Valentina Trifiletti
16/03/2018

Spreco di cibo, gli avanzi in discarica producono gas serra

Ultimo aggiornamento: 1 Marzo 2018 alle 13:03

sprechi alimentari UE

Spesso non facciamo caso a quanto cibo sprechiamo, gli avanzi che finiscono in pattumiera sono ancora troppi. In Europa, ogni, anno, si producono tra i 118 e i 138 milioni di tonnellate di rifiuti ma solo il 25% di questi viene riciclato quindi trasformato in fertilizzante. In Italia solo nel 2016 si stimava uno spreco di cibo di 145 chili a famiglia e 63 chili a persona. “Passi avanti che in termini economici si traducono in 110 euro di risparmio annuo a persona”, aveva dichiarato il sottosegretario Silvia Velo. Ancora molto però si deve ancora fare, basti pensare che a livello nazionale sprechiamo 2,2 milioni di tonnellate di cibo all’anno, per un costo complessivo di 8,5 miliardi di euro che è lo 0,6% del Pil.

Ma ridurre gli sprechi alimentari non farebbe bene solo alle nostre finanze ma anche all’ambiente se si considera che gran parte dei rifiuti organici smaltiti in discarica generano emissioni incontrollate di grosse quantità di gas a effetto serra. I rifiuti organici non sono solo quelli alimentari e di cucina prodotti da famiglie e ristoranti ma anche quelli provenienti dall’industria alimentare e gli altri rifiuti con le stesse proprietà biodegradabili che per natura, composizione e quantità sono equiparabili ai rifiuti organici.  Se riflettiamo attentamente, infatti, circa il 50% dei rifiuti solidi urbani è rappresentato dalla frazione organica, questo vuol dire che differenziare correttamente aiuterebbe anche a produrre valore in termini di economia circolare.

Il Piano di azione della Commissione Europea sull’economia circolare evidenzia come lo scarto di cibo ancora commestibile aggrava gli impatti ambientali che derivano dalla produzione alimentare e provoca perdite finanziarie per i consumatori e per l’economia. Da questo punto di vista, occorre considerare anche la dimensione sociale dello spreco alimentare, per cui dovrebbe essere facilitato il dono di prodotti alimentari ancora commestibili ma che, per ragioni logistiche o di mercato non possono essere commercializzati. A settembre 2015 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva adottato gli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030, tra i quali ne figura uno teso a dimezzare gli sprechi alimentari pro capite e a ridurre le perdite alimentari lungo le catene di approvvigionamento e di produzione. Anche in questo caso, sono numerose le potenziali linee di azione, individuate dall’Unione Europea. Basti pensare alla necessità di adottare una metodologia comune per quantificare i rifiuti alimentari e definirne gli indicatori; di adottare misure per chiarire la legislazione dell’Unione relativa ai rifiuti, agli alimenti e ai mangimi e facilitare il dono di alimenti e l’uso sicuro di alimenti e sottoprodotti provenienti dalla filiera alimentare nella produzione dei mangimi; di esaminare il modo per migliorare l’uso dell’indicazione della data di consumo e della sua comprensibilità per i consumatori, in particolare per la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il“.
A livello italiano si può fare riferimento al piano nazionale sulla prevenzione dei rifiuti, al piano nazionale sulla riduzione dello spreco alimentare, all’approvazione della legge contro lo spreco alimentare nel 2016.  Dal 2016, infatti, in Italia è in vigore la legge Gadda (n. 166/2016) che prevede semplificazioni burocratiche e sgravi fiscali a favore di chi dona cibo per fini di solidarietà. A un anno dall’entrata in vigore della normativa, il bilancio è positivo. “La legge italiana è diventata un modello anche per gli altri Paesi europei – aveva dichiarato la deputata dem Maria Chiara Gadda, promotrice del provvedimento – le donazioni da parte di imprese impegnate in vari settori della intera filiera economica sono sensibilmente aumentate grazie ad una maggiore semplificazione burocratica e a puntuali disposizioni fiscali che incentivano chi sceglie di erogare beni a titolo gratuito. La legge ha suggerito nuove forme di sperimentazione per il recupero di prodotti prima impensabili come quelli confiscati, le enormi eccedenze nel settore marittimo o in quello del banqueting, nelle mense aziendali e scolastiche”.

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