Valentina Trifiletti
15/02/2018

Differenziata al 52%, ma l’Italia marcia a due velocità

Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio 2018 alle 16:02

Una crescita timida, timidissima. Nel 2016 in Italia la raccolta differenziata rimane “stazionaria” al 52%, quindi solo uno 0,4% in più rispetto al 2015. A rivelarlo è il settimo rapporto banca dati Anci – Conai, l’associazione dei comuni italiani e il consorzio nazionale imballaggi.  Il rapporto conferma la capillarità dell’accordo, basato su convenzioni per la raccolta e l’avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio che interessano nel 2016 il 97,7% dei comuni italiani (7813) e il 99,5% della popolazione, oltre 60 milioni e 300mila cittadini, con un aumento in quest’ultimo caso del 2% rispetto al 2015. Inoltre, il 51% dei comuni italiani ha almeno cinque convenzioni.

La diffusione delle convenzioni però – sottolineano Anci e Conai – “differisce sensibilmente a livello territoriale e per tipo di consorzio”: a convenzionarsi di meno sono i comuni del sud e quelli con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti. Ci si convenziona soprattutto con beneficiari dei contributi per il riciclo della plastica (Consorzio Corepla) e del vetro (CoReVe) che interessano rispettivamente quasi il 99% e il 91% della popolazione; minore diffusione le convenzioni per il recupero di alluminio (Consorzio Cial) e legno (Consorzio Rilegno) che interessano il 64-65% della popolazione. Complessivamente “si può affermare che in Italia la raccolta differenziata si svolge quasi esclusivamente nell’ambito e grazie all’Accordo quadro Anci-Conai”.

La percentuale media dei rifiuti di imballaggio sul totale della carta, plastica, vetro, metallo e legno raccolti si attesta attorno al 52% in peso (Ispra 2017) sul totale della raccolta urbana. Sebbene il dato nazionale di raccolta degli imballaggi “risulti in leggerissima crescita, +0,4% rispetto al 2015, segno di una raccolta ormai stazionaria, la loro intercettazione differisce molto a livello territoriale”. I comuni più virtuosi hanno comunque migliorato la quantità procapite e la qualità della raccolta differenziata, E’ il caso dei comuni della regione Veneto, Trentino, Friuli ed Emilia Romagna. E dove la raccolta differenziata è ancora molto bassa, il contributo delle frazioni Conai diventa “particolarmente strategico se si punta a raggiungere gli obiettivi nazionali di riciclo”, ulteriormente rivisti al rialzo dalle recenti modifiche alle proposte di direttive (55% al 2025, 60% al 2030 e 65% al 2035).

Ma dal rapporto emerge chiaramente un’Italia che viaggia a velocità differenti con il centro-nord che corre e il sud che arranca. “Da questo quadro bisogna ripartire nello scrivere il nuovo accordo con il Conai: dobbiamo sforzarci tutti quanti a portare tutte le regioni d’Italia allo stesso livello”, lo ha sottolineato il delegato Anci ai Rifiuti Ivan Stomeo, commentando i dati che evidenziano come la raccolta differenziata in Italia si svolge con il contributo “fondamentale” dell’accordo quadro Associazione nazionale comuni italiani – Consorzio nazionale imballaggi. “Abbiamo di fronte – ha ribadito – una bella sfida nello scrivere il nuovo accordo. Una sfida in cui le nostre comunità dovranno essere protagoniste”.

Stomeo ha poi sollevato l’attenzione su un altro tema fondamentale: il costo del servizio. “E’ necessario – ha dichiarato Stomeo – potenziare il principio del chi inquina paga, perché attualmente il costo di gestione degli imballaggi non viene pagato da chi li produce ma dalla collettività, con la Tari”.

Tuttavia, i dati sono considerati “importanti” e “confortanti”, “i comuni hanno risposto bene soprattutto se – ha sottolineato Stomeo – si ricorda che nel 1997 la raccolta differenziata era al 10% e ora oltre il 51%“. Non sono mancate alla presentazione del rapporto analisi di aspetti critici, come la mancanza di impianti di compostaggio, problemi relativi ai materiali di scarto del riciclo, fino alla stessa cultura del riciclo, in un quadro dove è stato evidenziato, ancora una volta, il gap tra Nord e Sud.

Il discorso è diverso per quanto riguarda i Raee, cioè i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. L’accordo di programma ANCI-CdC RAEE sarà a breve oggetto di rinnovo. Il quantitativo totale di RAEE ritirati dai punti di raccolta sul territorio nel 2016 è stato di 283.075 tonnellate, con una riduzione dello 0,4% rispetto al 2015, le tonnellate di RAEE trattate dichiarate dagli impianti sono state circa 358.300. Rispetto al target di raccolta dei RAEE fissato dal D.Lgs. 49/2014 (pari al 45%, in peso, del quantitativo immesso al consumo nei tre anni precedenti per il 2016 e al 65% per il 2019), nel 2016 il sistema dovrebbe aver raggiunto poco più del 96% del target, essendo il tasso di intercettazione pari al 40,9% (dati tratti dal portale del CdC RAEE). Anche per questa categoria di rifiuti i risultati della raccolta variano sensibilmente sul territorio, sia dal punto di vista dei quantitativi che della composizione: le regioni del Nord-Ovest intercettano il 30% del totale nazionale (la Lombardia, da sola, quasi il 19%).

La partita non è chiusa, ci sono performance da migliorare e misure da adottare in vista del prossimo accordo quadro del 2019, per cui si partirà da un’analisi trasparente delle criticità dal basso, a partire dai territori dalle comunità. Perché l’obiettivo condiviso è quello di una “reale economia circolare, dove il rifiuto non sia più problema bensì risorsa“. “Una risorsa – ha concluso il delegato Anci – non solo economica a beneficio dei bilanci, ma per una migliore qualità dell’ambiente e della vita dei cittadini”.

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