Dal biometano 12mila posti di lavoro, ma la filiera è bloccata

di Beppe Facchini 06/02/2017

Da rifiuto a energia. Dopo il decreto che nel 2013 ha dato il via libera alla produzione di biometano a partire dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici, è arrivato il momento di tracciare un primo bilancio sulla situazione nel nostro Paese.

In attesa dell’ultimo decreto attuativo per completare la fase sperimentale della biodigestione, atteso entro l’anno e relativo alla distribuzione di biometano, Legambiente ha organizzato a Bologna un convegno nazionale per fare il punto della situazione e conoscere le prospettive di un sistema virtuoso, visto di buon occhio anche dalla stessa associazione. Gli impianti in questione, spiega il direttore generale di Legambiente, Stefano Ciafani, permetterebbero non solo di produrre energia pulita, ma anche di colmare il deficit di trattamento organico da raccolta differenziata tra nord e sud. E non si tratta degli unici due vantaggi. Coinvolgimento del territorio, progetti di filiera corta, autosufficienza e veicoli alimentati in modo naturale: le potenzialità del biometano non mancano.

Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas, ricorda invece alcuni dati: due miliardi e mezzo di metri cubi di biometano prodotti in Italia (attivi 20 impianti, ma solo sei si occupano esclusivamente di questo trattamento) e un consumo pari al 3% sul totale di gas naturale. «E tutto made in Italy» sottolinea ancora Gattoni, trovando d’accordo sulle grandi potenzialità del settore anche Paolo Ganassi, direttore dei servizi ambientali Aimag.

Durante il convegno “La nuova frontiera del biometano”, il confronto tra esperti del settore privato e del pubblico ha fatto però emergere anche le problematiche della biodigestione anaerobica. Una su tutte, quella legata a sistemi di raccolta differenziata, non sempre all’altezza. Lo fa presente Marco Avondetto, direttore del settore igiene ambientale di Acea Pinerolese Industriale spa. L’azienda rappresentata ha inaugurato, nel 2014, uno dei sei impianti italiani pronti, dopo il decreto di quattro anni fa, ad una svolta epocale. Il polo energetico piemontese tratta ogni anno 60mila tonnellate di frazione organica, producendo otto milioni di metri cubi di biogas destinati, momentaneamente, a cogeneratori per la produzione di energia elettrica. L’obiettivo, però, è andare oltre ed utilizzarli anche per uso domestico o per alimentare i mezzi della propria flotta per la raccolta dei rifiuti. Finora gli esperimenti proprio su questi veicolo, sottolinea sempre Avonetto, hanno portato ad ottimi risultati. Tutto, dunque, sembrerebbe pronto per sdoganare davvero quello che in tanti definiscono il combustibile del futuro. Manca solo l’ultimo atto del Governo.

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