Scade oggi il termine ultimo per la comunicazione da parte delle utenze non domestiche della volontà di affidare al mercato i propri rifiuti urbani. Ma la mancata adozione delle tariffe comunali, anche a Roma, impedisce alle imprese di valutare la convenienza o meno della scelta
Scade oggi per le attività commerciali, artigianali e industriali il termine ultimo per la comunicazione al comune o al gestore della raccolta della volontà di non avvalersi del servizio pubblico per il conferimento dei propri rifiuti urbani simili (gli ex assimilati) al fine di ottenere, a partire dal 2022, riduzioni della parte variabile della Tari in rapporto alle quantità avviate a recupero tramite operatori privati, come definito nei giorni scorsi dalla legge di conversione del decreto sostegni in attuazione della nuova disciplina tributaria sui rifiuti urbani introdotta dal decreto legislativo 116 del 2020. Ma come fare a scegliere al meglio se non si possono valutare in anticipo gli effetti della scelta?
Se la fuoriuscita va comunicata entro oggi, il termine ultimo per l’approvazione delle tariffe del servizio pubblico e dei regolamenti Tari al momento resta invece fissato al 30 giugno. Ciò significa che nei comuni in cui questi non siano ancora stati definiti, le aziende non hanno avuto la possibilità di effettuare alcuna comparazione tra i costi del servizio privato e quelli del servizio pubblico, e quindi di scegliere la soluzione per loro più conveniente. Meglio pagare un operatore di mercato e ottenere riduzioni della parte variabile della Tari per le quantità avviate a recupero, o restare con il servizio pubblico e pagare solo la Tari, ma per intero? Di fatto molte utenze non domestiche, soprattutto quelle che non avevano contratti già in essere con operatori di mercato, sono oggi costrette a scegliere ‘al buio’.
A lanciare l’allarme sono ancora una volta le associazioni datoriali, denunciando come, pur volendo scegliere, oggi molte aziende non siano nelle condizioni di poterlo fare al meglio. Come a Roma. dove, ricorda la CNA “ad ora non si conoscono le nuove tariffe AMA e non è possibile fornire alcuna indicazione su vantaggi o svantaggi di una scelta rispetto ad un’altra” scrive l’associazione, definendo ancora una volta “illegittima e non vincolante tale comunicazione”. Stessa storia in Toscana, dove, spiega Anna Rita Bramerini, direttore di CNA Grosseto “ad oggi, non sono state rese note le tariffe per il conferimento di questi rifiuti al gestore pubblico e quindi, di fatto, le imprese non hanno sufficienti elementi per effettuare la loro scelta”.
Insomma, oltre al danno la beffa per le imprese, da sempre contrarie all’imposizione di qualsiasi vincolo temporale o obbligo di comunicazione legato alla scelta tra pubblico e privato. Come l’indicazione anticipata, all’atto della comunicazione al comune, delle qualità e quantità dei rifiuti da avviare a recupero indipendente, o il riferimento contenuto nel decreto legislativo 116 del 2020 alla necessità per chi scelga il privato piuttosto che il pubblico, di farlo per almeno cinque anni. “Il legislatore pretende che l’impresa sappia con un anno di anticipo i rifiuti che produrrà e debba scegliere e vincolarsi per cinque anni tra la raccolta pubblica urbana e quella di mercato, senza avere termini di comparazioni economici certi – denuncia Massimiliano Santini, direttore CNA Ancona – incertezza e confusione stanno creando un’autentica contrapposizione tra pubblico e privato in un ambito complesso e delicato, che andava concertato e compensato in tempi utili ad evitare pasticci”. “CNA – assicura Barbara Gatto, responsabile nazionale green economy – è già al lavoro su una serie di proposte di modifica alla normativa per chiedere definitivamente l’eliminazione di ogni riferimento al vincolo dei 5 anni, come peraltro chiesto anche dall’antitrust, e che venga chiarito una volta per tutte il carattere non vincolante di questa comunicazione“.