Consumo di suolo: nel 2021 sfiora i 70 km quadrati di nuove coperture artificiali, il valore più alto dell’ultimo decennio

di Rosanna Auriemma 26/07/2022

Tra il 2006 e il 2021 l’Italia ha perso 1.153 km2 di suolo naturale con una media di 77 km2 all’anno. Tra le cause principali l’espansione urbana che provoca la perdita di aree verdi e biodiversità, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno. Questi i dati emersi dall’ultimo Rapporto sul consumo di suolo 2022 a cura di SNPA

Con una media di 19 ettari al giorno e una velocità che supera i 2 m2 al secondo, nel 2021 il consumo di suolo in Italia sfiora i 70 kmdi nuove coperture artificiali in un solo anno, raggiungendo il valore più alto mai registrato nell’ultimo decennio. Il cemento ormai ricopre 21mila 500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5mila 400, cioè un’area grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato. Solo Como, Impruneta e Marano di Valpolicella conquistano il titolo di ‘Comune Risparmia suolo‘ del 2022. È questo il quadro emerso dal Rapporto SNPA 2022 sul consumo di suolo in Italia che fornisce dati aggiornati sui processi di trasformazione della copertura del suolo a livello nazionale, comunale e provinciale.

Nell’arco di tempo compreso tra il 2006 e il 2021 l’Italia ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno. Tra le cause principali l’espansione urbana e le sue trasformazioni collaterali che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca anche “la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici – spiega Marco Lupo, vicepresidente SNPA – con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno. Credo che non si possa nascondere una certa delusione. I dati presentati da SNPA confermano che nel nostro Paese a parole c’è una grande condivisione delle tematiche legate alla transizione ecologica, ma poi, quando si tratta di tradurre questi concetti in azioni concrete, le cose si fanno complicate”. Il suolo consumato pro capite aumenta in Italia nel 2021 di 3,46 m2/ab e di 5,46 m2/ab rispetto al 2019 con un trend in crescita. Si passa, infatti, dai circa 349 m2/ab nel 2012 ai circa 363 m2/ab di oggi.

A livello regionale è la Valle d’Aosta la regione con il consumo inferiore di suolo, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata. La Liguria, invece, è riuscita a contenere il nuovo consumo di suolo al di sotto dei 50 ettari, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si mantengono sotto ai 100 ettari. Gli incrementi maggiori si sono registrati in Lombardia (con 883 ettari in più), Veneto (+684 ettari), Emilia-Romagna (+658), Piemonte (+630) e Puglia (+499). I valori percentuali più elevati si collocano anche quest’anno in Lombardia (12,12%), Veneto (11,90%) e Campania (10,49%). Tra i comuni, Roma conferma la tendenza dell’ultimo periodo e anche quest’anno consuma più suolo di tutte le altre città italiane: in 12 mesi la Capitale perde altri 95 ettari di suolo.

Stando al rapporto, Venezia (+24 ettari relativi alla terraferma), Milano (+19), Napoli (+18), Perugia (+13), e L’Aquila (+12) sono i comuni capoluogo di regione con i maggiori aumenti. “L’Italia ha raggiunto un valore pari al 7,13% di superficie artificiale, in aumento rispetto a quindici anni fa quando la percentuale era pari a 6,75%, a fronte di una media europea di circa il 4%. Le regioni che nel corso di questi quindici anni sono state interessate dalle maggiori trasformazioni sono Veneto, Lombardia, Puglia, Emilia-Romagna, Sicilia, seguite da Campania, Lazio e Piemonte” afferma Michele Munafò di Ispra.

Oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine, cancellando proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. In costante aumento il numero di nuovi edifici costruiti, oltre 1.120 ettari in più in un anno distribuendosi tra aree urbane (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Secondo il rapporto SNPA, sarebbe possibile correre ai ripari intervenendo sugli oltre 310 km2 di edifici non utilizzati e degradati esistenti in Italia, una superficie pari all’estensione di Milano e Napoli. “A causa di questa crisi di governo si blocca l’iter della legge sulla rigenerazione urbana. Questo è un grande peccato – dichiara Enrico Giovannini, ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili – perché nove mesi intensi di lavoro avevano consentito a tutte le forze di maggioranza di condividere un testo che avrebbe dato a questo Paese dopo anni e anni una legge sulla rigenerazione urbana nella direzione del riuso del suolo esistente, anziché del consumo di nuovo suolo nelle città”.

Il Veneto è la regione che ha la maggior superficie di edifici rispetto al numero di abitanti (147 m2/ab), seguita da Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Piemonte, tutte con valori superiori ai 110 m2/ab. I valori più bassi si registrano invece nel Lazio, in Liguria e Campania, rispettivamente con 55, 60 e 65 m2/ab, a fronte di una media nazionale di 91 m2/ab. Prosegue, inoltre, il consumo di suolo dovuto alla costruzione di nuovi poli logistici rilevati anche in aree a pericolosità idrogeologica elevata: ben 323 ettari nel 2021 prevalentemente nel Nord-Est (105 ettari) e nel Nord-Ovest (89 ettari). Poche, invece, le installazioni di nuovi impianti fotovoltaici a terra fotografate dal rapporto nel 2021 (solo 70 ettari), ma gli scenari futuri prevedono un incremento stimato in oltre 50 mila ettari, circa 8 volte il consumo di suolo annuale. Oggi, oltre 17 mila ettari sono occupati da questo tipo di impianti, in modo particolare in Puglia (6mila 123 ettari, circa il 35% di tutti gli impianti nazionali), in Emilia-Romagna (1.872) e nel Lazio (1.483).

“Questi dati devono servire a chi governa il territorio sia a livello nazionale che locale – afferma Maria Siclari, direttore generale Ispra – per adottare quei provvedimenti di sostenibilità che ci permetteranno di raggiungere una vera transizione ecologica. I dati emersi dal rapporto sono uno strumento utile anche per i cittadini, perché si uniscono al grido d’allarme e alla coralità di chi pensa che sia giunto il momento di fare qualcosa contro uno scenario così drammatico, quale quello attuale”.

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