Regolamento imballaggi, le imprese: “Sì alle restrizioni all’import di plastica”

di Redazione Ricicla.tv 08/03/2024

Le imprese del waste management e del riciclo chiedono alla Commissione Ue di sottoscrivere la clausola proposta da Consiglio e Parlamento nell’intesa sul regolamento imballaggi per limitare le importazioni di plastica riciclata dai paesi terzi. Ma Bruxelles nutre dubbi sulla natura ‘protezionistica’ della norma


Mentre vanno avanti le interlocuzioni tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue per il ‘fine tuning’ tecnico dell’intesa sul nuovo regolamento imballaggi, che non è ancora stata sottoscritta da Bruxelles, le associazioni del waste management europeo plaudono alla scelta dei colegislatori di alzare un argine contro l’importazione di polimeri riciclati non tracciati provenienti dai paesi terzi. Decisione non condivisa invece dalla Commissione, che anche per questo non ha siglato l’accordo provvisorio raggiunto nella serata di lunedì scorso, rimandando la decisione ai giorni successivi. Nella versione del testo sulla quale hanno trovato l’intesa, Consiglio e Parlamento hanno infatti concordato una clausola di salvaguardia per limitare il perimetro dei polimeri riciclati utilizzabili per raggiungere i nuovi obiettivi di contenuto minimo nel packaging in plastica (35% al 2030 e del 65% al 2040) a quelli prodotti in Ue o, in alternativa, in paesi che possano dimostrare di aver raccolto i rifiuti in maniera separata e di averli trattati in impianti che rispondano agli stessi standard ambientali dell’Ue. Cosa che però non ha convinto il Commissario europeo all’ambiente Virginius Sinkevicius, secondo cui si rischia di violare le leggi sul commercio internazionale, precludendo di fatto l’ingresso sul mercato dell’Unione di polimeri riciclati provenienti da paesi terzi. Che poi è esattamente l’effetto che Consiglio e Parlamento puntano a ottenere. Ma perché?

Secondo le associazioni Fead ed EuRIC, dopo il forte aumento delle quotazioni dei polimeri riciclati sul mercato interno registrato tra 2021 e 2022, anche per effetto della ripartenza post pandemica, nel 2023 i valori sono crollati di oltre il 50% a causa del forte afflusso di polimeri riciclati provenienti da paesi terzi, soprattutto asiatici, venduti a prezzi più competitivi di quelli offerti dai riciclatori europei. E utilizzati, questo il sospetto delle imprese Ue, anche per far fronte ai nuovi obblighi di contenuto minimo nelle bottiglie in PET previsti dalla direttiva SUP. “Queste materie plastiche, importate principalmente dai paesi asiatici – spiegava EuRIC – vengono lavorate in condizioni che non soddisfano gli standard Ue“. Con minori oneri sotto il profilo ambientale e sociale, ma anche con ridotti se non inesistenti requisiti di tracciabilità e con certificazioni poco attendibili sul reale contenuto riciclato. Per questo, oltre a costare meno dei polimeri prodotti in Europa, i materiali d’importazione offrono anche minori garanzie sotto il profilo sanitario. E visto che il regolamento imballaggi si prepara a introdurre nuovi target di contenuto minimo riciclato per tutto il packaging in plastica, già nelle scorse settimane i riciclatori avevano chiesto ai negoziatori un intervento che scongiurasse il rischio di trasformare una misura potenzialmente positiva per il riciclo europeo in una falla dalla quale potrebbero riversarsi in Ue migliaia di tonnellate di polimeri secondari non tracciati né certificati.

Da qui il plauso all’argine alzato da Consiglio e Parlamento con una misura che, scrivono le associazioni rispondendo ai dubbi della Commissione “è pienamente in linea con le regole del WTO, basata su motivi di carattere ambientale e pienamente proporzionale allo scopo perseguito”. Parole che puntano a far breccia nelle posizioni della Commissione, che già in passato si è dimostrata attenta a non violare le regole del commercio internazionale con misure dalla natura protezionistica. Nel corso dei negoziati sulla riforma regolamento sulle spedizioni di rifiuti, ad esempio, era stato proprio Sinkevicius a bocciare la proposta del Parlamento di uno stop tout-court alle esportazioni di scarti in plastica verso i paesi terzi. Tant’è che nella versione definitiva della riforma lo stop è stato limitato ai soli paesi non-OCSE, cui viene tra l’altro riconosciuta la possibilità di riprendere le importazioni dopo cinque anni. Proprio in vista della prossima messa al bando EuRIC e Fead chiedono alla Commissione di supportare le misure di bilanciamento proposte da Consiglio e Parlamento, indispensabili per tutelare e rafforzare il mercato europeo del riciclo. “Mantenere condizioni di parità tra l’industria europea del riciclo e gli operatori extra Ue – scrivono – è essenziale per proteggersi dalla concorrenza sleale e preservare l’integrità dell’industria europea. Con l’imminente divieto delle esportazioni di rifiuti di plastica, la necessità di creare solide infrastrutture di riciclaggio e un forte mercato per la plastica riciclata europea diventerà assolutamente imperativa per raggiungere gli obiettivi di riciclo dell’Ue”.

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