Stiamo costruendo troppi impianti per i rifiuti organici?

di Luigi Palumbo 18/03/2023

Secondo stime del CIC, gli impianti in via di realizzazione al 2025 colmeranno i gap di trattamento al Centro e al Sud, mentre al Nord si sfiorerà un surplus da due milioni di tonnellate. E anche se le raccolte differenziate devono ancora migliorare, tra PNRR e incentivi per il biometano il rischio è di finire in una condizione di ‘overcapacity’


Se non ci fossero i numeri a dimostrarlo si stenterebbe a crederlo. Il Paese del deficit di impianti per il trattamento dei rifiuti, delle sindromi NIMBY e NIMTO che bloccano tutto, ha un problema con i rifiuti organici. Non perché manchino i posti in cui conferirli. Ma perché nel prossimo futuro potrebbero essercene troppi. “Si diceva sempre: la raccolta differenziata sta andando avanti, ma l’impiantistica non riesce a tenere il passo. Ora stiamo andando nella direzione opposta“. Lella Miccolis, presidente del Consorzio Italiano Compostatori e imprenditrice nel settore del recupero dei rifiuti organici non ha dubbi: “La raccolta differenziata ha margini di miglioramento, soprattutto in alcune aree geografiche – dice – ma anche se aumentasse (come deve aumentare) rischiamo di avere più impianti che quantità da trattare“. Di finire cioè in un stato di ‘overcapacity’, con impianti nuovi di zecca che restano mezzi vuoti – Miccolis li chiama “cattedrali nel deserto” – e la concorrenza spietata tra gestori a far crollare le tariffe di conferimento, fino a rischiare di renderle non più adeguate a coprire i costi delle lavorazioni. Ma come siamo arrivati a questo punto?

“L’aumento del rifiuto organico raccolto in maniera differenziata e la dotazione impiantistica sono sempre andati di pari passo – spiega Massimo Centemero, direttore generale del CIC – la cosa adesso è cambiata: tra gli incentivi per il biometano, il PNRR e la necessità di costruire impianti al Sud, c’è stata una grande vivacità imprenditoriale“. Il vero boom, per il settore dei rifiuti organici, è arrivato con la primavera del 2018, ovvero a ridosso dell’attivazione del secondo ciclo di incentivi per la produzione di biometano (rinnovato successivamente fino al 2026). “Tra nuove autorizzazioni, cantieri aperti e impianti inaugurati o da inaugurare è cambiato completamente lo scenario“, dice Lella Miccolis. Tanto che, secondo il CIC, nel 2021 gli impianti operativi, tra quelli di solo compostaggio e quelli che invece integrano anche la fase anaerobica, erano 356 con 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti organici da raccolta differenziata trasformati in compost e biogas e con una capacità complessiva autorizzata non solo in grado di garantire l’autosufficienza a livello nazionale, ma con un surplus di circa 500mila tonnellate.

Resta però un profondo squilibrio territoriale: sul totale degli impianti, nel 2021 quasi due terzi (221) si trovava al Nord, cosa che costringe ancora oggi molti comuni del Centro e del Sud a fare ricorso a onerosi trasporti fuori regione. E anche se il moltiplicarsi degli impianti ha portato a un livellamento delle tariffe di conferimento, tanto che a Napoli – uno dei comuni che ‘esportano’ più organico in Italia – il costo totale per tonnellata è sceso da oltre 200 a 140 euro, c’è però da tenere conto dei principi di autosufficienza e prossimità. Il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti chiede alle regioni di rispettarli, per l’organico, almeno a livello di macroarea. Un obiettivo, spiega il CIC, che i numeri dicono essere a portata di mano.

Da uno screening dei progetti già in via di realizzazione nel 2021, il Consorzio calcola che nel 2025 solo tre regioni, di cui due nel Centro-Sud, avrebbero un deficit di 60mila tonnellate l’una, mentre al Nord il surplus sfiorerebbe i due milioni di tonnellate. Le proiezioni sull’andamento delle raccolte differenziate stimano entro il 2025 un passaggio dagli attuali 7,3 a 9 milioni di tonnellate. Se l’equilibrio nazionale anche in quel caso risulta assicurato, per garantire quello territoriale, nel rispetto dei principi di autosufficienza e prossimità, occorrerà pianificare con grande attenzione quanti e quali impianti costruire, ma soprattutto dove. “Invito a porre molta attenzione sulle dinamiche del mercato attuale”, sottolinea Centemero. Nel frattempo, però, è arrivato il PNRR.

Stando alle graduatorie definitive approvate sul finire dello scorso anno dal MInistero dell’Ambiente sono almeno 13 i progetti relativi al trattamento dell’organico che saranno finanziati con una parte dei 450 milioni di euro messi a disposizione di comuni ed enti d’ambito dal PNRR. I progetti sono concentrati soprattutto nelle regioni del Centro-Sud e in molti casi finanzieranno operazioni di revamping, ovvero l’aggiornamento tecnologico di impianti già esistenti. Discorso diverso invece vale per il nuovo ciclo di incentivi da 1,7 miliardi di euro che, nell’ambito del PNRR, dovrà spingere la produzione di biometano da scarti agricoli e rifiuti organici. In un quadro che tende all’equilibrio, la nuova corsa agli incentivi rende il rischio di overcapacity decisamente concreto. Soprattutto nelle regioni già infrastrutturate.

A differenza di quanto previsto per gli impianti alimentati a scarti agricoli, infatti, per i rifiuti organici da raccolta differenziata la norma che ha disposto gli incentivi li destina solo ai nuovi impianti, escludendo la possibilità che ad accedervi possano essere i progetti di revamping. Cosa che taglia fuori qualunque iniziativa per trasformare gli impianti di semplice compostaggio in impianti di digestione anaerobica. Ma anche i progetti per ammodernare i circa 50 impianti di digestione anaerobica che nel 2021 hanno prodotto 200 milioni di metri cubi di biogas, trasformandolo in energia elettrica e termica. Dotandoli di un sistema di upgrading, si potrebbe metterli nelle condizioni di produrre circa 100 milioni di metri cubi di biometano. “Se gli incentivi andassero al potenziamento degli impianti esistenti aumenteremmo la competitività del sistema e non dovremmo ‘litigare’ per i rifiuti” osserva Lella Miccolis, dicendosi “spaventata dall’idea che possano nascere impianti destinati a rimanere cattedrali nel deserto“. thekuyhaa.com Anche perché i rifiuti, prima di trasformarli in compost o biometano, bisogna soprattutto ridurli. “La gerarchia europea è chiara”, dice.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *