Marche, inerti riciclati e ricostruzione post sisma: un connubio ancora lontano

di Luigi Palumbo 18/09/2023

I cantieri della ricostruzione post sisma potrebbero trovare negli inerti prodotti dal riciclo delle macerie una risorsa preziosa per tagliare il consumo di materia vergine. Ma nelle Marche, così come nel resto d’Italia, il connubio tra edilizia ed economia circolare stenta a nascere. Se n’è discusso all’assemblea generale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali


Le imprese della filiera edile chiedono misure per agevolare l’adozione di pratiche di circolarità nei cantieri, a partire dall’impiego degli aggregati inerti generati dal riciclo dei rifiuti da costruzione e demolizione in sostituzione degli inerti vergini. L’appello arriva dal “cantiere più grande d’Europa”, le Marche, regione devastata dal terribile sisma del 2016 e da allora impegnata in un complesso piano di messa in sicurezza e ricostruzione di edifici e infrastrutture. Interventi che potrebbero rappresentare lo sbocco ideale per i materiali generati dal riciclo delle centinaia di migliaia di tonnellate di macerie presenti sul territorio. Economia circolare a chilometro zero. “La ricostruzione ha finalmente ripreso a correre – spiega il commissario di governo Guido Castelli – nel primo semestre del 2023 abbiamo liquidato alle imprese che lavorano nei cantieri del sisma una somma superiore del 23% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È il momento giusto per ordinare il quadro normativo in una maniera che ci consenta di applicare i principi di autosufficienza e prossimità e fare della ricostruzione un modello. Il più grande cantiere d’Europa non può non allinearsi ai principi dell’economia circolare“.

Il tema è stato al centro dell’assemblea generale dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali, che nella cornice della Loggia dei Mercanti di Ancona ha messo a confronto operatori, istituzioni e amministratori pubblici. “All’Albo sono iscritte 164mila imprese – ricorda il presidente Daniele Gizzi – molte delle quali autorizzate proprio al trasporto dei rifiuti da costruzione e demolizione, come le macerie che giacciono sul territorio marchigiano. L’Albo può avere un ruolo importante in questa partita“. Secondo stime, negli ultimi sette anni le imprese iscritte all’Albo nella sezione Marche, e autorizzate alla gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione (oltre 5mila operatori), potrebbero aver movimentato circa due milioni di tonnellate di macerie. Sul territorio regionale la capacità industriale di trasformarle in nuovi materiali per l’edilizia non manca, ma da sola non basta a suggellare il connubio tra ricostruzione ed economia circolare. “Siamo arrivati quasi al 100% di riciclo delle macerie – chiarisce Giorgio Menichelli, presidente della sezione Marche dell’Albo Gestori Ambientali – il problema è reimmettere in circolazione il materiale riciclato. Abbiamo grandi difficoltà a trovare collocazione agli aggregati in applicazioni come quelle stradali”. Per motivi di ordine culturale, come la diffidenza degli appaltatori nei confronti di materiali derivanti da rifiuti, ma anche per ragioni di carattere economico, visto che quasi sempre gli aggregati riciclati hanno un costo superiore a quello della materia prima vergine.

E anche se nell’ambito del piano Next Appennino la Regione Marche “ha destinato 54 milioni di euro per 20 progetti di economia circolare nel ciclo delle macerie”, come ricorda il commissario Castelli, resta l’esigenza di interventi strutturali. Servono leve normative, amministrative e fiscali che consentano di riportare i materiali generati dal riciclo delle macerie in testa alla filiera e sostituirli alle risorse vergini estratte in cava. Cosa che oggi, invece, avviene solo in maniera marginale, e non soltanto nei cantieri post sisma ma in tutti i cantieri dello Stivale. Nel 2021 in Italia oltre l’80% dei rifiuti da costruzione è demolizione è stato avviato a riciclo, ma gli inerti prodotti dal loro trattamento sono stati reimpiegati solo in parte e solo in applicazioni non avanzate come riempimenti e sottofondi stradali, mentre enormi quantità di aggregati riciclati di qualità, che potrebbero ad esempio essere utilizzati per realizzare malte cementizie e calcestruzzi, si accumulano sui piazzali degli impianti di trattamento, rischiando di ingolfarli e di costringerli così alla chiusura. “In maniera provocatoria – dice Paolo Barberi, presidente di ANPAR, l’associazione dei produttori di aggregati riciclati – invito a fare molta attenzione a conferire le macerie negli impianti di riciclo delle Marche. Se il mercato non parte, infatti, è meglio trovare nuove discariche da riempire. Nuove discariche nelle quali buttare via quella risorsa preziosa che sono i rifiuti inerti. Servono nuovi Criteri Ambientali Minimi – spiega – nuovi capitolati di gara e un dialogo sempre più serrato tra cabina di regia PNRR, i ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture, Consiglio superiore dei lavori pubblici e stazioni appaltanti”.

Unanime poi l’appello rivolto dai portatori d’interesse pubblici e privati al Ministero dell’Ambiente per la rapida approvazione del nuovo decreto end of waste sui rifiuti da costruzione e demolizione, attualmente allo studio dell’ufficio legislativo del dicastero. “Una volta in vigore, l’end of waste in via di revisione rappresenterà la cornice normativa entro la quale dovremo sviluppare la parte centrale della ricostruzione“, sottolinea il commissario di governo Castelli. C’è però da stringere i tempi. Se il provvedimento non dovesse vedere la luce entro la prossima primavera, a diventare operativa sarebbe infatti la prima versione del testo, in vigore formalmente dal novembre scorso ma bocciata dalle imprese di filiera perché ritenuta potenzialmente letale per il riciclo e per questo temporaneamente sospesa dal legislatore fino al 4 maggio del 2024. “Con il senatore Castelli e tutte le principali associazioni di categoria abbiamo più volte sollevato la questione” chiarisce Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio delle Marche. “Se il nuovo testo non dovesse essere adottato in tempo utile saremmo costretti a sospendere l’attività degli impianti di riciclo in via di autotutela, come consentito dal ricorso al TAR del Lazio presentato nei mesi scorsi dalla nostra associazione”, avverte Paolo Barberi.

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