Acque reflue, via libera alla responsabilità estesa per cosmetici e farmaceutica

di Redazione Ricicla.tv 29/01/2024

Consiglio e Parlamento dell’Ue hanno raggiunto l’intesa sulla revisione della direttiva sul trattamento delle acque reflue. Via libera all’istituzione di un regime di responsabilità estesa del produttore per l’industria cosmetica e farmaceutica, con l’obiettivo di finanziare (almeno all’80%) i costi della rimozione dei microinquinanti


Sì all’introduzione di un regime di responsabilità estesa del produttore per coprire i costi di trattamento avanzato delle acque reflue urbane. Lo prevede l’intesa raggiunta nel pomeriggio di oggi da Parlamento e Consiglio dell’Ue sulla revisione della direttiva quadro sulla depurazione. Un provvedimento che punta a rafforzare la disciplina comunitaria in materia, promuovendo un’azione più decisa sul fronte della decontaminazione, ma anche estendendone lo scopo su fronti come riuso, efficienza energetica e decarbonizzazione. “L’accordo apre la strada alla definizione degli standard più elevati per il trattamento delle acque reflue urbane e il monitoraggio – ha commentato Alain Maron, ministro dell’ambiente del Belgio e rappresentante della presidenza di turno del Consiglio – in modo che non rilascino sostanze nocive, come microplastiche o PFAS, nell’ambiente”.

Giunto al termine di un lungo negoziato, l’accordo si colloca a metà strada tra le posizioni più ambiziose (e vicine alla proposta della Commissione) espresse dal Parlamento e quelle più prudenti avanzate invece dagli Stati membri. Sì all’estensione del campo di applicazione, che passa dagli attuali agglomerati con 2000 abitanti equivalenti a 1000, come proposto da Bruxelles (non 750 come chiedeva l’europarlamento, né i 1250 proposti dal Consiglio). Posticipato al 2035, rispetto al 2030 proposto dalla Commissione, il termine ultimo per gli Stati membri per dotarsi di sistemi di collettamento dei reflui in tutti gli agglomerati dai 1000 abitanti equivalenti in su, mentre deroghe saranno previste per gli Stati che hanno fatto il loro ingresso nell’Unione dopo il 2004 o il 2006.

Rispetto alla proposta della Commissione, l’obbligo di dotarsi di trattamento secondario (per la rimozione della materia organica) viene posticipato dal 2030 al 2035 per tutti gli agglomerati superiori ai 1000 abitanti equivalenti, mentre il trattamento terziario (rimozione di fosforo e azoto) e quello quaternario (microinquinanti) saranno obbligatori rispettivamente dal 2039 e dal 2045 per tutti gli agglomerati superiori ai 150mila abitanti equivalenti e, dal 2045, per i soli agglomerati da 10mila abitanti che scaricano in zone a rischio. Per finanziare il trattamento quaternario, prevede la vera grande novità della proposta di riforma, sarà istituito un regime di responsabilità estesa del produttore per l’industria cosmetica e farmaceutica, che dovranno contribuire almeno all’80% dei costi aggiuntivi. Una formulazione che lascia insoddisfatta l’associazione dei gestori idrici EurEau, secondo cui porre un limite al contributo dei produttori significa “non considerare l’accessibilità economica dei servizi essenziali come i servizi idrici”, visto che una parte dei costi dovrà essere ribaltata sulle tariffe.

Tra le novità anche un obiettivo inedito di neutralità energetica: entro il 2045 tutti gli impianti di trattamento dovranno soddisfare il proprio fabbisogno con energia da fonti rinnovabili, prodotta sia dentro che fuori dal sito. Ai fini del calcolo finale, precisa inoltre l’intesa, sarà possibile acquistare fino al 35% di energia da fonti esterne all’impianto. Una formulazione più morbida di quella proposta inizialmente dalla Commissione, e sottoscritta anche dal Parlamento, secondo cui l’obiettivo del 100% di neutralità energetica andava raggiunto solo con energia ‘on site’ ed entro il 2040. Il testo dell’accordo provvisorio sarà ora discusso da Consiglio e Parlamento in vista dell’adozione finale.

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