Rifiuti, Emiliano: “Blocco dei fondi di coesione ostacola il nostro piano”

di Redazione Ricicla.tv 11/03/2024

Dalla realizzazione dei nuovi impianti di trattamento dell’organico, ritardata dallo stallo sui fondi FSC, alle strategie per ridurre il ricorso alla discarica puntando sul recupero energetico, passando per il rapporto tra gestioni pubbliche e libera concorrenza: cosa è emerso dalla seconda edizione degli Stati Generali dei Rifiuti in Puglia


“C’è bisogno di sostenere i comuni in difficoltà con le tariffe rifiuti. A patto che il governo ci assegni il Fondo di Sviluppo e Coesione“. Anche il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano si è aggiunto al coro degli amministratori territoriali in polemica con Palazzo Chigi per i ritardi nello sblocco dei fondi FSC. E lo ha fatto dal palco della seconda edizione degli Stati Generali dei Rifiuti in Puglia, il format di Ricicla.tv che, dopo lo scorso anno, è tornato al teatro Petruzzelli di Bari per fare il punto sull’avanzamento delle politiche territoriali di gestione degli scarti urbani e speciali. Un ‘j’accuse’, quello di Emiliano, dai toni meno accesi di quelli del governatore della Campania Vincenzo De Luca, ma del tutto assimilabile nella sostanza. “Io non sono così feroce come Vincenzo De Luca con il ministro Fitto – ha detto – ma si capisce quanto sono arrabbiato. È evidente che il blocco ci impedisce di realizzare gli interventi previsti dal nostro piano rifiuti per supportare i Comuni. Come i centri di raccolta o la tariffa puntuale”.

Se in Campania lo scontro sui fondi FSC sta frenando l’attuazione del piano di smaltimento delle ecoballe, in Puglia il ritardo nella sigla dell’accordo di coesione – in ballo ci sono 4,6 miliardi di euro – ostacola anche e soprattutto la realizzazione dei nuovi impianti pubblici di trattamento dei rifiuti urbani, che nel disegno strategico della Regione, ha chiarito Emiliano, dovranno servire a calmierare le tariffe di trattamento applicate dagli operatori privati attivi sul territorio pugliese. “Abbiamo cercato di equilibrare la forte e preziosa presenza dei privati, assolutamente indispensabile, integrandola con impianti pubblici, prevalentemente di compostaggio, che tengano basse le tariffe. Il mercato è bellissimo, ma certe volte gli sbilanciamenti possono mandare in crisi un comune”, ha chiarito. Parole che arrivano all’indomani della riattivazione del sistema degli ‘impianti minimi’ di ARERA, nato proprio per regolare le tariffe dei gestori privati nelle regioni in deficit di trattamento, ma anche nelle more degli esiti del ricorso al TAR presentato dall’antitrust contro la newco regionale ASECO, braccio operativo dell’ente di governo regionale del ciclo rifiuti AGER per la realizzazione e gestione in house dei nuovi impianti pubblici. “Si è avuto il timore che la nuova società potesse acquisire un ruolo tale da influenzare il mercato, ma non è questo lo scopo. Lo scopo è avere un sistema di sicurezza, pubblico. Non credo questo leda la concorrenza”.

Dal canto loro le imprese private rivendicano i benefici della libera concorrenza, chiarendo che quello che serve è una indicazione chiara da parte del legislatore nazionale. “Manca una visione d’insieme – ha sottolineato Elisabetta Perrotta, direttore generale di Assoambiente – anche il PNRR finanzierà molti progetti più di opportunità che di necessità. Sull’organico per esempio i fondi sono andati più al nord, dove non servono. Il Piano, così com’è, rischia di non realizzare quello che doveva essere il suo obiettivo principale: sanare il gap tra le varie aree del paese“. Sempre in tema di PNRR alle ombre sul fronte impiantistico si associano, fortunatamente, le luci dei progetti per il miglioramento della raccolta differenziata, con la Puglia ai primi posti per numero di iniziative ammesse a finanziamento. Anche grazie al supporto di CONAI. “A novembre 2021 abbiamo firmato un protocollo d’intesa con Regione e AGER – ha spiegato Fabio Costarella di CONAI – abbiamo supportato 120 comuni, dei quali poco più di un terzo ammessi a finanziamento. Ora i progetti sono in fase attuativa e hanno intercettato 26 milioni di euro su 360 milioni complessivamente disponibili. Percentuali importanti. I principali interventi si sono concentrati sulla raccolta, sia per la meccanizzazione che per la realizzazione di nuovi centri comunali”.

Anche se negli ultimi anni la raccolta differenziata è cresciuta fino a sfiorare il 60% (59,6% nel 2022), contribuendo alla riduzione delle frazioni indifferenziate da avviare a smaltimento, nel 2022 il 22% circa dei rifiuti pugliesi è stato comunque smaltito in discarica. Accanto al tema della realizzazione degli impianti per il trattamento delle frazioni riciclabili resta quindi anche quello di trovare, per le frazioni residue, una collocazione in linea con l’obiettivo europeo di riduzione dello smaltimento a un massimo del 10% entro il 2035. Nessuna preclusione ideologica, ha chiarito Emiliano, e massima apertura alle nuove tecnologie, “come l’ossicombustione” ha detto il governatore. La Regione, tuttavia, non parte da zero. Già oggi una parte dei rifiuti non riciclabili pugliesi viene trasformata in combustibile e utilizzata per alimentare cementifici e centrali elettriche. E anzi la centrale di Manfredonia, in provincia di Foggia, con circa 100mila tonnellate di CSS trasformate in energia nel 2022, è tra gli impianti autorizzati a livello nazionale quello che di combustibile da rifiuti ne ha consumato di più in assoluto.

L’obiettivo del piano regionale, è emerso oggi, è ora quello di ottimizzare l’utilizzo del CSS anche in sostituzione parziale del pet coke nei cementifici, dove invece la domanda non decolla. “E anche per questo, a 11 anni dall’adozione del decreto ‘end of waste’, parte del CSS italiano, compreso quello prodotto in Puglia, finisce all’estero” ha spiegato Daniele Gizzi, presidente dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali. “Stiamo avviando iniziative di promozione dell’utilizzo di CSS ‘end of waste’ in cementeria – ha raccontato il direttore del dipartimento regionale rifiuti Paolo Garofoli – abbiamo stipulato un accordo con alcuni gruppi industriali con impianti autorizzati al coincenerimento nel raggio di 300km. Non è un’intesa di semplice attuazione, ma stiamo lavorando ad accorgimenti tecnici per rendere la qualità del CSS sempre più compatibile con le necessità produttive degli impianti di destinazione”. E nel prossimo futuro non è escluso che una parte dei rifiuti non riciclabili in plastica possa essere trasformata in un agente riducente tale da sostituire parzialmente l’utilizzo del carbone anche nel polo siderurgico di Taranto. Soluzione già sperimentata dalla multiutility Iren in acciaierie del nord italia. “Se applicata a livello industriale – ha spiegato Garofoli – questa soluzione consentirà sia di promuovere la decarbonizzazione del siderurgico sia di dare un sensibile contributo alla chiusura del ciclo dei rifiuti urbani”. Riducendo la necessità di realizzare nuovi, e contestati, impianti di recupero energetico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *