Cinque miliardi da investire in impianti per l’organico e recupero energetico delle frazioni non riciclabili per chiudere il ciclo al Sud. Li stima un dossier Merita-Utilitalia, ma il Pnrr ne prevede molti meno. De Vincenti: “Attenzione, non è solo questione di soldi ma anche di capacità amministrativa e gestionale”
Al settore rifiuti italiano servono investimenti per oltre 5 miliardi di euro per “colmare il gap infrastrutturale e per conseguire gli obiettivi previsti dall’economia circolare”. Lo rileva un’analisi realizzata da Utilitalia e Associazione Merita sugli interventi necessari a chiudere il ciclo di gestione dei rifiuti nei territori che al momento non sono capaci di garantire l’autosufficienza ai fini del recupero e dello smaltimento. Soprattutto nelle regioni del Sud peninsulare e in Sicilia, dove la “arretratezza organizzativa e gestionale – si legge nello studio – determina un ritardo nel conseguimento degli obiettivi previsti dalle discipline europee e nazionali in materia” e dove la necessità di trasportare i rifiuti per il trattamento al di fuori dei confini regionali dettata dalla mancanza di impianti “determina una maggiore spesa per la riscossione della tariffa/tassa sui rifiuti che per le famiglie del Sud si attesa tra i 355 ed i 360 euro in media (periodo 2014-2019), valori nettamente superiori ai 273 euro del Nord o ai 322 euro delle regioni del Centro”.
Per raggiungere il doppio target Ue al 2035 del 65% di riciclo e del 10% massimo di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani, spiega lo studio, sarà necessario soddisfare un fabbisogno di digestione aerobica o anaerobica dell’organico per oltre 2 milioni di tonnellate con un investimento di circa 1,5 miliardi di euro, mentre sarebbero 2,6 i miliardi necessari a garantire il recupero energetico di un milione 300mila tonnellate di rifiuti non riciclabili residui. “A questi vanno sommati gli interventi necessari per lo sviluppo delle raccolte differenziate finalizzate al conseguimento degli obiettivi di riciclaggio, stimati in 1,2 miliardi di euro, e per l’implementazione della tariffa corrispettiva puntuale all’intero territorio nazionale, stimati in 0,3 miliardi di euro”.
A fronte degli oltre 5 miliardi di euro di investimenti che lo studio stima come necessari, appaiono inadeguati i circa 4,5 appostati sulla linea di intervento “economia circolare e valorizzazione del ciclo integrato dei rifiuti” nell’ultima bozza del Programma nazionale di ripresa e resilienza, dei quali appena 1,5 destinati alla costruzione di “nuovi impianti di riciclo ed ammodernamento degli esistenti”. Attenzione però a dire che le risorse del Pnrr non sono sufficienti visto che la chiusura del ciclo al Sud “non è soltanto un problema di fondi – spiega il presidente onorario di Merita Claudio De Vincenti – ma anche di capacità amministrativa e gestionale. Se le Regioni non ne dispongono a sufficienza, devono essere ‘dirette’ come avvenne negli anni ’50 per la Cassa del Mezzogiorno. Le risorse – conclude De Vincenti – hanno bisogno di progetti e di qualcuno che si assuma la responsabilità di realizzarli. In primis il governo centrale”.
Stando alle proposte progettuali per il Pnrr raccolte dalle imprese associate a Utilitalia attive nelle regioni del Mezzogiorno, utilizzare i fondi Next Generation Eu e React Eu per finanziare la costruzione di cinque impianti di trattamento della frazione organica in Campania, Puglia e Sicilia per 323mila tonnellate annue e di un impianto di recupero energetico da 250mila, potrebbe contribuire “a ridurre il fabbisogno impiantistico rispettivamente del 16% e del 20%” per organico e rifiuti residui.