Imballaggi: “Regolamento Ue mette in discussione il sistema italiano di raccolta differenziata”

di Monica D'Ambrosio 07/03/2024

Il nuovo regolamento imballaggi, nella versione sulla quale Parlamento e Consiglio Ue hanno trovato l’accordo, è un provvedimento “soprattutto mediatico” che però “metterà in discussione il sistema italiano di raccolta differenziata”, spiega a Ricicla.tv il responsabile relazioni esterne del consorzio Corepla Andrea Campelli


Tra divieti “mediatici” e l’imposizione di nuovi regimi, come il deposito cauzionale, il nuovo regolamento europeo sugli imballaggi, così come emerge dall’intesa raggiunta nei giorni scorsi tra Parlamento e Consiglio Ue, colpirà duramente il settore del packaging in plastica ma soprattutto “metterà in discussione il sistema italiano di raccolta differenziata”, spiega a Ricicla.tv il responsabile relazioni esterne del consorzio Corepla Andrea Campelli. “Un’occasione mancata, sia dal punto di vista della sostenibilità che dal punto di vista politico”, dice.

Il regolamento era partito, nelle intenzioni della Commissione europea, come un giro di vite a 360 gradi sugli imballaggi, in particolare su quelli monouso. Alla luce degli ultimi sviluppi pare però essere diventato una misura che punirà quasi esclusivamente il settore della plastica. È così?

“È vero. L’iniziativa era nata nell’ambito del Green Deal per ridurre l’impatto ambientale di tanti materiali da imballaggio e dei rifiuti da imballaggio ma alla fine si sta delineando un’intesa che punisce in maniera particolare alcuni materiali, e tra questi soprattutto la plastica. Siamo convinti che questo regolamento, nato sotto una forte spinta ideologica, sia soprattutto ‘mediatico’”.

Cosa intende?

“C’è l’esigenza di raccontare qualche risultato, e quelli più facili ma non necessariamente più utili per l’ambiente sono proprio quelli come la messa al bando delle monodosi nei ristoranti o della plastica per avvolgere frutta e verdura. Non crediamo siano misure capaci di avere effetti significativi sotto il profilo ambientale, mentre siamo sicuri che li avranno sul piano industriale. Ci sono interi comparti che rischiano di doversi reinventare, e immaginare strategie o addirittura fare investimenti non è semplice quando c’è un simile livello di incertezza. Il regolamento è di fatto un’occasione mancata, sia dal punto di vista della sostenibilità che dal punto di vista politico. Aspettiamo di conoscere il testo definitivo, ma la delusione nel nostro comparto è grande”.

L’intesa tra Consiglio e Parlamento prevede, tra le altre cose, anche l’obbligo di istituire sistemi di deposito cauzionale (DRS) per la raccolta dei contenitori per liquidi alimentari in plastica e metallo con una deroga per i paesi che riescano a raggiungere nel 2026 un tasso di intercettazione dell’80%. Come stiamo messi?

“Per le bottiglie in PET siamo abbastanza vicini all’obiettivo, visto che oggi il tasso di raccolta di Corepla è intorno al 67%. Abbiamo già messo in campo soluzioni per fare ancora di più e meglio, come la raccolta selettiva, che anche grazie a un cofinanziamento PNRR consentirà a Corepla di installare nei prossimi due anni oltre1200 macchine ‘mangiaplastica’ finalizzate proprio alla raccolta del PET alimentare. L’obiettivo quindi è alla nostra portata”.

E se entro i prossimi tre anni non dovessimo raggiungerlo dovremmo affiancare al sistema nazionale di raccolta differenziata, basato sulla responsabilità estesa dei produttori, un nuovo regime basato su cauzionamento e ‘reverse vending machines’.

“Il regolamento anche in questo caso è farcito di divieti e obblighi e non lascia spazio alle alternative, anche se crediamo che sul DRS ci sia ancora molta incertezza. Non è chiaro chi pagherebbe le nuove macchine per il ritiro degli imballaggi, e in più il rincaro dei prezzi delle bevande avrebbe un sicuro effetto inflattivo. Il regolamento è fatto su misura per il sistema tedesco, dove il deposito cauzionale c’è già e dove però la struttura della grande distribuzione, ad esempio. è completamente diversa dalla nostra, con minori punti vendita ma molto più grandi. Uno degli impatti di questa misura, in un certo senso, è la messa in discussione del nostro sistema di raccolta differenziata. Che da più di 25 anni è entrato nella vita delle persone e dà frutti incredibili. Il regolamento invece fa un passo indietro per favorire paesi che su questo non hanno fatto nulla. Forse, lo dico come una provocazione, sarebbe stato più utile e più efficace introdurre l’obbligo di raccolta differenziata per tutti”.

Al momento però la partita non è ancora finita. Manca il passaggio finale in Consiglio e Parlamento ma soprattutto manca ancora l’ok della Commissione. Che non ha siglato l’intesa degli scorsi giorni in polemica con la volontà dei colegislatori di limitare l’accesso al mercato europeo per il polimeri riciclati provenienti da paesi terzi. Una misura che Bruxelles considera protezionistica e che invece nelle scorse settimane le imprese del riciclo hanno invocato a gran voce. Come andrà a finire?

“È davvero difficile dirlo. L’iter legislativo di questo provvedimento è molto strano, e sta denotando un fortissimo disaccordo. Frutto anche delle ultime evoluzioni politiche (per dirne una Frans Timmermans, il commissario proponente, non è più membro della Commissione), e influenzato sicuramente dalle imminenti elezioni. Nello specifico, per quanto riguarda la misura contestata dalla Commissione, non si tratta di protezionismo, ma di aiutare le imprese europee e non esporre il fianco all’importazione di materiali da paesi extra Ue. Cosa che peraltro è già successa con l’entrata in vigore della direttiva SUP, quando con grande enfasi mediatica e toni trionfalistici le posate di plastica, che potevano essere regolarmente riciclate, sono state bandite a favore di posate in legno, o altri materiali, importate dalla Cina e trattate con sostanze di dubbia compatibilità con l’uso alimentare. Oggi rischiamo di riproporre un caso del genere. A fronte di un regolamento che rischia di mettere a repentaglio imprese e posti di lavoro, aprire le porte all’importazione di materiali riciclati è un ulteriore danno. Qualche rinuncia, in nome della sostenibilità, dobbiamo farla, certo. Sembra però che a fare queste rinunce debbano essere sempre gli stessi soggetti”.

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