultimi anni ha messo in campo risorse e progetti. Come quello per il revamping dell’impianto di Cuma, tra i più grandi in Italia


Quasi mille casi non a norma, quattro procedure europee d’infrazione all’attivo, sanzioni quotidiane per decine di migliaia di euro. I numeri della cattiva depurazione in Italia restano quelli di una autentica emergenza. “Soprattutto nel mezzogiorno siamo ben lontani dalla risoluzione del problema – ha spiegato Giovanni Perillo, presidente della sezione campana dell’Associazione Idrotecnica Italiana, in occasione di un workshop ospitato dall’impianto di depurazione di Cuma, in provincia di Napoli, con la media partnership di Ricicla.tv – ancora oggi a livello nazionale sono 25 i milioni di abitanti non serviti da adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue, ma l’80% dei 939 casi non a norma individuati dall’Ue resta distribuito tra Sicilia, Calabria e Campania“.

La più longeva delle quattro procedure d’infrazione porta con sé già dal 2018 sanzioni quotidiane commisurate agli abitanti non adeguatamente serviti. Il conto, che in origine era di 30 milioni a semestre, ovvero 165mila euro al giorno, si sta però lentamente alleggerendo, anche grazie all’azione di coordinamento messa in campo negli ultimi cinque anni dai vari commissari di governo. “Grazie al lavoro del mio predecessore Enrico Rolle, e a quello della mia struttura – ha spiegato il professore di ingegneria idraulica Maurizio Giugni, commissario di governo fino allo scorso agosto – sono stati completati diversi interventi, portando fuori dalle procedure un discreto numero di abitanti equivalenti. L’ultima sanzione semestrale si aggirava intorno ai 19 milioni di euro. In più, ma lo dico senza fare polemica, c’è da sottolineare che la Commissione europea è molto fiscale nel calcolo degli abitanti equivalenti in uscita”. Cosa che di certo non agevola un processo già appesantito da notevoli complessità tecniche e, in più, da procedure burocratiche lente e farraginose. Come ha recentemente ricordato l’attuale commissario Fabio Fatuzzo, per ottenere le autorizzazioni paesaggistiche e ambientali necessarie ad avviare un intervento di collettamento o la realizzazione di un depuratore c’è da attendere spesso anche più di un anno. Nel frattempo le lancette delle sanzioni continuano a scorrere, inesorabili.

Anche se il quadro resta complicato, qualcosa si sta muovendo. La Campania, una delle regioni che conta più agglomerati non a norma nell’ambito delle quattro procedure d’infrazione europea, ha messo in campo negli ultimi anni un ambizioso piano di investimenti per la realizzazione di nuove infrastrutture, ma anche per la rifunzionalizzazione di quelle già esistenti. A partire dai cinque impianti di depurazione al servizio dell’area metropolitana di Napoli, che furono realizzati dalla Cassa del Mezzogiorno in risposta alla terribile epidemia di colera del 1973 e che saranno ‘revampizzati’ nell’ambito del grande progetto per il risanamento del litorale domizio flegreo, messo a punto dalla Regione Campania e finanziato con fondi europei. “Abbiamo stanziato circa 50 milioni di euro a impianto per efficientarli e renderli capaci di svolgere le proprie funzioni nel rispetto degli standard di legge”, ha chiarito Giovanni Zannini, presidente della commissione ambiente del Consiglio regionale della Campania.

Quello del depuratore di Cuma, sul litorale flegreo, è il primo tra gli interventi di rifunzionalizzazione a essere stato portato a termine. Inaugurato sul finire degli anni ’80 con una capacità di trattamento pari a 1,2 milioni di abitanti equivalenti – che ne fa tuttora uno dei più grandi in Italia – l’impianto ha vissuto per anni un lento declino, tra inefficienze e malfunzionamenti, con pesanti ripercussioni sul piano ambientale e strascichi anche di natura giudiziaria. Tra 2003 e 2010 solo il 4% delle analisi sulle acque trattate restituiva risultati a norma di legge. Poi nel 2017 l’avvio dei lavori, affidati alla joint venture tra Pizzarotti e Suez e nel 2021 il secondo battesimo. Oggi quella in uscita, sottoposta anche a un trattamento di disinfezione a raggi ultravioletti, “è acqua talmente pulita da sembrare acqua di sorgente” ha chiarito Michele Palmieri, direttore generale per l’ambiente della Regione Campania. Acqua pronta, in un prossimo futuro, a essere riutilizzata a fini irrigui al servizio delle produzioni agroindustriali del territorio e secondo i principi dell’economia circolare.

Dall’emergenza all’efficienza. Un’efficienza ritrovata, preziosa per rilanciare la vocazione turistica e balneare del litorale flegreo, da Licola a Varcaturo, volano di sviluppo economico e occupazionale mortificato da anni di sversamenti non a norma. Ma l’impianto di Cuma è oggi anche capace di produrre biogas dalla digestione anaerobica dei fanghi e di utilizzarlo per ridurre i propri consumi energetici. A loro volta i fanghi, dopo un trattamento nelle nuove linee di essiccamento, vengono resi compatibili con il recupero energetico in impianti produttivi. Come i cementifici svizzeri che hanno scelto di utilizzarli in sostituzione del polverino di carbone. Più che un depuratore una vera e propria fabbrica verde.

Il piano per il revamping dei cinque grandi impianti di depurazione, tuttavia, non basta da solo a chiudere i conti con le emergenze e le sanzioni quotidiane a tre zeri. “Proprio in relazione alle procedure d’infrazione con una delibera di ottobre scorso – spiega Zannini – abbiamo stanziato circa 260 milioni di euro per realizzare nuovi impianti di depurazione in tutta la Campania, ma anche per consentire agli impianti di funzionare a regime con una adeguata opera di collettamento. Perché è giusto avere gli impianti di trattamento, ma servono anche le reti fognarie, per evitare che i reflui vengano scaricati a mare o nei corsi d’acqua. Quella di Licola e Varcaturo è una zona dal grande pregio turistico ed è per questo che una parte degli interventi di realizzazione delle infrastrutture fognarie si concentrerà proprio lì“.

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