Made in Italy ed economia circolare: così la sarda Lebiu dà nuova vita ai rifiuti dell’industria del tappo, che trovano spazio nel mondo della moda e del design grazie a un processo produttivo a basso impatto ambientale
L’economia circolare è sempre più di tendenza tra le startup che provano con progetti innovativi a rivoluzionare il settore tessile, la cui tradizione è messa in ginocchio dal dilagante fenomeno della fast fashion, una moda fatta di capi di scarsa qualità, destinati a finire in discarica o negli inceneritori. Eppure, c’è chi al made in Italy non vuole rinunciare, proprio come Fabio Molinas e Alessandro Sestini, founder di Lebiu, che tra i sughereti sardi della Gallura hanno brevettato un processo produttivo in grado di trasformare gli scarti del sughero in capi d’abbigliamento alla moda, accessori di design e oggetti d’arredo. Come? Grazie a una bio-pelle molto resistente, realizzata con particelle di sughero e polimeri a base vegetale che mantiene l’aspetto estetico della vera pelle senza rinunciare al naturale effetto spugnoso del sughero. “Con il nostro progetto riusciamo a ottenere una pelle vegana dagli scarti industriali del tappo di sughero. Si tratta di un prodotto green, resistente e di qualità, frutto di un processo di upcycling in cui, una materia prima di seconda generazione viene impiegata per creare un materiale con prestazioni migliorate” spiega Fabio Molinas di Lebiu.
Un progetto che sposa nel segno della circolarità due tradizioni artigianali solo in apparenza distanti tra loro: da un lato il tessile, dall’altro la lavorazione del sughero. Lebiu guarda al futuro senza mai dimenticare il passato. Gli scarti che la startup trasforma in nuovi tessuti vengono soprattutto da imprese locali specializzate nella produzione di tappi, proprio come ha fatto per anni il nonno di Fabio nella sua piccola fabbrica. “L’idea era quella di unire la tradizione, l’artigianato e l’industria del tappo per creare un prodotto innovativo, che partendo da un rifiuto possa entrare nuovamente nel ciclo produttivo” aggiunge Fabio Molinas. La raccolta degli scarti e lo studio delle soluzioni per il recupero restano al Sud, mentre la fase di produzione è al momento affidata ad aziende del Nord Italia. “Abbiamo un laboratorio di ricerca e sviluppo in Sardegna, mentre per la fase successiva – aggiunge Molinas – ovvero la produzione, ci affidiamo ad aziende del Nord e del Centro che hanno già un know-how integrato”.
Due le principali linee di prodotto, Corskin e Nanocork. “La prima è una bio-pelle realizzata con particelle di sughero e polimeri plant-based – spiega Fabio Molinas – che vuole sostituire la vera pelle animale e le eco-pelli prodotte con polimeri sintetici derivanti dal petrolio. La struttura interna è composta da fibre naturali e sintetiche riciclate, che rendono Corskin più resistente rispetto ad altri tipi di tessuti. Nanocork, invece, è un finissaggio naturale che può essere applicato direttamente sui capi, utilizzando la minima quantità di acqua e di prodotti chimici, grazie a una lavorazione quasi a secco, tramite cui si ottiene un effetto consumato come quello del denim”.
Lebiu che nel nome porta la leggerezza della materia, nella sostanza offre un prodotto isolante, resistente, flessibile e impermeabile, frutto di un processo produttivo a basso impatto ambientale. “Da un metro di pelle di sughero evitiamo ben 4,5 kg di CO² in atmosfera. Per tingere una maglietta, invece, generalmente si impiegano dai 60 ai 100 litri di acqua. Invece, con il nostro finissaggio per ogni chilo di vestiti occorre un litro e mezzo d’acqua” spiega il founder della startup. E all’orizzonte un lavoro di ricerca finalizzato all’upgrade in chiave sostenibile dei prodotti in sughero riciclato. “Con la nostra pelle riusciamo ad arrivare al 75% di composto di origine bio, ma il nostro scopo è di produrre una pelle di sughero 2.0, che sia l’evoluzione di quella attuale, per arrivare fino al 95% di materiale riciclato” chiude Fabio Molinas di Lebiu.