Nel 2021 boom di investimenti delle imprese del waste management italiano: oltre 900 milioni di euro, ma il settore resta polarizzato tra grandi player e piccole e medie imprese, con l’immancabile divario tra Nord e Sud e gli atavici ritardi nella chiusura del ciclo scrive Althesys nel nuovo Was report
Il waste management italiano è sempre più industria. Crescono gli investimenti, come mai prima, e aumenta il valore della produzione anche se restano da sciogliere nodi ormai storici come il divario tra Nord e Sud e i ritardi nella realizzazione degli impianti di chiusura del ciclo. È la fotografia scattata dal Was Report 2022 presentato questa mattina da Althesys, che registra nel 2021 un vero e proprio boom degli investimenti nel settore rifiuti, con 912 milioni di euro e il +59,6% sull’anno precedente per le prime 124 utility del Paese, che però restano concentrate per l’85,4% nelle Regioni del Nord, mentre il Mezzogiorno scende addirittura all’1,6%. Un ritardo da recuperare sfruttando la scia dei 2,1 miliardi di euro stanziati per il settore dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e destinati per almeno il 40% proprio a interventi nelle Regioni meridionali. Delle oltre mille domande di finanziamento, si legge nel rapporto, al momento circa 835 hanno ricevuto un punteggio dal Ministero e sono concentrate per lo più nel Meridione. Il 52% dei progetti per la linea d’investimento da 450 milioni di euro dedicata agli impianti per il riciclo dei rifiuti urbani è arrivato infatti dal Sud, il 29% dal Centro e il restante 19% dal Nord Italia. Il Lazio, con 94 progetti, vede la maggiore concentrazione, seguito da Calabria e Sicilia.
A livello nazionale cresce a ritmi da record anche il valore della produzione, con un +11% che lo porta a 13,1 miliardi di euro, ma il settore, chiarisce Althesys, resta polarizzato, con pochi grandi operatori e una miriade di piccole e medie imprese, mentre si allunga la distanza, già molto consistente, tra il primo e l’ultimo esaminato: il valore della produzione della più grande sale da 1,2 a 1,3 miliardi di euro, mentre quello della più piccola scende da 7,7 a 7,6 milioni di euro. Alla polarizzazione e frammentazione del panorama delle imprese fa da contraltare l’andamento dinamico delle operazioni speciali di acquisizione e fusione, aumentate nel 2021 del 67% chiuse nel 60% dei casi con l’obiettivo di crescere al di fuori del core business o di consolidarsi lungo la filiera. Spiccano, riporta Althesys, le partnership che mettono al centro l’innovazione tecnologica nei settori del ‘waste-to-chemical’ in settori come quello dei pneumatici fuori uso e delle plastiche miste. Un dinamismo che si riflette anche nella scelta di molte utility di estendere il raggio del proprio business anche al mercato dei rifiuti speciali, puntando su aggregazione e innovazione tecnologica. Sul fronte degli speciali il divario territoriale si fa meno netto, con il 50% delle aziende operanti nelle regioni settentrionali, il 14% in quelle del Centro e il 36% nel Sud.
Sullo sfondo restano però gli immancabili ritardi nella realizzazione degli impianti di chiusura del ciclo. “È importante spingere la raccolta differenziata e sviluppare il riciclo – spiega Alessandro Marangoni – ceo di Althesys – ma serve un ultimo fondamentale passaggio per trovare una sistemazione adeguata anche alle frazioni che non si riescono a riciclare”. Il parco impianti italiano, riporta il report, conta 37 strutture per il recupero energetico, 14 di coincenerimento e 131 discariche ma “in costante calo” e con “una quota di rifiuti urbani avviata a recupero energetico limitata al 18%, ben al di sotto della media UE (27%)”. Ritardi anche sul fronte del trattamento dei rifiuti organici dove, a fronte di una sostanziale autosufficienza a livello nazionale restano aree in deficit soprattutto nel Centro-Sud, dove l’attivazione di nuovi impianti di trattamento di prossimità, e il conseguente abbattimento dei costi di gestione, potrebbe portare ad un aumento della raccolta differenziata compreso tra 1,2 e 1,5 milioni di tonnellate. Non a caso, scrive Althesys, tra i progetti presentati per l’accesso ai fondi del PNRR prevalgono proprio quelli per la realizzazione di nuovi impianti per il recupero della frazione organica da raccolta differenziata (il 40% di quelli mappati da Althesys). Per metterli a terra entro il 2026 occorrerà sfidare i tempi della burocrazia, il caro materiali ma anche i comitati del ‘no’, Ben 49 progetti per la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti sono stati presentati e poi ritirati, secondo la mappatura di Althesys, “In alcuni casi per l’opposizione delle comunità locali”, spiega Marangoni.