Passaggio di consegne tra privato e pubblico e subito sventola lo spauracchio dell’emergenza rifiuti. Negli ultimi 15 anni il Comune di Napoli ha completamente abdicato alla gestione dei servizi all’interno del Centro Direzionale, il quartiere degli uffici eretto nella semiperiferia tra stazione centrale ed ex area industriale che ospita anche il Palazzo di Giustizia oltre a Consiglio e Giunta Regionale. Un presidio di legalità oltre che avamposto dello slancio moderno-contemporaneo di una Napoli anni Ottanta che tuttavia non ha saputo confermarsi e propagarsi nel tempo e nella realtà oltre le intenzioni. Ed è così che si è verificato l’assurdo: sotto il naso delle istituzioni l’unico modo per l’area di non scadere nel totale abbandono è stato quello di permettere una gestione “abusiva” dei servizi ai privati. In particolare al consorzio dei proprietari degli immobili del centro, il Ge.Se.Ce.Di, che gestisce e appalta in autonomia quegli stessi servizi che il Comune non ha mai erogato, né tanto meno reclamato. Ma all’interno del “quartiere artificiale” ci sono anche semplici contribuenti che non ci stanno a pagare a vuoto l’amministrazione pubblica e in aggiunta, a caro prezzo, il servizio privato. Il Tar prima e il Consiglio di Stato poi danno ragione ai cittadini e dal 28 ottobre 2015 il Comune e Asia dovranno subentrare all’azienda privata che da anni si occupa di raccolta e spazzamento, lasciando senza lavoro nove dipendenti. Che annunciano barricate, mentre l’emergenza degrado della periferia incombe sui confini dell’area.
Abbiamo ascoltato la voce dei lavoratori licenziati e quella dei cittadini residenti, che con il loro ricorso hanno smosso la vicenda, ma anche al presidente del consorzio che gestisce il Centro Direzionale, per comprendere le ragioni di una sostituzione di servizio da lui definita “volontaria” e “necessaria” a fronte della latitanza dell’amministrazione pubblica, ma che la sentenza del Consiglio di Stato chiama addirittura “abusiva”.