Torna il Festival dell’Acqua di Utilitalia, tra scenari post-covid e PNRR. Castelli: “Per vincere la sfida della sostenibilità servono un cambio di passo culturale e una gestione industriale”
Forse non l’abbiamo mai apprezzata tanto quanto nei giorni più neri della pandemia, quando un gesto semplice come lavarsi le mani poteva segnare la differenza tra la morte e la vita. Perchè l’acqua ‘è’ vita, ma scorre sempre più rara su un pianeta segnato dagli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento, e imparare a tutelarla, gestendola e consumandola in maniera sostenibile, è forse la più ambiziosa delle sfide che abbiamo davanti. A cavallo tra scenari post-covid e prospettive di rilancio legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza torna il Festival dell’Acqua promosso da Utilitalia.
“La scarsità della risorsa idrica è un tema di oggi e non un tema del futuro – spiega Michela Castelli, presidente di Utilitalia – tanto più alla luce del fatto che nel periodo di pandemia il consumo di acqua è decisamente aumentato e che noi come Paese partiamo già da un consumo medio pro-capite che è molto superiore a quello degli altri Paesi europei. A fronte di 125 litri d’acqua al giorno per una persona che vive in Europa – ricorda Castelli – in Italia se ne consumano 225. Insomma, consumiamo tanta acqua e sprechiamo tanta acqua. E questo anche perché non riusciamo a far penetrare nel DNA di tutti l’idea che si tratti di una risorsa che è finita. Serve un cambio culturale“.
Consumiamo tanta acqua e sprechiamo tanta acqua. Ecco perché accanto a un nuovo approccio culturale, spiega la presidente di Utilitalia, occorre spingere su modelli gestionali sempre più industriali e integrati nelle varie fasi del ciclo, capaci di garantire investimenti in efficienza e sostenibilità, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno. “La scarsità della risorsa acqua è particolarmente sentita nelle regioni del Sud – ricorda Castelli – e non solo per una questione climatica ma soprattutto perché il 50% dell’utilizzo idrico è destinato all’agricoltura. Il tema quindi ha un impatto diretto anche sulla nostra economia. Mettere mano agli investimenti sulle reti e sugli invasi per rendere i sistemi più efficienti e consentire il risparmio d’acqua è una priorità assoluta”.
Capitolo investimenti, quindi: sul piatto ci sono i 3,5 miliardi di euro che il PNRR destina al comparto idrico, un quarto appena dei 14 miliardi di progetti messi a punto dai gestori del servizio idrico rappresentati da Utilitalia. Ma il vero problema, più che quello dei fondi, resta quello della governance, troppo frammentata nelle regioni del Mezzogiorno e non adatta a garantire la ‘messa a terra’ degli investimenti necessari. “Abbiamo per ragioni storiche una presenza radicata di gestori industriali nel Nord e nel Centro Italia – spiega la presidente di Utilitalia – mentre al Sud il quadro è molto frammentato e non consente di raggiungere le economie di scala necessarie a gestire processi di investimento massivo”. Tant’è che a fronte di una media nazionale di 46 euro investiti per abitante dai gestori industriali, nei comuni in cui l’intero servizio idrico è gestito direttamente dall’amministrazione locale in economia si crolla ad appena 8 euro per cittadino. “Il processo di riforme affiancato al PNRR ci lascia ben sperare – dice Castelli – a patto che non si sviluppi ‘all’italiana’, cioè su un orizzonte legato esclusivamente al PNRR e alla dimensione emergenziale, ma con una prospettiva di medio-lungo termine“-
Imparare a tutelare l’acqua, tanto più alla luce della sua crescente scarsità, significa anche trattare e recuperare quella di scarto. Non a caso del totale destinato dal PNRR al ciclo idrico, ben 600 milioni sono appostati sul capitolo acque reflue e depurazione, che vede l’Italia scontare pesanti inefficienze, al centro di ben 4 procedure d’infrazione europee che costano ogni anno circa 60 milioni in sanzioni per il mancato adeguamento dei sistemi di trattamento e collettamento in decine di agglomerati urbani da Nord a Sud del Paese. “Siamo ricevendo fondi dall’Europa – commenta amara Castelli – e li useremo proprio per chiudere le infrazioni europee che riguardano la depurazione. Un tema sul quale scontiamo gravi inefficienze. Ecco perché riuscire a raccogliere le acque reflue e gestirle in maniera ottimale, riutilizzandole per usi industriali, agricoli e civili, chiudendo il ciclo idrico in maniera efficiente è oggi una delle sfide principali per le nostre aziende”.