Riciclo, Assoambiente: “Serve un ‘Whatever it Takes’ per sostenere il mercato”

di Redazione Ricicla.tv 21/11/2023

L’industria italiana del riciclo si conferma ai vertici in Europa, ma il mercato delle materie prime seconde non tiene il passo, spiega l’ultimo rapporto ‘L’Italia che ricicla’ di Assoambiente. Che chiede un ‘Whatever it takes’ per rilanciare la domanda di materia riciclata


Il settore del riciclo in Italia cresce e si consolida, vedendo alla propria portata gli obiettivi europei di circolarità, ma il mercato non tiene il passo e continua ad assorbire una quota limitata delle risorse messe a disposizione dagli operatori industriali del recupero di materia. È quanto emerge dall’ultimo rapporto ‘L’Italia che ricicla’ di Assoambiente realizzato in collaborazione con Ref Ricerche, che registra gli ottimi risultati raggiunti dal sistema industriale di raccolta e recupero ma anche il ritardo sul fronte della domanda di materia riciclata. Secondo l’ultimo report della Commissione europea, nel 2020 il recupero di materia dai rifiuti urbani era al 51,4%, a un passo dall’obiettivo Ue al 2025 del 55%, mentre per gli imballaggi eravamo al 72,8%, ben oltre il target del 65%. Maggiore impegno servirà per portare al 10%, di qui al 2035 la quota di rifiuti che oggi finiscono in discarica, il 20,1%, ma i dati preliminari sul 2021 indicano già un passaggio al 17%. A fronte di questi risultati, tuttavia, nel 2022 il tasso di utilizzo dei materiali riciclati nelle nuove produzioni era del 18,7%. Superiore alla media Ue dell’11,5% (meglio di noi solo Paesi Bassi, Belgio e Francia) ma in calo rispetto agli ultimi due anni. Meno di un quinto delle risorse consumate dall’industria e dalla manifattura, insomma, viene acquistato sul mercato del riciclo.

“Il rapporto fotografa una situazione rosea per l’industria del riciclo – spiega il presidente di Unicircular Paolo Barberi – siamo tra i più bravi a recuperare materia dai rifiuti, ma soprattutto in alcune filiere le materie che derivano dal riciclo stentano a trovare una collocazione sul mercato nonostante siano perfettamente conformi”. Basti pensare, si legge nello studio, al fatto che “più del 30% degli aggregati riciclati dei rifiuti da costruzione rimane inutilizzato, mentre al contempo si continuano ad utilizzare i materiali vergini da cava”. Analoghe difficoltà di collocazione, spiega il rapporto, si osservano per le materie plastiche e per gli scarti tessili. Con ogni probabilità, si legge, un destino analogo interesserà anche il granulo di gomma da riciclo degli pneumatici, dopo lo stop dell’Ue all’utilizzo per gli intasi dei campi da gioco, fin qui una delle applicazioni più diffuse. “Il basso tasso di circolarità è il sintomo di una malattia culturale – spiega Barberi – vale a dire la profonda diffidenza nei confronti dei nostri impianti e dei nostri prodotti”.

Nonostante l’indiscusso contributo alla decarbonizzazione del sistema produttivo, ma anche alla messa in sicurezza di filiere minacciate dalle turbolenze dei mercati delle materie prime e dell’energia, le vere potenzialità economiche e ambientali del riciclo restano in buona parte inespresse. Anche le riforme e gli investimenti del PNRR, fin qui, non sembrano aver restituito i risultati sperati. A un anno dall’entrata in vigore, l’attuazione della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, ad esempio, fa registrare ritardi sul fronte della fiscalità ambientale, dove si attende la rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi e dell’ecotassa sulla discarica, ma mancano all’appello anche gli interventi in materia di programmazione dei decreti end of waste e CAM.

Quanto ai 2,1 miliardi di euro di investimenti per raccolta differenziata e impianti di trattamento, si legge nel rapporto, è invece mancata “una strategia con cui valutare compiutamente i progetti, in ossequio ai fabbisogni reali delle diverse frazioni di riciclo nel Paese”. “In molti casi – spiega il direttore di Ref Ricerche Donato Berardi – è assai probabile che le risorse siano state destinate a territori che hanno un eccesso di offerta”. Emblematico il caso dei rifiuti organici, per i quali oggi si registra una capacità autorizzata di trattamento di 11,3 milioni di tonnellate, a fronte di volumi trattati per 8,3 milioni. “Il PNRR ha puntato molto sul compostaggio – aggiunge la senatrice Silvia Fregolent – quando in realtà il fabbisogno di trattamento è già soddisfatto sia a Nord che al Centro che al Sud. Un po’ una perdita di risorse, a fronte di settori che invece avrebbero bisogno di essere rafforzati”. Senza dimenticare che entro il 31 dicembre di quest’anno i soggetti destinatari dei finanziamenti dovranno sottoscrivere i contratti di affidamento dei lavori. Cosa che “appare difficile”, si legge nel rapporto, “dati i notevoli ritardi – ancora oggi persistenti – del processo di approvazione dei fondi da parte degli Enti competenti e di attivazione dell’accesso alle piattaforme di rendicontazione”. Ritardi che potrebbero compromettere il rispetto delle milestone concordate con l’Ue e quindi lo sblocco delle prossime tranche di finanziamenti.

Serve imprimere un’accelerazione all’attuazione del PNRR, partendo dalla Strategia Nazionale per l’Economia Circolare, ma più in generale occorre un piano di interventi “affinché il ruolo strategico del settore possa essere meglio compreso e valorizzato nelle sedi istituzionali”, sostiene Assoambiente, che lancia per questo un‘agenda di lavoro al 2024 e 2025. Tra gli obiettivi il completamento del mercato unico europeo per le materie prime seconde, anche omogeneizzando le discipline end of waste nazionali, l’adeguamento del quadro normativo alle soluzioni innovative e uno snellimento del carico burocratico per le imprese, ma soprattutto un ‘Whatever It Takes’ per il riciclo, con l’adozione di strumenti economici e fiscali come certificati del riciclo e certificati bianchi, indispensabili a sbloccare il mercato. Sempre nella stessa ottica, chiarisce l’associazione, vanno definite quote minime di contenuto riciclato nei nuovi prodotti e IVA agevolata per le materie ottenute dal riciclo, rafforzando inoltre lo strumento dell’ecodesign, per garantire la riciclabilità dei beni prodotti o importati sul mercato nazionale ed europeo, e quello della responsabilità estesa del produttore. “L’industria del riciclo richiede un adeguato sostegno da parte dei decisori politici – ribadisce il presidente di Assoambiente Chicco Testa – affinché vengano rimossi tutti gli ostacoli normativi, giuridici ed economici che ne frenano il pieno sviluppo trasversale alle diverse filiere. Solo così questo settore potrà davvero fungere da abilitatore della transizione green, in grado di intercettare efficacemente tanto gli aspetti di circolarità, quanto quelli energetici”.

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