C’era una volta il responsabile tecnico, figura di cui ognuna delle 20mila imprese italiane iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, è dotata. Per diventare rt non era necessario avere titoli di studio superiori, bastava la partecipazione ad un corso seguito presso una scuola accreditata dalla regione di appartenenza che, a fine corso, rilasciava il titolo abilitante all’esercizio della professione. In Italia, secondo stime approssimative, a fronte delle 20mila imprese esistenti, i responsabili tecnici sarebbero solo 6 o 7mila, visto che in molti casi è il titolare stesso dell’impresa a svolgere il ruolo di rt. I restanti 6-7mila ricoprirebbero insomma più di un incarico contemporaneamente. Fin qui tutto bene. O quasi. La vera svolta arriverà dal prossimo ottobre, quando le cose dovrebbero drasticamente cambiare in virtù di due delibere approvate lo scorso maggio dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali che introdurranno nuovi requisiti e modalità di verifica della formazione per gli aspiranti responsabili. Rendendo i corsi di formazione professionale non più sufficienti all’abilitazione ma solo utili alla preparazione in vista delle prove obbligatorie d’esame da sostenere presso le sedi regionali dell’Albo. Ipotesi di fronte alla quale, le scuole di formazione, alcuni ordini professionali e le associazioni che rappresentano i responsabili tecnici stanno valutando di adire le vie legali.