A che punto è l’Italia sulla strada verso la transizione ecologica?

di Rosanna Auriemma 14/12/2021

Calo delle emissioni, riforestazione, diminuzione di inquinanti atmosferici, ma preoccupano i conferimenti in discarica, il consumo di suolo e l’aumento delle temperature. Una fotografia in chiaroscuro dell’Italia raccontata da Ispra e Snpa nell’ultimo rapporto ‘Tea – Transizione ecologica aperta’

Aumentano le zone boschive d’Italia, che oggi coprono il 37% della superficie nazionale, crescono le aree protette di terra e di mare, che raggiungono il 20%, diminuiscono le emissioni di gas serra, calate del 19% negli ultimi 30 anni, ma preoccupano i fenomeni di dissesto idrogeologico, il consumo di suolo che raggiunge il 7,11% rispetto a una media europea del 4,2%, pari a 60 chilometri quadrati persi ogni anno, ovvero 15 ettari al giorno. E ancora, le isole di calore nei grandi centri urbani che raggiungono temperature fino a 5°C in più rispetto alle aree periferiche. È questa la fotografia in chiaroscuro dell’Italia raccontata da Ispra e Snpa, il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, nell’ultimo rapporto ‘Tea – Transizione ecologica aperta’, un documento per leggere e interpretare i cambiamenti avvenuti in Italia negli ultimi anni, tra risultati raggiunti e criticità ancora da superare alla vigilia della fase attuativa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. “La transizione ecologica, prima ancora che un traguardo, costituisce un processo di riconversione di modelli produttivi, di stile di vita, approcci organizzativi e impone scelte coraggiose e non ideologiche” spiega Ettore Rosato, vicepresidente della Camera dei Deputati.

Quindi, a che punto siamo? La strada è sicuramente ancora lunga e in salita, ma i passi in avanti non sono mancati. Tra i punti di forza la riduzione delle emissioni del 46% circa nell’industria manifatturiera e del 33% nelle industrie energetiche, accompagnato dall’aumento di anidride carbonica assorbita dalle foreste e dai suoli. In costante diminuzione tutte le principali fonti di inquinamento dell’aria, monossido di carbonio, polveri sottili, anche se permangono molti problemi in alcune aree metropolitane, soprattutto nella Pianura Padana dove le condizioni meteo non favoriscono la dispersione degli inquinanti. Preoccupa l’aumento delle temperature in positivo dal 1985. Il 2020 ha chiuso il decennio più caldo di sempre, con anomalie medie annuali comprese tra +0,9 e +1,71°C. Fra le grandi matrici ambientali, però, il mare è nelle condizioni più difficili. Critica la situazione dei rifiuti spiaggiati: in Italia ne abbiamo in media più di 300 ogni 100 metri di costa.

“Non si può fare a meno di notare quanta strada il nostro Paese abbia già fatto nella giusta direzione. Pensiamo al calo delle emissioni di gas serra, all’inquinamento che pur rimanendo a livelli molto elevati in alcune zone del Paese, è comunque in calo. Elementi positivi che da soli, però, non basteranno a realizzare il processo di transizione in corso. Siamo convinti che la transizione ecologica, così come il PNRR, sia un percorso complesso che ha bisogno del coinvolgimento di tutti e per far questo tutti devono poter disporre di dati solidi che consentono di conoscere lo stato del nostro ambiente e gli scenari che si prospettano. Il confronto con l’Europa ci vede virtuosi in alcuni settori, meno virtuosi su altri. Dobbiamo continuare a lavorare per migliorare gli ambiti per noi più sotto pressione, come il mare e le coste, avendo come costante riferimento l’Europa, in linea con lo European Green Deal adottato dalla Commissione” dichiara Stefano Laporta, presidente di Ispra e Snpa.

Passi avanti anche per l’economia circolare: numeri da record per la raccolta differenziata, cha rispetto al 2008 è raddoppiata, passando da 9,9 a 18,5 milioni di tonnellate. Nel 2019 ha raggiunto il 61,3%, consentendo così di riciclare circa il 50% dei rifiuti prodotti. Performance che hanno consentito all’Italia di posizionarsi fra i primi paesi in Europa. Eppure, non mancano le criticità. Preoccupano i numeri del conferimento in discarica pari a una media nazionale del 21%, ancora più del doppio rispetto all’obiettivo europeo. Percentuale che cela, però, forti disparità territoriali tra regioni prevalentemente del Nord che hanno già raggiunto l’obiettivo europeo del 10% in discarica grazie a una corretta pianificazione e alla realizzazione degli impianti necessari, e regioni del Centro-Sud costrette a fare i conti con una cultura del no che rallenta l’iter, impedendo di chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti.

“Abbiamo voluto chiamarla ‘Transizione ecologica aperta’ anche per raccontare che non stiamo partendo da zero. L’Italia è un Paese che ha fatto grandi passi in avanti, in alcuni settori anche importanti, ma c’è ancora tanto da fare. Emerge un quadro che ci indica come il Paese sia già sulla strada per raggiungere obiettivi per uno sviluppo più sostenibile. Oggi assistiamo ad un’accelerazione di questo percorso. Emergono anche situazioni quale il consumo di suolo, dissesto idrogeologico, inquinamento delle matrici ambientali che devono continuare ad essere monitorate anche attraverso le nuove tecnologie per l’osservazione della terra. Serve, inoltre, riacquistare la fiducia dei cittadini per poter realizzare infrastrutture utili per il Paese, anche se in Italia non è facile” aggiunge Alessandro Bratti, direttore generale di Ispra.

“Dal rapporto emerge un dato interessante sul disaccoppiamento tra la crescita economica e l’uso di energia e di materiali. Ci attende una sfida: sarà importante stabilire se la crescita attraverso la tecnologia sarà compatibile con la lotta ai cambiamenti climatici o se, oltre alla tecnologia, occorrerà cambiare anche i nostri stili di vita” chiude Marco Lupo, vicepresidente Snpa.

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