Ecoballe dorate, pagati 66 milioni ma smaltiti appena l’1,7%

di Valentina Trifiletti 04/03/2018

Bene ma non benissimo. Sembra questo, in sintesi, il giudizio finale della Commissione Ecomafie sull’operato della regione Campania in materia di smaltimento delle ecoballe. Anche se, a fare due calcoli il voto dovrebbe essere segnato  con penna blu. Blu come le cifre che lo Stato ha dovuto sborsare per iniziare a smaltire le piramidi di rifiuti disseminati qua e là per la Regione.

Già, quel paradosso tutto campano che giace sui nostri territori da quasi vent’anni, ci è costato 33 milioni di euro a fronte delle 104.650 tonnellate rimosse.  A svelare questi numeri da capogiro è la relazione della Commissione Ecomafie presieduta dall’onorevole del Pd Chiara Braga e approvata in Parlamento solo qualche giorno fa. I dati si riferiscono al triennio di osservazione 2014/2017 e come si legge nel report, la vicenda rappresenta “l’emblema della situazione emergenziale campana; un’emergenza che continuerà a rinnovarsi sino a quando 5 milioni e 300 mila tonnellate di rifiuti stoccati in balle e depositate nei siti non saranno definitivamente rimossi”.

La situazione è sconfortante se si pensa che al momento sono state smaltite solo l’1,7% delle  5 milioni e 300 mila tonnellate di ecoballe stoccate e quell’1,7% è stato pagato a caro prezzo. Ma la strada è ancora in salita perché le 104.650 tonnellate rimosse equivalgono a una goccia nel mare. Una quantità “decisamente minimale rispetto all’enorme stock di ecoballe ancora giacente nei rispettivi siti. Tuttavia – si legge  – stando almeno alle rassicurazioni fornite e alle iniziative intraprese, ci si aspetta, nel breve termine, la rimozione dei rifiuti già aggiudicata per circa 856.937 tonnellate“.

La rimozione delle ecoballe è un problema gravissimo che sta saccheggiando le casse dello Stato e dissanguando i cittadini. Basti pensare ai costi sostenuti fino a questo momento per il fitto e l’occupazione dei terreni. Stando sempre alla relazione, fino a questo momento sono stati spesi 24 milioni di euro. “Il dato – precisa la Commissione – è sottostimato perché le società provinciali non hanno fornito indicazioni in relazione a quei siti in cui le ecoballe erano già state rimosse e in relazione alle quali non è stato fornito il costo eventualmente sostenuto e in relazione ad alcuni siti comunque non sono state in grado di fornire tutti i dati necessari”.

Poi c’è la questione relativa allo smaltimento del percolato che proviene dai siti di stoccaggio che è arrivata a 9 milioni di euro. In ultimo, c’è un altro da dato da approfondire secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle Ecomafie: le discariche costruite nella fase dell’emergenza attraverso l’attività dell’Uta, l’Unità tecnica amministrativa, destinata a completare le attività avviate dalle pregresse gestioni commissariali per l’emergenza rifiuti nella regione Campania, e prorogata fino al 31 dicembre 2018.

Ancora una volta il dato della attuale esistenza dell’Uta è motivo di riflessione in ordine alla emergenza infinita e alla anomala sopravvivenza attraverso reiterate proroghe di organismi che avrebbero dovuto cessare di esistere ormai da molto tempo – si legge – Il dato fornito da Uta in relazione ai proprietari dei suoli sui quali sono sorte le discariche del periodo emergenziale può essere sicuramente fonte di ulteriori approfondimenti investigativi”.

Dunque, nonostante gli apprezzabili sforzi, risultati positivi sul tema del ciclo straordinario appaiono al momento lontani – rileva la commissione – il problema del mancato smaltimento non solo costituisce in sé una seria criticità, ma porta con sé costi costanti e serie voci di spesa per le società provinciali e quindi per la collettività intera“.

Insomma, stando ai primi numeri della Commissione Ecomafie, i milioni di euro spesi per lo smaltimento delle ecoballe sarebbero 66. Questo senza considerare che sulla Campania pesa la scure delle sanzioni. La Corte di Giustizia Europea , infatti, il 16 luglio 2015, a causa dell’emergenza rifiuti in regione, ha comminato  all’Italia una multa da venti milioni di euro più l’obbligo del pagamento di 120 mila euro per ogni giorno di violazione della norma.

 

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