Circular Economy: se il voto non convince i riciclatori europei

di Redazione Ricicla.tv 21/03/2017

Politiche più ambiziose. È sotto questa bandiera che il Parlamento Europeo una settimana fa ha approvato gli emendamenti al pacchetto di misure per l’Economia Circolare presentati dalla relatrice della Commissione Ambiente dove sono stati elaborati, la nostrana Simona Bonafé. Ad incarnare l’ambizione del testo è stata la revisione al rialzo degli obiettivi di riciclo dei materiali entro il 2030 (con un target di medio termine fissato al 2025) che prevede il 70% di recupero da “municipal waste” e 80% dagli imballaggi, accanto a misure tra cui spicca un tetto massimo del 5% ai conferimenti in discarica. Numeri che sono diventati il simbolo di questo voto, ma pur catalizzando il dibattito mainstream, non è solo intorno ai nuovi target che si sono mobilitate le reazioni di alcune tra le principali sigle europee che rappresentano la filiera industriale del riciclo.

I riciclatori di Euric (European Recycling Industries’ Confederation) si sono espressi in sostanziale approvazione rispetto ai target ambiziosi, ma hanno anche ribadito la necessità di regole chiare e condivise tra i Paesi. Il riferimento è al dibattito sul metodo di calcolo, rispetto al quale quasi tutte le associazioni si sono espresse criticamente: il testo votato prevede come punto di misurazione del processo “al peso in ingresso del processo di riciclo finale”, ma secondo i riciclatori di Euric misurando i target dall’input delle attività di riciclo è impossibile ricostruire la vita del rifiuto che lo ha prodotto e quindi è controproducente rispetto all’obiettivo di realizzare statistiche uniformi ed accurate per i Paesi Membri.

Ben 36 associazioni che rappresentano la filiera del packaging (tra cui la European Organization for Packaging and the Environment) hanno firmato un documento in cui si avanzano quattro raccomandazioni al legislatore europeo in riferimento sia alla direttiva quadro sui rifiuti che a quella per il packaging ed i rifiuti da imballaggio. Solo al quarto punto si parla, appunto, dei target, richiedendo che gli obiettivi sul riciclo degli imballaggi siano realistici e raggiungibili: secondo le imprese rappresentate oltre una certa soglia aumentare il riciclo non comporta benefici all’ambiente se si considerano le risorse investite nel processo. Quanto al punto di misurazione per calcolare le percentuali di riciclo degli imballaggi sarebbe da fissarsi in uscita dagli impianti di selezione, (almeno in aggiunta alla misurazione in ingresso per l’impianto di riciclo).

Le imprese dei servizi della FEAD – Federazione Europea del Waste Management e dei Servizi Ambientali, supportano gli obiettivi ambiziosi votati dall’Europarlamento, ma sottolineano come queste siano insufficienti se non accompagnati da misure complementari creando mercati sostenibili per la materia riciclata, che devono avere dimensione globale più che locale. La Fead, inoltre, sui metodi di calcolo si schiera con la posizione proposta dalla Commissione, sperando che gli Stati Membri manterranno l’output della selezione come punto di misurazione. Tra l’altro la Fead introduce un ulteriore tema di confronto: le condizioni di praticabilità economica ed ambientale della raccolta differenziata (i cosiddetti TEEP) che il voto dell’Europarlamento ha cancellato. La Fead chiede che vengano ripristinati per lasciare alle gestioni locali le scelte sull’implementazione della raccolta differenziata.

Per  finire sarà per l’effetto della “Brexit”, ma vale la pena notare come le posizioni più dure arrivano proprio dal Regno Unito. La britannica ESA (Environmental Services Association) si schiera senza mezzi termini contro il voto, scrivendo che «alzare i tassi di riciclo non aiuterà a raggiungere un’economia più circolare se queste percentuali non sono accompagnate da misure efficaci per incrementare e sostenere la domanda per la materia riciclabile “in più” raccolta». Stessa posizione negativa anche nei confronti della cancellazione del TEEP e dei metodi di calcolo, definiti figli del «distacco dalla realtà» in quanto a queste condizioni «il metodo di calcolo scelto è virtualmente impraticabile, e se venisse utilizzato renderebbe il 70% di riciclo irraggiungibile anche da parte degli Stati Membri più performanti».

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