Plastica, giro di vite all’importazione di riciclati

di Luigi Palumbo 20/03/2024

I nuovi obblighi di contenuto riciclato per il packaging in plastica, previsti dal regolamento europeo imballaggi, potranno essere raggiunti solo con polimeri riciclati in Ue o prodotti in paesi terzi che rispettino gli standard europei di qualità e sostenibilità. Lo prevede una clausola di salvaguardia inserita da Parlamento e Consiglio in risposta agli appelli delle imprese europee


I nuovi obblighi di contenuto minimo riciclato negli imballaggi in plastica dovranno essere raggiunti con polimeri che rispettino standard di qualità e sostenibilità in linea con quelli europei. Non sarà uno stop tout-court alle importazioni di plastiche riciclate da paesi terzi, bocciato dalla Commissione Ue, ma resta un deciso un giro di vite quello previsto dall’accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento sul nuovo regolamento imballaggi, che ieri è stato approvato dalla commissione ENVI dell’eurocamera e che il prossimo 22 aprile dovrebbe ottenere il via libera definitivo della plenaria. Uno degli ultimi atti prima della sospensione dei lavori in vista delle elezioni di inizio giugno.

Una volta in vigore, il regolamento introdurrà, tra gli altri, anche nuovi target vincolanti di contenuto minimo riciclato nel packaging in plastica: a partire dal 2030, ad esempio, il 35% della plastica per imballaggi non in PET dovrà provenire dal riciclo, passando al 65% al 2040. Per raggiungerli, chiarisce una clausola di salvaguardia introdotta dai co legislatori in occasione dell’ultimo trilogo, i produttori di imballaggi potranno utilizzare plastica riciclata prodotta da rifiuti “raccolti nell’Ue” o in alternativa in un paese terzo ma “in conformità con standard per la raccolta differenziata per promuovere un riciclo di alta qualità”. Se non riciclati in un’installazione entro i confini dell’Ue, chiarisce inoltre l’intesa, i rifiuti in plastica post consumo dovranno essere riciclati in impianti “ai quali si applichino norme riguardanti prevenzione e riduzione delle emissioni in aria, acqua e suolo connesse alle operazioni di riciclo”.

Una stretta sulla qualità dei materiali in ingresso nell’Ue, insomma, ma non la messa al bando delle importazioni chiesta dalle imprese europee del riciclo, preoccupate dal rischio di una potenziale inondazione di polimeri secondari provenienti dai paesi terzi. Se da un lato, infatti, i nuovi obblighi di contenuto minimo rappresentano una importante misura di traino della domanda di materiali riciclati, dall’altro, secondo i riciclatori europei, rischiano di trasformarsi in un acceleratore delle importazioni di polimeri secondari a buon mercato, non tracciati, provenienti soprattutto dai paesi asiatici. Cosa che, denunciano da tempo le imprese europee, sta già avvenendo in relazione agli obblighi di contenuto riciclato per le bottiglie in PET (25% al 2025 e 30% al 2030) introdotti dalla direttiva SUP (Single Use Plastic), che secondo le associazioni EuRIC e Fead sono tra le cause principali dell’impennata delle importazioni di polimeri riciclati registrata negli ultimi due anni, responsabile di un crollo di oltre il 50% dei valori sul mercato dell’Ue.

L’ipotesi di una messa al bando delle importazioni, tuttavia, non ha mai convinto la Commissione Ue, contraria a misure protezionistiche in conflitto con le norme sul commercio globale. Anche per questo, in occasione del trilogo finale dello scorso 4 marzo, la clausola di salvaguardia proposta da Consiglio e Parlamento non aveva incassato il placet di Bruxelles, che si era riservata di valutarne con maggiore attenzione la compatibilità con le regole WTO. Un esame durato più di dieci giorni e conclusosi, insieme agli ultimi interventi di ‘fine tuning’, con il semaforo verde del COREPER, arrivato il 15 marzo.

Soddisfatti i riciclatori, secondo cui “anche a valle della rimozione di qualunque condizione di origine” pretesa dalla Commissione, “stabilire condizioni che garantiscano che la plastica riciclata importata soddisfi standard equivalenti a quelli fissati nell’Ue – aveva commentato Olivier Francois, presidente dell’associazione europea dei riciclatori EuRIC – è vitale per garantire la sovranità e la competitività industriale europea”. Senza dimenticare, chiariscono i riciclatori, che la stretta sulle importazioni “è coerente” con quella sulle esportazioni introdotta dalla recente riforma del regolamento Ue sulle spedizioni di rifiuti, che a partire dalla primavera del 2026 vieterà agli Stati membri dell’Ue di esportare rifiuti in plastica verso i Paesi non-OCSE.

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