Partenza a rilento per il nuovo ciclo di incentivi al biometano, assegnati per meno della metà del coefficiente disponibile. Pichetto: “Verifichiamo semplificazioni procedurali”. Ma il problema sono i tempi
Partenza con il freno a mano tirato per il nuovo ciclo di incentivi per la produzione di biometano. Sono 60 gli interventi che potranno accedere alla prima tranche del regime di sostegni finanziato con 1,7 miliardi di euro dal PNRR per spingere la produzione di metano verde da scarti agricoli e rifiuti organici. “Un percorso serrato che, in linea con le scadenze del PNRR, ci deve portare a liberare le energie e le potenzialità di questo settore” ha detto il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, valutando come “soddisfacente nei numeri” la procedura. La quota da traguardare resta quella dei 2,3 miliardi di metri cubi entro il 2026 (nel 2021 erano 284 milioni), ma la prima tappa intermedia del PNRR prevede la produzione di almeno 0,6 miliardi entro la fine di quest’anno. Un obiettivo sulla cui raggiungibilità nelle scorse settimane la Corte dei Conti aveva sollevato non pochi dubbi e che oggi appare ancora più lontano, dal momento che lo strumento degli incentivi sembra non essere riuscito a imprimere l’accelerazione auspicata.
Stando alla graduatoria definitiva approvata dal GSE, al termine della prima procedura competitiva risulta assegnato meno della metà del coefficiente di produzione disponibile, pari a circa 30mila su 67mila metri cubi orari. Significativo il dato sulle domande presentate, che coprivano appena 36mila metri cubi, cifra solo di poco superiore al coefficiente effettivamente ammesso agli incentivi. Segno di una evidente difficoltà di partecipazione al bando. “Stiamo verificando con il GSE possibili aggiustamenti e semplificazioni procedurali per consentire una più agevole fruizione delle risorse a disposizione”, ha chiarito il ministro Pichetto, ammettendo di fatto l’esistenza di un problema. Il coefficiente non assegnato verrà ribaltato sulle prossime tranche, fino all’esaurimento del totale disponibile, pari a 257mila metri cubi. Ma la strada resta tutta in salita.
La falsa partenza del ciclo di incentivi, del resto, non è propriamente un fulmine a ciel sereno, visto che nei mesi scorsi gli operatori avevano più volte puntato il dito proprio contro “il percorso serrato” richiamato da Pichetto. Stando alle tempistiche imposte dal PNRR, infatti, gli interventi incentivati – siano essi di nuova costruzione o revamping – non possono partire prima della pubblicazione delle graduatorie definitive e devono essere completati entro il giugno del 2026. Tempi troppo risicati, denunciava il Consorzio Italiano Biogas, tanto più alla luce delle incertezze legate al rilascio delle autorizzazioni e all’andamento del costo dei materiali. Variabili che sembrano aver fatto da vero e proprio deterrente e di fronte alle quali potrebbe rivelarsi inefficace qualunque tentativo di snellimento procedurale. Anche perché se i progetti entrati nella prima graduatoria dovranno essere completati nel giro di meno di tre anni, quelli dei prossimi bandi avranno a disposizione ancora meno tempo.
Le criticità del bando, insomma, sono strutturali. Come quelle che riguardano il capitolo rifiuti. Nella graduatoria definitiva approvata dal GSE figurano 37 nuovi impianti da scarti agricoli e 14 riconversioni di impianti agricoli a biogas già esistenti, ma solo 9 nuovi impianti per la frazione organica dei rifiuti urbani. Numeri che confermano la limitata appetibilità del bando per gli operatori di settore, frenati da una tariffa incentivante non particolarmente elevata, pari a 62 euro al MWh a fronte dei 110 o 115 riconosciuti agli impianti agricoli. A condizionare la procedura potrebbe però aver contribuito anche l’esclusione dal novero degli interventi incentivabili delle riconversioni di impianti a biogas da rifiuti già esistenti. Una scelta contestata dagli operatori, utility in testa, visto che ha lasciato fuori una cinquantina di impianti con una capacità produttiva di circa 200 milioni di metri cubi di biogas. Convertibili a loro volta in circa 100 milioni di metri cubi di biometano. Un’occasione persa, che nessuno snellimento potrebbe riuscire a recuperare.