Impianti minimi, anche il Consiglio di Stato boccia l’Emilia-Romagna

di Luigi Palumbo 01/08/2023

Arriva il primo pronunciamento del Consiglio di Stato sul controverso meccanismo degli ‘impianti minimi’. Respinto il ricorso dell’Emilia-Romagna contro l’annullamento della delibera regionale che aveva sottratto al mercato gli impianti di recupero dei rifiuti organici. I giudici: “Il principio di prossimità non può comprimere la concorrenza”


Dopo la pioggia di sentenze del TAR sul sistema di tariffe al cancello per gli ‘impianti minimi’ di recupero dei rifiuti, arriva anche il primo pronunciamento del Consiglio di Stato. Che in una sentenza depositata ieri ha confermato l’annullamento, già disposto dai giudici del TAR Emilia-Romagna, della delibera del maggio 2022 con la quale la Regione aveva individuato gli impianti ‘minimi’ di compostaggio e digestione anaerobica da assoggettare al nuovo sistema di tariffazione definito dall’autorità di regolazione ARERA. Non una pietra tombale sul meccanismo introdotto dal regolatore nell’ambito del MTR-2 – per quella occorrerà eventualmente attendere il pronunciamento dei giudici di massima istanza sul ricorso presentato dall’autorità, previsto per dicembre – ma di certo una nuova tegola che si abbatte sul sistema e la sua applicazione, già bocciati da almeno cinque sentenze di due tribunali diversi (Lombardia ed Emilia-Romagna).

Respingendo l’appello della Regione, i giudici del Consiglio di Stato, occorre precisare, non hanno censurato il sistema ARERA in sé ma la sua applicazione da parte degli uffici tecnici dell’Emilia-Romagna. Che classificando come ‘minimi’ gli impianti regionali di trattamento della frazione organica li avevano di fatto sottratti alla libera concorrenza, assoggettandoli a un regime di flussi prestabiliti e tariffe regolate. Una decisione censurata dal TAR perché colpevole di aver introdotto una deroga, non prevista dal meccanismo di ARERA, al regime dell’evidenza pubblica che regola il mercato dei rifiuti differenziati avviati a recupero. Rifiuti che dovrebbero viaggiare liberamente sul territorio nazionale mentre alla luce della delibera dell’Emilia-Romagna, secondo il TAR, sarebbero invece stati assegnati in maniera “autoritativa” a impianti ben precisi. Una lettura confermata anche dal Consiglio di Stato, secondo cui “la regola che si impone in materia di ‘gestione ed erogazione dei servizi di gestione integrata dei rifiuti urbani’ è quella, improntata alla concorrenza, dell’affidamento mediante gara“.

Ma i giudici del tribunale di massima istanza hanno anche chiarito che il principio della “prossimità” agli impianti di recupero, che secondo il Testo Unico Ambientale deve essere privilegiato negli affidamenti, “non comprime la concorrenza” ma, con “una valenza ‘mitigatrice'”, deve piuttosto permettere di valorizzare “nell’ambito del procedimento di selezione dell’affidatario del servizio svolto mediante gara, quelle offerte che ne garantiscono maggiormente il rispetto”. Il principio di prossimità, chiarisce dunque il Consiglio di Stato, “risulta posto come un criterio preferenziale – un obiettivo ulteriore -, da incentivare ‘anche con strumenti economici’, ma senza che tale ‘obiettivo ulteriore’ trasformi la libera circolazione sul territorio dei rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero, ‘sempre ammessa’, al fine di ‘favorire il più possibile il loro recupero’, da regola ad eccezione, ed implichi, in via ulteriore, il sovvertimento delle regole in materia di affidamento degli appalti”. Per il momento insomma in Emilia-Romagna gli impianti per il recupero dei rifiuti organici dovranno tornare sul mercato. Per conoscere il destino dell’intero sistema ARERA, invece, occorrerà attendere dicembre.

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