Raee: crescono le quantità trattate, ma resta il gap con l’Ue

di Redazione Ricicla.tv 11/07/2017

Aumentano le quantità di rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) avviate a corretto trattamento negli impianti autorizzati, ma non abbastanza da centrare gli obiettivi europei di raccolta e recupero. Nel 2016, con poco meno di 359mila tonnellate di Raee trattate, l’Italia ha raggiunto un tasso di ritorno complessivo del 40,86%, ancora lontano dal target Ue che a partire dal 2016 obbliga gli Stati membri a recuperare almeno il 45% del peso medio delle apparecchiature immesse sul mercato nel triennio precedente. Questi alcuni dei dati che emergono dal secondo rapporto sulla “Gestione dei Raee” a cura del Centro di Coordinamento nazionale (Cdc Raee), presentato oggi a Milano, nel quale vengono rendicontate le quantità di rifiuti tecnologici raccolte dai Sistemi collettivi dei produttori e avviate a recupero sul territorio nazionale negli impianti iscritti al registro istituito presso il Cdc.

«Dalla seconda edizione del Rapporto emerge un resoconto molto positivo delle attività messe in campo dal 2016 ad oggi da tutti gli operatori coinvolti nella gestione e nel trattamento di questa particolare tipologia di rifiuti, che consentono di rendere operative le previsioni contenute nell’Accordo sul Trattamento dei Raee – commenta Fabrizio Longoni, Direttore Generale del Centro di Coordinamento Raee – nel complesso i dati registrati nel corso dell’anno risultano soddisfacenti, ma purtroppo non sono stati sufficienti a raggiungere il target europeo di ritorno del 45% rispetto alle Aee immesse sul mercato fissato nel 2016».

A fronte di 876mila 757 tonnellate di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche immesse sul mercato e dichiarate al Registro Aee nel triennio 2013-2015, nel 2016 gli Impianti autorizzati hanno trattato 358mila 273 tonnellate di Raee, di cui il 79% – pari a 281mila 956 t – provenienti da Raee domestici e il 21% – pari a 76mila 317 t – da Raee professionali. Numeri che non bastano a centrare i target Ue ma che, nel complesso, fanno registrare un incoraggiante incremento dell’8,75% dei Raee trattati rispetto all’anno precedente. In particolare, sono 281mila 956 le tonnellate di Raee di origine domestica trasportate dai Sistemi Collettivi associati al Centro di Coordinamento Raee agli Impianti di Trattamento in Italia e all’estero, con una predominanza delle tipologie di rifiuti appartenenti al Raggruppamento 2 – Grandi Bianchi (86.480 t), in crescita del 24,9% rispetto al 2015 e al Raggruppamento 1 – Freddo e Clima (76.950 t) in crescita del 5,9%. I Raee di origine professionale, pari a 76.317 tonnellate, hanno riguardato apparecchiature dismesse appartenenti a tutte le categorie merceologiche individuate dalla direttiva europea.

Nel 2016 sul territorio nazionale hanno operato un totale di 940 impianti che si occupano di Raee iscritti all’elenco gestito dal Centro di Coordinamento, che comprende sia impianti dediti al trattamento per il recupero delle materie prime sia impianti che ne fanno l’immagazzinamento in attesa dell’invio ad un impianto di trattamento. Gli impianti sono situati nel Nord Italia per 665 unità, nel Centro Italia per 148 e per 127 nell’area Sud e Isole. «I risultati raggiunti dimostrano che la strategia del “fare sistema” è vincente – commenta Longoni – e va perseguita con determinazione in vista degli sfidanti obiettivi europei previsti per il 2019 e dell’uscita del decreto sul trattamento adeguato. Sia i quantitativi originati dai Raee professionali, sia quelli domestici dovranno essere incrementati con particolare attenzione alle attività di chi ha il compito di effettuare la raccolta. L’impiantistica italiana è pronta ad affrontare la sfida di un incremento dei volumi da gestire».

Sfida che passerà necessariamente per il recupero dei flussi di rifiuti tecnologici che ancora oggi sfuggono al sistema coordinato dal Cdc, come dimostra il gap tra le quantità della raccolta dichiarate dai Sistemi collettivi e le quantità, leggermente inferiori, dichiarate dagli impianti di trattamento. Flussi che, oltre a non contribuire al raggiungimento delle percentuali target fissate dalla Ue, finiscono spesso nei canali del traffico illegale dei rifiuti, fonte di inquinamento ambientale e di distorsione economica ai danni degli operatori di settore.

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