La risposta del ministro della Transizione ecologica ad Anci: con la nuova disciplina sui rifiuti urbani “il servizio pubblico può fare un salto di qualità” e collocandosi “in una logica di sana concorrenza con il servizio privato” rendersi “necessariamente efficiente e vantaggioso”
“Il servizio pubblico può fare un salto di qualità e con senso di responsabilità gli enti locali devono essere accompagnati e supportati in questo percorso di crescita”. Così il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani risponde, in una nota che Ricicla.tv ha potuto visionare, all’appello del presidente Anci Antonio Decaro, che lo scorso 15 aprile aveva chiesto al governo “un esplicito intervento” per correggere “la grave situazione che si sta profilando sul sistema tariffario e fiscale del servizio rifiuti” dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo 116 del 2020.
Il provvedimento, per chi si fosse perso le scorse puntate, ha infatti recepito la nuova direttiva quadro europea sui rifiuti ridefinendo dallo scorso gennaio il perimetro degli urbani e degli speciali, facendo venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione per qualità e quantità e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani, ottenendo riduzioni della tariffa rifiuti per le quantità che dimostrino di aver avviato a recupero. Cosa che, secondo Decaro, si tradurrà non solo in un “inevitabile aumento di tariffe che si determinerà per il minor prelievo su tali aziende” ma anche in “un concreto rischio di maggiori irregolarità” e in una “disparità di trattamento delle imprese pubbliche”.
Un appello, quello del numero uno di Anci, che Cingolani non rispedisce al mittente, o almeno non del tutto: perché se da un lato il ministro apre anzi all’istituzione di “un tavolo tecnico permanente con l’ANCI, l’Autorità di regolazione, gli operatori e le loro associazioni” e alla “predisposizione dei necessari correttivi”, dall’altro non risparmia però parole dure nei confronti dei comuni, “che prima dell’intervento del legislatore – scrive il ministro – esercitavano un’azione caratterizzata da ampia discrezionalità” nella definizione delle tariffe per il servizio pubblico di gestione dei rifiuti, con una Tari “talvolta utilizzata per colmare deficit di cassa”. Con l’entrata in vigore del nuovo regime, chiarisce invece Cingolani, “Il servizio pubblico può fare un salto di qualità” e collocandosi “in una logica di sana concorrenza con il servizio privato” rendersi “necessariamente efficiente e vantaggioso”. Considerazioni, quelle sui vantaggi di un mercato libero e concorrenziale, con le quali il ministro sembra sposare almeno in parte le osservazioni formulate nei giorni scorsi dall’antitrust, che in una relazione aveva censurato proprio diversi passaggi del decreto legislativo 116.
Nella nota Cingolani difende la circolare di chiarimento diramata lo scorso 12 aprile, tra le veementi proteste dei vertici di Anci, definendone i contenuti come “assolutamente coerenti con il quadro di riferimento comunitario recepito nell’ordinamento” e respingendo le osservazioni dei comuni sui passaggi relativi all’esclusione delle aree produttive e dei magazzini dal calcolo della Tari, ma anche “il paventato maggiore rischio di ‘irregolarità nella gestione delle frazioni’ gestite al di fuori del sistema pubblico, dal momento che i rifiuti gestiti dai circuiti professionali di mercato, a livello nazionale, sono assoggettati ai medesimi adempimenti ambientali gravanti sui soggetti pubblici”.
“Non credo possa palesarsi una minore garanzia ambientale dei servizi privati e una disparità di trattamento delle imprese pubbliche che, introdotte in meccanismi concorrenziali, non potranno che beneficiarne in termini di qualità dei servizi erogati” conclude Cingolani, che auspicando “un contesto di leale collaborazione”, si dice pronto a supportare “i chiarimenti normativi atti a garantire il coordinamento delle fasi attuative della definizione della tariffa e la conferma per l’anno 2021 della sola modalità gestionale già in vigore, senza modificare la definizione di rifiuto urbano, che altrimenti comporterebbe l’apertura di una procedura di infrazione UE”. Nel frattempo il Senato ha definito nuovi vincoli temporali per la fuoriuscita dal servizio pubblico, fissando il termine ultimo per la comunicazione al comune o al gestore della raccolta al 30 giugno di ogni anno, mentre per il 2021 il termine è al 31 maggio con efficacia a partire dal 2022
Che i Comuni abbiano utilizzato illegalmente gli introiti dai rifiuti per fare cassa credo sia un fatto ormai acclarato. La maggior parte dei Comuni che incassano più di quanto spendono per lo smaltimento dei rifiuti urbani realizza bilanci falsi perchè la legge non consente di utilizzare tali risorse per ripianare buchi. Spero che prima o poi qualcuno prenda provvedimenti e penso che l’atteggiamento recente sulla non tassazione dei magazzini sia un fatto rilevante. Ma sostanzialmente quello che di Decaro non corrisponde al vero perchè nella maggior parte dei casi i comuni incassano la tassa sui rifiuti dalle aziende ma non ritirano un bel niente perchè le aziende smaltiscono privatamente se vogliono andare avanti.