A partire da aprile il Ministero dell’Ambiente avvierà le consultazioni con gli stakeholder per elaborare una posizione di filiera da portare al negoziato in Ue sulla proposta di regolamento veicoli a fine vita. L’annuncio in occasione della prima tappa di ‘Impianti Aperti on The Road 2024’ di Assoambiente, dalla quale sono emerse le prime convergenze tra produttori e riciclatori, ma anche le distanze sul rafforzamento del regime di responsabilità estesa del produttore
Dal prossimo aprile il Ministero dell’Ambiente avvierà le consultazioni con le imprese della filiera automotive – dalle case auto ai demolitori e frantumatori – con l’obiettivo di arrivare a definire una posizione condivisa da portare ai negoziati sul nuovo regolamento europeo veicoli a fine vita. Lo hanno annunciato la vice ministro Vannia Gava e il direttore generale economia circolare Silvia Grandi in occasione di un convegno organizzato da Assoambiente nell’impianto di riciclo dei catalizzatori TECHEMET Italia di Ciriè, in provincia di Torino, con la media partnership di Ricicla.tv. “A partire da aprile 2024 faremo partire le consultazioni in call con gli stakeholder con un processo trasparente e partecipativo”, ha detto Grandi, ricordando che i lavori sul testo presentato a luglio 2023 dalla Commissione europea sono di fatto ancora in una fase di startup. “Abbiamo fatto un primo tavolo istituzionale con ISPRA – ha aggiunto Vannia Gava – ma continueremo a lavorare con gli stakeholder per fare una valutazione di sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica. L’obiettivo è raccogliere le richieste degli operatori per portare una proposta condivisa a Bruxelles“.
Il nuovo regolamento sui veicoli a fine vita, che non sarà approvato prima del 2025, sostituirà l’attuale direttiva con misure che interverranno in tutte le fasi della catena del valore con l’obiettivo di aumentare sostenibilità e circolarità del comparto automotive. “È una proposta molto complessa” ha spiegato il presidente di ADA Anselmo Calò, secondo cui “ci sono delle misure su cui tutti gli operatori sono già d’accordo”. Come la regolamentazione dell’export dei veicoli o la maggiore tracciabilità dei componenti venduti come ricambi. Su altri passaggi invece il giudizio resta critico. “Abbiamo un problema di definizioni – ha chiarito Cinzia Vezzosi, vice presidente di EuRIC – nel regolamento si parla genericamente di centri di trattamento, quando occorrerebbe invece riportare la centralità sugli autodemolitori, il secondo elemento di criticità sono gli obblighi di smantellamento per componenti che non hanno mercato e il terzo invece è rappresentato dal rafforzamento dell’EPR, il regime di responsabilità estesa del produttore“.
Se sul ‘no’ agli obblighi di smantellamento, così come all’istituzione di centri di raccolta temporanei, c’è già convergenza tra case auto e impianti di riciclo, sulla responsabilità estesa del produttore le posizioni restano invece ancora distanti. La proposta formulata dalla Commissione, infatti, attribuirà alle case auto un ruolo centrale anche nella gestione del fine vita dei veicoli, spostando in capo ai produttori la responsabilità del raggiungimento dell’obiettivo vincolante dell’85% di riciclo e reimpiego dei veicoli. E attribuendo loro anche il compito di coprire i costi di trattamento dei veicoli nella quota non compensata dalla vendita di materiali da riciclo e pezzi di ricambio. Una misura che se non calibrata bene, avvertono i riciclatori, potrebbe avere effetti dirompenti sull’operatività delle oltre 1500 imprese italiane della demolizione e frantumazione.
“L’EPR deve puntare a diminuire al minimo il rifiuto, così come l’impronta carbonica e l’impatto ambientale del trattamento – ha detto Vezzosi – questo è il suo senso più profondo e questo vogliamo che resti. Se lasciamo spazio a modelli che invece inseguono il ‘business profit’ entriamo in una dimensione pericolosa”. Che metterebbe a rischio la sostenibilità economica delle imprese che oggi lavorano in regime di libero mercato sostenendo le proprie attività con la vendita di pezzi di ricambio e materiali da riciclo e che, nel solo 2022, hanno trattato 1,4 milioni di tonnellate di veicoli dismessi reimpiegandone le componenti o riciclandole per l’85%. Da parte delle case auto, in occasione dell’incontro di Ciriè, è arrivata la piena disponibilità al dialogo. “Siamo consapevoli dei risultati ottenuti fin qui in sinergia con la filiera dei demolitori e dei frantumatori, e vorremmo che questo continuasse – ha chiarito il vice direttore generale di UNRAE Antonio Cernicchiaro – non abbiamo la pretesa di assumere questa nuova responsabilità con l’obiettivo di farne un business. Ma non vogliamo nemmeno supportare il costo delle eventuali inefficienze del sistema. Vogliamo invece continuare, insieme ai demolitori e frantumatori, a promuovere qualità e professionalità degli operatori“.
Il regime EPR dovrà garantire il raggiungimento del target dell’85% di riciclo e reimpiego, al quale l’Italia è sostanzialmente allineata, ma se costruito bilanciando tutti gli interessi in gioco potrà contribuire anche a sbloccare il percorso verso l’obiettivo del 95% di recupero complessivo, dal quale restiamo invece lontani a causa dello stallo sul recupero energetico del ‘car fluff’, il residuo eterogeneo della frantumazione dei veicoli. Che in tutta Europa è usato come combustibile per la produzione di calore ed energia e che in Italia, invece, finisce quasi esclusivamente in discarica. “È una questione prettamente economica, non tecnologica” ha spiegato il presidente di AIRA Stefano Leoni. Visto che il mercato italiano del recupero energetico è particolarmente ‘corto’, cioè con pochi spazi negli impianti rispetto alla effettiva disponibilità di rifiuti combustibili, incenerire il fluff o trasformarlo in CSS oggi costa molto di più che smaltirlo in discarica. E siccome al momento i costi vengono coperti dai soli operatori della frantumazione, va da sé che si continua a preferire la soluzione più economica. “È giusto che questi costi vengano supportati anche dai produttori – ha detto Leoni – come prevede la proposta di regolamento”.
“Ci sono passaggi della proposta di regolamento su cui occorre trovare un punto d’incontro – ha sottolineato Calò – in particolare sull’EPR, rispetto al quale le posizioni di partenza non sono univoche. Credo che il governo possa fare da conciliatore, per arrivare a una posizione condivisa dall’intera filiera italiana da portare a Bruxelles”. Come stanno già facendo Spagna e Portogallo. E come, stando alle garanzie offerte dal MASE in occasione del dibattito tra gli operatori del settore, anche l’Italia sembra pronta a fare. Quella di Ciriè è stata la prima tappa di ‘Impianti Aperti on The Road 2024’, la nuova edizione della campagna di sensibilizzazione di Assoambiente che dal 2019 apre al grande pubblico le porte delle fabbriche nazionali dell’economia circolare. Con l’obiettivo di ribaltare paure, pregiudizi e sindromi nimby. “Un po’ ci stiamo riuscendo – ha detto il presidente di Assoambiente Chicco Testa – coinvolgendo scolaresche e cittadini nella visita di impianti come quello di Techemet, con tecnologie e processi avanzati”. “È fondamentale far conoscere al grande pubblico gli sforzi che le aziende fanno per migliorare le performance dell’economia circolare nazionale” ha spiegato il presidente di Techemet Europa Giovanni Greco. “Quest’anno la campagna ha ottenuto il patrocinio, oltre che del Ministero dell’Ambiente e di ANCI, come gli scorsi anni anche di ISPRA SNPA, e di Sostenibilità in Lombardia – ha ricordato il direttore generale di Assoambiente Elisabetta Perrotta – – a significare l’importanza di avvicinare sempre di più cittadini e istituzioni a queste realtà”.