Economia circolare: Italia prima in Ue, ma serve end of waste caso per caso

di Mauro Delle Fratte 01/03/2019

C’è anche il conferimento alle Regioni della capacità di definire criteri end of waste “caso per caso” tra le dieci proposte lanciate oggi dal Circular economy Network e Enea, in occasione della presentazione del primo Rapporto nazionale sull’economia circolare. Secondo lo studio, l’Italia, con i suoi 103 punti si piazza in testa alle classifiche europee dell’indice complessivo di circolarità, ovvero il valore attribuito secondo il grado di uso efficiente delle risorse, utilizzo di materie prime seconde e innovazione nelle categorie produzione, consumo, gestione rifiuti. Al secondo posto nella classifica delle cinque principali economie europee troviamo ancora ben distanziati il Regno Unito (90 punti), seguito da Germania (88), Francia (87), Spagna (81).

Stando al rapporto, il riciclo dei rifiuti urbani nel 2016 è stato pari a 45,1%, in linea con la media europea e al secondo posto, dopo la Germania. La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 67%, nettamente superiore alla media europea (55%) che porta l’Italia al primo posto rispetto alle principali economie europee. Lo smaltimento in discarica per l’Italia è ridotto al 25%, in linea con la media europea, ma con valori ancora elevati rispetto ad altre realtà come la Germania, la Francia e il Regno Unito. “Nei settori del riciclo, del riuso e della riparazione l’Italia registra un ottimo livello di occupazione, il 2,1% del totale, al di sopra della media UE 28 che si ferma a quota 1,7%”, dice il vicepresidente del Circular Economy Network Luca Dal Fabbro. “Dobbiamo lavorare per rafforzare ulteriormente questa posizione, facendo in modo che le istituzioni e le aziende riescano a lavorare in maniera sempre più sinergica”.

Peccato però che la corsa alla circolarità del nostro Paese rischi di subire una battuta d’arresto. In confronto alle valutazioni 2018, l’Italia avrebbe infatti conquistato solo 1 punto in più (l’anno scorso infatti l’indice complessivo di circolarità era di 102 punti), mentre ci sono Paesi che hanno raggiunto risultati più grintosi come la Francia (+7) o la Spagna (+) 13. Da qui il decalogo messo a punto dal Circular Economy Network, che chiede tra l’altro la definizione di una strategia nazionale per l’economia circolare, oltre al rapido recepimento delle nuove direttive europee su rifiuti e riciclo e, naturalmente, lo sblocco dello stallo sull’end of waste  “Per non ostacolare il riciclo – si legge nel rapporto – che coinvolge oltre 7 mila impianti in Italia, date le continue innovazioni di tecnologie e di tipologie di rifiuti trattati, è indispensabile che le Regioni possano, in via complementare, autorizzare il caso per caso non regolato nazionalmente, come previsto dalla nuova direttiva europea”.

Una impasse, quella sull’end of waste, che rischia di mettere in ginocchio le filiere italiane del riciclo, ai vertici della green economy europea. Stando al rapporto, infatti, mentre in UE nel 2016 il tasso di utilizzo circolare di materia (ovvero il tasso di sostituzione delle materie prime seconde ricavate dai rifiuti alle materie prime vere e proprie) è stato pari all’11,7%, nello stesso anno l’indicatore ha assunto il valore di 17,1% in Italia. “Tale valore – si legge – risulta inferiore solo a quello dei Paesi Bassi (29%), Belgio (20,6%), Francia (19,5%) e Regno Unito (17,2%), e comunque superiore a quello della Spagna, il cui tasso di utilizzo circolare nel 2016 è stato di 8,2%”. Secondo una stima, nel solo 2017 sarebbero state utilizzate ben 96.350.995 di tonnellate di materiali riciclati nei processi produttivi.

“L’Italia vanta sicuramente grandi risultati vista la rilevanza che l’economia circolare ha avuto e ha nel nostro Paese – ha commentato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Circular Economy Network – dobbiamo però impegnarci a tenere alto il livello delle nostre performance. Servono un piano e una strategia nazionale, una regolazione sull’end of waste che permetta ai numerosi progetti industriali in attesa di autorizzazione di partire. Ma serve anche una visione politica e amministrativa che manovri le leve della fiscalità, degli incentivi all’innovazione in favore dell’economia circolare, che va pensata non come un comparto, ma come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico”.

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *