Boom della raccolta differenziata dei rifiuti organici. Tra il 2007 ed il 2015 le quantità di frazione organica dei rifiuti solidi urbani (forsu) raccolte in maniera separata hanno fatto registrare aumenti da record: un +132% propiziato soprattutto dall’evoluzione dei metodi di raccolta, con il progressivo passaggio in molte realtà della Penisola dalla classica raccolta stradale al porta a porta. Sistema, quest’ultimo, più costoso e complesso da gestire per le aziende pubbliche e private di raccolta e trattamento dei rifiuti, ma più efficace sul fronte della quantità e qualità della raccolta. Sono i dati che emergono dallo studio “Analisi dei costi della raccolta differenziata della frazione organica” realizzato da Bain & Company e commissionato da Utilitalia, la federazione che riunisce le imprese energetiche, idriche e ambientali.
Lo studio è stato condotto su un campione d’imprese mono (71%) e multiutility (29%) aderenti a Utilitalia – che servono 13 milioni di cittadini raccogliendo un quarto dei rifiuti organici prodotti in tutto il Paese – rappresentativo della realtà nazionale per tipologia, volumi di rifiuti raccolti, distribuzione geografica, dimensioni del bacino d’utenza, popolazione dei comuni serviti. L’aumento record nella raccolta dell’organico, ed il ruolo trainante che quest’ultima ha rivestito nel panorama nazionale della differenziata, viene fuori dal confronto dei dati 2015 con quelli registrati nel 2007 in occasione della prima edizione dello studio. “Se nel giro di 8 anni la raccolta differenziata dei rifiuti urbani in Italia è cresciuta del 64%, raggiungendo i 13,4 milioni di tonnellate – scrive Utilitalia – è la frazione organica quella che più ha contribuito a questo incremento (+132%). Per fare un paragone – osserva la federazione delle utility – nello stesso arco di tempo la raccolta differenziata dei rifiuti da imballaggio è cresciuta solo del 35%”.
Un risultato al quale, viene fuori dallo studio, ha contribuito in maniera significativa l’evoluzione dei metodi di raccolta “con un forte ridimensionamento della classica raccolta stradale (passata dal 47 al 26%) e una speculare crescita del porta a porta, che – si legge nel dossier – dal 53 balza al 74%. In molte realtà (32% del campione), comunque, i due metodi di raccolta convivono. Il porta a porta consente d’intercettare percentuali sensibilmente più elevate di rifiuto differenziato ma presenta costi di raccolta più elevati rispetto ai sistemi di tipo stradale”. E proprio riguardo ai costi, se è vero che il passaggio al porta a porta ha comportato un aumento delle spese, è altrettanto vero che quell’aumento è stato contenuto da un parallelo incremento dell’efficienza gestionale a livello industriale “che ha permesso di risparmiare il 12%. Oggi il costo medio di raccolta (stradale + porta a porta) si attesta su 132 euro/tonnellata. Aggiungendo 22 euro/ton per il trasporto e 88 euro/ton per il trattamento si arriva a 242 euro a tonnellata per la filiera completa dei rifiuti organici”.
Se quantità e qualità della raccolta aumentano, non si può dire altrettanto degli impianti di trattamento. Su questo fronte, infatti, il panorama nazionale è ancora a macchia di leopardo. «Nel nostro Paese non c’è ancora una coerenza impiantistica – spiega il vicepresidente di Utilitalia Filippo Brandolini – e non riguarda la solita differenza Nord-Sud. Gli impianti si sono sviluppati bene solo dove c’è stata una programmazione pubblica, cui sono seguiti interventi industriali, pubblici o privati. Potremmo essere un esempio a livello europeo, ma dobbiamo poter contare su un quadro di regole certe. In questo senso dobbiamo leggere in termini molto positivi quanto contenuto in uno decreti Madia, che prevede la nascita dell’Autorità di regolazione, che potrà così definire le regole di supporto al sistema industriale».