Transizione ecologica, all’Ecoforum al via il dibattito sui cantieri dell’economia circolare in Italia

di Rosanna Auriemma 05/07/2022

Innovazione tecnologica, sviluppo sostenibile ed economia circolare: questi gli strumenti da potenziare per favorire la transizione ecologica in Italia. Una sfida importante che Legambiente, Kyoto Club e La Nuova Ecologia hanno rilanciato in occasione della IX edizione dell’Ecoforum, la conferenza nazionale della circular economy. Ciafani: “Mille nuove impianti di riciclo per obiettivo rifiuti zero a smaltimento

Accendere i riflettori su sistemi innovativi di raccolta differenziata, rete impiantistica di riciclo e progetti faro per favorire lo sviluppo dei cantieri dell’economia circolare, dopo la chiusura dei bandi e degli avvisi pubblici sul PNRR da parte del Ministero della Transizione Ecologica. È questa la strada da percorrere per far decollare la green economy in Italia e per archiviare la stagione degli impianti di smaltimento. Una sfida importante a cui il Paese è chiamato e che Legambiente, Kyoto Club e La Nuova Ecologia hanno rilanciato in occasione della IX edizione dell’Ecoforum, la conferenza nazionale dell’economia circolare, in collaborazione con CONAI e CONOU, con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione Lazio.

“L’economia circolare – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è un settore cruciale per il Paese, in grado di creare investimenti, occupazione, economia sul territorio, e generare importanti benefici all’ambiente. Per questo è fondamentale che l’Italia acceleri il passo in questa direzione, iniziando da quelle opere che servono per farla decollare. Il primo cantiere da avviare riguarda quello della rete impiantistica su cui oggi si registra una forte disparità tra il Nord, dove è concentrata la maggioranza degli impianti, e il Centro-Sud dove sono carenti. Per avvicinarsi all’obiettivo rifiuti zero a smaltimento servono mille nuove impianti di riciclo per rendere autosufficiente ogni provincia italiana, coinvolgendo nella fase autorizzativa i cittadini, le attività produttive e le istituzioni locali attraverso una fase di dibattito pubblico. E poi bisogna lavorare al meglio sull’ottimizzazione dei sistemi di raccolta, sui progetti faro che servono al Paese, semplificando gli iter autorizzativi e sull’innalzamento qualitativo dei controlli ambientali pubblici in tutto il Paese”.

Protagonista della due giorni l’economia circolare e le best practice dei cittadini, sempre più attenti e informati sui temi connessi ai rifiuti, che da scarto possono diventare nuova risorsa. A dimostrarlo sono i dati emersi dal sondaggio Ipsos “L’Italia e l’economia circolare”, condotto su un campione di mille persone di età compresa tra i 16 e i 70 anni, a cura di CONOU, Legambiente, Editoriale Nuova Ecologia. In un contesto dominato da incertezze economiche, sanitarie e geopolitiche, quasi il 70% dei cittadini intervistati ritiene che lo sviluppo dell’economia circolare e dell’energia da fonti rinnovabili possano contrastare il caro bollette. Positivo anche il giudizio sui green jobs, le attività lavorative nel settore della green economy, che per il 48% degli intervistati aumenteranno in numero nel prossimo futuro. 

“L’economia circolare come soluzione ai problemi economici e climatici è una delle risposte più efficaci, vieppiù nel contesto attuale caratterizzato da crisi e incertezze”, ha commentato Riccardo Piunti, presidente del CONOU, Consorzio Nazionale degli Oli Usati. “Abbiamo bisogno di sostenere, favorendo la realizzazione di nuovi impianti di trattamento, l’innovazione tecnologica nei processi così come la semplificazione autorizzativa, tutte le iniziative che, ispirate alla circolarità, con la valorizzazione e il recupero dei rifiuti, possano contribuire al risparmio di risorse da un lato e alla salvaguardia dell’ambiente dall’altro. La realtà dei consorzi di filiera, a partire dal CONOU, dimostra ampiamente che la conversione al modello circolare non solo è possibile, ma è in grado di apportare benefici durevoli a vantaggio di tutti. Più rifiuti rigenereremo, meno rifiuti saranno dispersi nell’ambiente e meno CO2 produrremo. La posta in gioco è il nostro futuro e potremo farla nostra solo con il sostegno della cooperazione tra istituzioni, imprese e cittadini”.

Sensibilizzazione sui temi della sostenibilità e chiarezza informativa sono la chiave per favorire il diffondersi di un’educazione ambientale, in primis tra i cittadini che, stando ai risultati emersi dalla ricerca, hanno idee ben chiare anche sulle modalità di distribuzione per aumentare la circolarità. Infatti, il 41% degli intervistati mette nelle prime 5 posizioni alcune azioni particolarmente drastiche, come la chiusura di impianti a rischio e delle aziende inquinanti. Al capitolo emergenza sanitaria, invece, il 71% delle persone concorda sul fatto che la ripresa post-pandemica rappresenti un momento unico per costruire società più resistenti agli shock futuri. In altri termini, la crisi ha insegnato che cambiare è possibile, ma solo attraverso il giusto equilibrio tra società civile, burocrazia e risorse.

La prima giornata dell’Ecoforum è stata anche l’occasione per presentare l’avvio di uno studio di Legambiente incentrato sulla qualità della raccolta differenziata con particolare attenzione ad alcune filiere, specie quella della raccolta dall’organico. Obiettivo dello studio: mettere in evidenza criticità ed eccellenze nella modalità di gestione e raccolta dei rifiuti urbani. Al centro della ricerca due realtà d’eccellenza, Umbria e Marche. Nonostante le percentuali della raccolta differenziata delle due Regioni siano su buoni livelli e con trend in crescita da diversi anni, nell’organico raccolto ancora ci sono percentuali significative di materiali non compostabili (MNC).

Grazie alle analisi merceologiche condotte da Arpa Umbria, si evince come solo nel 46% delle analisi condotte i MNC siano inferiori al 5% dell’organico raccolto, mentre il 36% delle analisi ha mostrato una contaminazione da MNC compresa tra il 5% e il 10%. Il 18% del campione, invece, ha determinato una percentuale di MNC maggiore del 10%. Dove la modalità della raccolta avviene con il porta a porta (PAP) le impurità sono mediamente inferiori al 5% con percentuali che tendono a raddoppiare quando le modalità della raccolta sono miste (PAP e stradale) o solo stradali (rispettivamente 8,7% e 9,9%). La plastica è la frazione più presente tra le impurità dell’organico. Nelle Marche, dove la modalità di raccolta dell’organico è prevalentemente stradale, gli scarti agli impianti arrivano fino al 28% del totale gestito.

Stando ai dati pubblicati da Arpa Marche, anche tra i rifiuti indifferenziati ci sono percentuali significative di materiali che possono essere intercettate prima e differenziate correttamente: tra il 14% e il 33% di materiale organico, tra l’8% e il 26% di imballaggi in plastica, tra il 7% e il 18% di carta e cartone. Se consideriamo anche tessili (tra 2% e 16%), pannolini (tra 5% e 29%), i sottovagli (tra 4% e 11%) e la plastica rigida (tra 1% e 5%), si intuisce quanto ancora debba essere migliorata la modalità di gestione e raccolta delle singole frazioni di rifiuti, che altrimenti finirebbero in discarica o negli inceneritori. Tra i prossimi piani, dunque, sarà necessario implementare una più corretta ed efficiente gestione degli scarti, iniziando a ragionare in termini di residuo indifferenziabile e non più solo di indifferenziato per ridurre sempre di più il conferimento agli impianti di smaltimento.

“È un Paese strano il nostro: con imprese eccellenti nell’economia circolare e scelte politiche in quel campo non all’altezza della sfida. Ad esempio, abbiamo il sistema di raccolta della frazione organica dei rifiuti più avanzato e facciamo invece ancora fatica a superare il Nimby e il Nimto che ostacolano la realizzazione dei biodigestori indispensabili per trattarlo e produrre biometano e compost. Potremmo e dovremmo emanare i decreti end of waste che consentirebbero il riutilizzo della materia e invece troppo spesso gli amministratori locali pensano di imboccare scorciatoie negative e ricorrere all’incenerimento sprecando risorse. Occorre cambiare marcia e sostenere davvero quella parte del mondo imprenditoriale, pubblico e privato, in grado di cogliere appieno la sfida dell’innovazione”, ha spiegato Francesco Ferrante, vicepresidente Kyoto Club.

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