Biometano, proposta estensione degli incentivi al revamping di impianti forsu

di Luigi Palumbo 02/10/2023

Non c’è solo la misura anti inflazione approvata al Senato: nelle proposte di modifica del PNRR il governo punta a rilanciare gli incentivi al biometano estendendoli anche al revamping degli impianti forsu. Ma ‘l’outlook’ resta negativo e Palazzo Chigi chiede perciò di cancellare l’obiettivo dei 600 milioni di metri cubi di nuova produzione entro fine 2023


Intervenire sulle regole del nuovo ciclo di incentivi al biometano per allargare la platea degli interventi ammissibili. Questa una delle strade che il governo proverà a percorrere per rilanciare il regime di sostegni finanziato dal PNRR con 1,7 miliardi di euro e con scadenza a giugno 2026. La strada è però stretta e in salita, visto che intreccia il negoziato in corso con la Commissione europea sulla rimodulazione del Piano. Il dossier con le 144 proposte di modifica trasmesso lo scorso 7 agosto a Bruxelles – dove dovrà essere valutato entro fine dicembre – include infatti anche una profonda revisione degli incentivi alla produzione di metano verde da rifiuti e scarti agricoli, a partire dalla loro estensione agli interventi di revamping degli impianti di produzione di biogas alimentati con la frazione organica dei rifiuti urbani (forsu), attualmente esclusi. Si tratta di una cinquantina di impianti con una capacità produttiva di circa 200 milioni di metri cubi di biogas, convertibili in circa 100 milioni di metri cubi di biometano.

Riportando il revamping degli impianti a biogas da forsu nel perimetro degli interventi incentivabili il governo prova a rilanciare un meccanismo rispetto al quale, tuttavia, ‘l’outlook’ continua a rimanere negativo. Tanto che, come confermato in occasione dell’ultima cabina di regia PNRR convocata dal ministro per il Sud Raffaele Fitto e presieduta dalla premier Giorgia Meloni, nelle proposte di modifica inviate a Bruxelles è stata chiesta la riduzione dell’obiettivo dei 2,3 miliardi di metri cubi di produzione ulteriore di biometano al giugno 2026 ma soprattutto lo stralcio del target intermedio dei 600 milioni di metri cubi da raggiungere entro il 31 dicembre di quest’anno. Un traguardo considerato irraggiungibile, come aveva già scritto nei mesi scorsi la Corte dei Conti, che rischia pertanto di compromettere lo sblocco della quinta rata del PNRR da parte della Commissione. Un rischio che è tutto nei numeri della gara per la prima tranche di incentivi, conclusasi con l’assegnazione di un coefficiente di 30mila metri cubi sui 67mila disponibili, ma soprattutto con domande per appena 36mila metri cubi. Segno che gli incentivi non sono stati in grado di catalizzare l’interesse delle imprese e sbloccare nuovi investimenti.

Nell’attesa di conoscere il responso di Bruxelles sulla revisione del meccanismo, un primo assist per gli operatori è arrivato dal Parlamento, con l’approvazione in Senato di un emendamento alla legge di conversione del decreto asset (che entro questa settimana dovrà essere approvata definitivamente dalla Camera) che obbliga il GSE ad adeguare all’andamento dell’inflazione sia le tariffe incentivanti che i contributi in conto capitale. La misura dovrebbe offrire maggiori garanzie di ritorno sugli investimenti soprattutto alle medio piccole aziende agricole, scoraggiate dall’aumento dei costi energetici e dei materiali legato anche al conflitto in Ucraina, che “ha eroso sensibilmente i margini previsti nei business plan” ha spiegato il senatore e componente della commissione ambiente Roberto Rosso.

A giorni il GSE dovrebbe pubblicare la graduatoria del secondo bando, che ha messo a disposizione un contingente incentivabile di oltre 108mila metri cubi, inclusa la capacità non assegnata nella prima gara. Le candidature si sono chiuse lo scorso 12 settembre, ciò significa che per misurare l’efficacia dell’intervento approvato al Senato (se il dl asset sarà convertito in legge entro la scadenza) bisognerà attendere l’apertura del bando successivo, prevista entro la fine del 2023. Non è però da escludere uno slittamento al 2024, soprattutto se la Commissione Ue dovesse tardare a esprimersi sulla proposta di allargamento della platea.

Sia l’intervento sui valori degli incentivi che l’apertura al revamping degli impianti forsu, tuttavia, potrebbero non bastare a risollevare le sorti del ciclo di sostegni. Per gli impianti agricoli restano infatti le difficoltà legate all’ottenimento della certificazione di sostenibilità del biometano, mentre sul fronte della forsu le iniziative sono scoraggiate dalla tariffa non particolarmente elevata, pari a 62 euro al MWh a fronte dei 110 o 115 riconosciuti agli impianti agricoli. In più, resta il nodo dei margini temporali sempre più compressi imposti dal PNRR. Gli interventi che accedono agli incentivi – siano essi di nuova costruzione o revamping – non possono partire prima della pubblicazione delle graduatorie definitive e devono essere completati entro il giugno del 2026. Ciò significa che gli assegnatari dei prossimi bandi avranno a disposizione meno di tre anni per avviare e portare a termine i lavori. Tempi stretti, forse troppo, per un paese che continua a non brillare per la rapidità dell’execution.

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