La filiera degli imballaggi metallici traina l’Europa verso i futuri obiettivi di riciclo fissati dalle nuove proposte di direttiva comunitaria per un’economia circolare. Il piano presentato lo scorso 2 dicembre dalla Commissione Europea fissa al 75% il target di riciclo da raggiungere entro il 2025 per gli imballaggi in acciaio ed alluminio, passando poi all’85% entro il 2030. Obiettivi che i produttori di contenitori per uso domestico ed industriale in banda stagnata, acciaio ed alluminio giudicano ambiziosi ma non irraggiungibili, come sembrerebbero dimostrare gli ultimi dati diffusi da Metal Packaging Europe, l’associazione che raccoglie le imprese europee produttrici di packaging metallico. Nel 2013, comunica l’organizzazione, sono state infatti riciclate più di 3 milioni di tonnellate di imballaggi in acciaio ed alluminio, portando il tasso di riciclo al livello record del 74,7%.
Ciò significa che in media i tre quarti dei rifiuti da imballaggi metallici immessi a consumo a livello europeo sono stati reintrodotti nel ciclo produttivo dando vita a nuovi manufatti. Il tutto grazie alle straordinarie proprietà di materiali come acciaio ed alluminio, riciclabili all’infinito senza che questo ne comprometta la qualità. In particolare, spiega Metal Packaging Europe, nel Vecchio Continente è stato riciclato correttamente il 71,3% delle lattine in alluminio per bevande, mentre il tasso di riciclo per gli imballaggi in acciaio (come fusti, bombolette aerosol e barattoli per conserve alimentari) si è attestato al 75,2%. Percentuali di tutto rispetto, in aumento dell’1,1% sul 2012 ed in linea con l’obiettivo volontario di riciclo fissato da Metal Packaging Europe all’80% entro il 2020.
Una vera e propria filiera chiusa, quella del packaging metallico, capace di trasformare il rifiuto in risorsa senza ricorrere all’estrazione di nuova materia prima e tagliando le emissioni in atmosfera. Ad esempio, spiega la federazione europea dei produttori di imballaggi in acciaio Apeal, grazie all’aumento dei tassi di riciclo per la sola banda stagnata (quella utilizzata per le conserve alimentari) le emissioni di diossido di carbonio sono diminuite, dal 2006 ad oggi, del 12% con una contestuale flessione del 2% nella domanda energetica primaria per le aziende. Riciclare metalli insomma costa meno, sia in termini ambientali che economici, che produrne di nuovi.
Eppure, non tutto il metallo luccica. Sul fronte del riciclo infatti, se si estende il discorso dai soli imballaggi al più generico concetto di materiale metallico, si scopre che le cose in Europa non vanno poi così bene. A soffrire sono soprattutto i produttori di acciaio recuperato da rottame. Una categoria che racchiude gli impianti che lavorano non solo gli imballaggi, ma anche le carcasse delle auto fuori uso, i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche o gli scarti delle piccole e medie industrie manifatturiere, per ricavarne i metalli ferrosi da inviare alle acciaierie per la produzione di nuove billette per l’edilizia o laminati. Per loro il futuro ha tinte di gran lunga più fosche. Il rallentamento dell’economia cinese, tradottosi in una “overcapacity” produttiva di acciaio con conseguente impennata del flusso di materiali a basso costo che dal paese del Dragone viaggia alla volta del Vecchio Continente, rischia infatti di mettere definitivamente fuori mercato l’acciaio da recupero prodotto dai riciclatori europei. Molti dei quali hanno già dovuto chiudere i battenti.