Costruzioni e demolizioni: quei rifiuti dimenticati

di Giuseppe De Stefano 08/04/2016

Quando di questi tempi lo scorso anno il comparto rifiuti ha pagato gli effetti della schizofrenia normativa del legislatore in materia di classificazione causata dal pasticciato avvicendamento tra la norma nazionale e quella comunitaria, uno dei segmenti più colpiti dagli improvvisi e temporanei cambiamenti fu quello dell’edilizia. La classificazione di alcune categorie di scarto come pericoloso rispondeva infatti ad un principio di eccessiva precauzionalità che finì per trasformare, sia pure temporaneamente (e per fortuna brevemente), i calcinacci raccolti dai cantieri di ogni proporzione e natura in rifiuti speciali pericolosi, costringendo produttori e trasportatori a tutti gli obblighi derivanti da quella condizione, compreso il Sistri.

Il ritorno alla normalità, però, non ha fatto che riportare questa voce nel dimenticatoio del legislatore, nonostante con il 37,4% siano la fetta più ampia in cui sono ripartiti i rifiuti speciali per attività economica, per una quantità assoluta corrispondente a 49 milioni di tonnellate (Fonte Ispra, Rapporto Rifiuti Speciali 2015). Numeri in linea con le statistiche europee, giacché anche a Bruxelles c’è la convinzione di dover colpire il settore di costruzioni e demolizioni per tagliare la produzione di rifiuti speciali nel Vecchio Continente efficientandone la gestione e quindi incrementando il tasso di recupero.

rifiuti costruzioni, dato ispra

Sempre il rapporto Ispra, tuttavia, rivela che in Italia il ricorso alla discarica rimane una delle forme di smaltimento più utilizzate, rappresentando la modalità riservata al 35,7% del totale smaltito. È questa la fine che in Italia fanno la stragrande maggioranza dei rifiuti da costruzione, ed è questa la denuncia della CNA Costruzioni, che si scaglia contro lo scarso ricorso al recupero dei rifiuti da costruzione e demolizione nel nostro Paese. La responsabilità del legislatore sta in una scarsa attenzione per le esigenze e per la realtà di chi lavora sui cantieri ogni giorno, sia per la mancanza di un’offerta organica e diffusa sul territorio nazionale, sia perché non viene affrontato il problema dei costi. Basti pensare che uno dei provvedimenti più discussi in materia nelle ultime settimane, vale a dire la norma di semplificazione della disciplina in materia di terre e rocce da scavo all’esame delle Commissioni Ambiente sia di Montecitorio che di Palazzo Madama, rischia di indirizzare alla discarica il materiale di risulta di svariati cantieri.

Per questo la divisione costruzioni della Cna ha deciso di inviare alla Commissione Europea un documento contenente una serie di proposte che puntano ad incentivare e facilitare il riuso e la rigenerazione degli scarti edili, oltre all’introduzione più massiccia di materiali riciclati nel comparto delle costruzioni. Una proposta che cerca di cavalcare l’onda della discussione sulle misure per l’Economia Circolare giacché proprio nelle prossime settimane dovrebbero iniziare i lavori del Parlamento Europeo in materia, giacché il pacchetto firmato dall’Esecutivo comunitario prevede una modifica della direttiva quadro per favorire l’uso sostenibile delle risorse e la gestione dei rifiuti. Uno degli obiettivi della Commissione UE è proprio quello di recuperare il 70% in peso dei rifiuti da demolizione e costruzione entro il 2020.

In questo senso le proposte della CNA Costruzioni puntano ad ottenere dei provvedimenti incentivanti nel corpus normativo italiano. Nello specifico la prima richiesta è quella di introdurre un provvedimento fiscale che incentivi in forma di sgravi per chi acquista materiali riciclati da una parte, e dall’altra per chi appronta tecniche selettive di demolizione per favorire la differenziazione e quindi il recupero dei materiali. I provvedimenti normativi proposti puntano invece a semplificazioni amministrative e regolamentari per recupero ed utilizzo in cantiere di una parte dl materiale di risulta, nonché esempi concreti di produzione e relativa commercializzazione di materiali riciclati tramite impianti fissi. Sul fronte della formazione si richiede invece una promozione delle buone pratiche indirizzata agli operatori del comparto per informarli sulle possibili modalità di riciclo dei materiali.

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