EPR tessile, l’appello per regole armonizzate e a sostegno del ‘second hand’

di Redazione Ricicla.tv 03/06/2025

Al Green Med 2025 riflettori accesi sui futuri regimi EPR per il tessile. Il MASE: “Proposta italiana in linea con la regolazione comunitaria”. L’appello della filiera nazionale del ‘second hand’: “Le nuove regole tengano conto delle esperienze e competenze degli operatori della raccolta e valorizzazione”


Uno strumento per accompagnare l’industria del tessile e dell’abbigliamento verso prospettive sempre più circolari e a ridotto impatto ambientale, ma anche un’occasione per sanare le falle del sistema nazionale di raccolta e valorizzazione dei rifiuti di abiti usati, travolto da una crisi senza precedenti. Al Green Med 2025 riflettori puntati sul doppio cantiere – nazionale ed europeo – per l’introduzione dei regimi di responsabilità estesa del produttore nel mondo tessile. Mentre in Ue si attende il via libera definitivo all’intesa tra Consiglio e Parlamento sulla revisione della direttiva quadro rifiuti, l’Italia lavora al suo regolamento nazionale, che potrebbe vedere la luce entro la fine dell’anno dopo un secondo giro di consultazioni.

“La direzione generale ha già analizzato tutte le osservazioni – ha dichiarato al Green Med 2025 la capo dipartimento per lo sviluppo sostenibile del MASE Laura D’Aprile – stiamo affinando un nuovo testo base da condividere con il MIMIT, che è concertante”. La prima delle parole d’ordine resta ‘armonizzazione’, per scongiurare il rischio che l’anticipo italiano possa tradursi in una fuga in avanti che si discosti troppo dal tracciato indicato dall’Ue. “Il testo è perfettamente in linea con la regolazione comunitaria in via di sviluppo – ha garantito D’Aprile – per questo siamo in contatto costante con i colleghi della Commissione”. Un tema, quello dell’armonizzazione, particolarmente centrale per i futuri sistemi collettivi di responsabilità estesa, chiamati a rappresentare produttori e distributori spesso attivi su più mercati nazionali. “Siamo al lavoro con gli altri consorzi europei, con i produttori e con le istituzioni perché le regole del gioco siano quanto più omogenee e uniformi e non portino a complicazioni nell’attuazione nazionale”, ha spiegato Luca Campadello, head of innovation di Erion Textiles.

Seconda, tra le priorità, quella dell’ascolto. Un appello che arriva soprattutto dal fronte degli operatori del ‘second hand’ e dalla filiera nazionale della raccolta e valorizzazione dei rifiuti urbani di abiti e accessori usati, schiacciata da una congiuntura senza precedenti, tra quantità in aumento, ricavi in calo e costi di gestione crescenti anche a causa del ‘fast fashion’. “Nelle raccolte urbane riceviamo sempre meno valore, con più materiale da destinare a riciclo verso India e Pakistan e meno materiali riutilizzabili – ha raccontato il presidente di ARIU Joseph Valletti – in più viviamo la costante concorrenza dei selezionatori extraeuropei, che lavorano a condizioni completamente diverse dalle nostre, in termini di costi e burocrazie. Il nostro competitor peggiore, tuttavia, resta la produzione di capi nuovi a bassissimo costo, soprattutto da parte della Cina, che sta inondando i nostri stessi mercati di riferimento con capi ‘ultra fast fashion’ nuovi a costi addirittura inferiori rispetto all’usato”.

“Abbiamo due temi principali – ha chiarito il direttore di Assoambiente Elisabetta Perrotta – che sono quelli della qualità e quantità della raccolta. L’auspicio è di poterli affrontare in maniera concreta con l’avvento dell’EPR”. L’appello è a non utilizzare i proventi dei futuri regimi di responsabilità estesa per duplicare strutture già esistenti, come le filiere della raccolta e valorizzazione, ma per rinforzarle intervenendo su criticità operative e fallimenti di mercato emersi in questi mesi. “Dobbiamo preservare una struttura che ha funzionato per oltre 25 anni autosostenendosi con i proventi della valorizzazione degli abiti usati – ha spiegato la vice presidente di UNIRAU Karina Bolin – curandola e facendola crescere in parallelo con l’EPR”.

Oltre che a tamponare i costi crescenti delle raccolte, suggeriscono gli operatori, i contributi economici dell’EPR potrebbero ad esempio essere indirizzati allo sviluppo di una filiera nazionale del riciclo ‘fibra per fibra’, che oggi manca e che consentirebbe, tra l’altro, di abbattere i costi di conferimento verso India e Pakistan. Intervento che potrebbe partire “perché no proprio dalla Campania – ha detto Valletti – visto che qui abbiamo il polo di selezione più grande in Europa”. “Quella di questi mesi è una crisi di trasformazione – ha chiarito il presidente di UNIRAU Andrea Fluttero – quello che ci auguriamo è che nella definizione delle nuove norme che regoleranno il settore si tenga conto delle esperienze e competenze che gli operatori, soprattutto campani, hanno sviluppato in questo settore che è di nicchia, sì, ma decisamente rilevante sia sotto il profilo ambientale che economico”.

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