Rifiuti, Ref: “Il Programma Nazionale non sia una mera raccomandazione”

di Redazione Ricicla.tv 24/02/2022

Il laboratorio Ref passa ai raggi-x il documento preliminare sul Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti e avverte: “Non si limiti a mere raccomandazioni, ma si doti di tempi certi e percorsi cogenti”

Il Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti “non potrà limitarsi a mere raccomandazioni, ma dovrà dotarsi di una strategia, con tempi certi e percorsi cogenti”. Altrimenti finirà per rivelarsi inefficace. È un giudizio sospeso, quello che emerge dall’ultimo position paper del Laboratorio Ref sulla misura che insieme alla Strategia Nazionale sull’Economia Circolare rappresenta il cuore delle riforme strutturali disegnate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per rilanciare la corsa dell’Italia verso gli obiettivi Ue di circolarità (65% di riciclo e 10% di discarica per i rifiuti urbani entro il 2035) e colmare i divari di gestione tra le varie regioni. Nell’attesa di conoscerne la versione definitiva e dettagliata, che dovrà essere adottata entro il prossimo 30 giugno, Ref ha passato ai raggi-x il documento preliminare sottoposto a Valutazione Ambientale Strategica. Ne viene fuori una valutazione complessivamente positiva, tuttavia “non sufficiente vista l’importanza di un documento strategico che dovrebbe avere l’ambizione di indicare le condizioni per il raggiungimento dei target comunitari di riciclo e di riduzione del conferimento in discarica“.

Il Programma, ricorda Ref, dovrà “delineare i macro-obiettivi e i criteri” che dovranno guidare le regioni nella stesura dei piani di gestione dei rifiuti, “mirando a colmare i deficit territoriali”, ma al tempo stesso “lasciando in capo alle amministrazioni regionali le scelte afferenti alle tipologie e all’ubicazione degli impianti”. Non dirà insomma “quanti e quali impianti dovranno essere realizzati” ma piuttosto fornirà gli strumenti per “orientare dall’alto questa scelta”, definendo il fabbisogno di trattamento da soddisfare per le frazioni di rifiuto più critiche, ovvero residuo secco non riciclabile e organico da raccolta differenziata, e il perimetro entro il quale soddisfarlo. Rispetto a quest’ultimo aspetto, il documento messo a punto dal Ministero della Transizione Ecologica prevede la possibilità, mutuata dal famigerato articolo 35 del decreto legge ‘sblocca Italia’, di soddisfare il fabbisogno di impianti “anche per macroaree”, individuate in Nord, Centro, Sud Peninsulare, Sicilia e Sardegna, attraverso accordi tra autorità locali diverse.

Una previsione che ha trovato parzialmente in disaccordo la Commissione Tecnica di Valutazione Ambientale VIA VAS dello stesso Ministero, che nel suo parere sul documento preliminare invita a riportare a un livello regionale il principio dell’autosufficienza, tanto per il rifiuto organico quanto per l’indifferenziato “pur lasciando spazio alla programmazione di macroarea per gli impianti a tecnologia complessa” come digestori anaerobici e termovalorizzatori. Una “questione controversa”, scrive Ref, che andrà sciolta entro il prossimo 30 giugno, facendo anche in modo “che la pianificazione per macroarea non diventi un alibi per le pianificazioni regionali, non prevedendo interventi per la chiusura del ciclo dei rifiuti ma rimandando a nuove programmazioni di area vasta”. Servono “meccanismi di verifica del raggiungimento degli obiettivi in relazione al fabbisogno impiantistico”, scrive Ref. Una necessità della quale anche il Ministero sembra ben consapevole, tanto da prevedere “una programmazione di prospettiva di breve (2025) e medio termine (2030)” si legge nel rapporto preliminare, che guidi le regioni rispetto agli impianti da realizzare, con indicazioni dei possibili soggetti attuatori coinvolti e delle potenziali fonti di finanziamento.

L’importante, dice Refe, è che sia gli obiettivi da raggiungere che il fabbisogno da soddisfare non siano calcolati in relazione alle percentuali di differenziata ma “sui quantitativi effettivamente recuperati”. Dalle stime del laboratorio emerge, per l’indifferenziato, il surplus gestionale di Lombardia ed Emilia-Romagna, che pur trattando entrambe più rifiuti di quelli effettivamente prodotti riescono comunque a stare già sotto l’obiettivo europeo del 10% massimo di smaltimento in discarica fissato al 2035. Sul fronte opposto della classifica il deficit di Lazio e Campania, che si confermano ultime anche quanto a capacità di recupero dell’organico da raccolta differenziata. Fornendo le indicazioni necessarie a chiudere il ciclo per le due frazioni più critiche, aggiunge Ref, il Programma nazionale si porrà tra l’altro in linea con quanto previsto dall’autorità di regolazione Arera rispetto all’individuazione degli ‘impianti minimi’, elemento centrale del nuovo sistema di tariffe ‘al cancello’ introdotto con il Metodo Tariffario Rifiuti per il secondo periodo regolatorio.

Tra i rilievi sollevati dalla Commissione Tecnica, spiega Ref, anche la natura non esaustiva delle filiere strategiche per l’economia circolare da sottoporre a monitoraggio. Alle tre individuate dal rapporto preliminare, ovvero Raee, tessili e rifiuti da costruzione e demolizione, la Commissione chiede di aggiungere almeno quelle di plastica, imballaggi, prodotti alimentari, acque e nutrienti, “cioè – si legge nel position paper – le filiere ad alta intensità di risorse individuate dal Piano d’Azione per l’Economia Circolare e dalle linee programmatiche della Strategia Nazionale per l’Economia Circolare”. Allo stesso modo, l’attività di pianificazione andrebbe estesa, quantomeno a livello di criteri generali, anche ai rifiuti speciali, con particolare riferimento ai fanghi da depurazione e, più in generale, a tutti i rifiuti speciali con codice EER 19, ovvero quelli derivanti dal trattamento intermedio degli urbani. Un invito ad una maggiore integrazione tra rifiuti urbani e rifiuti speciali in fase di pianificazione necessaria “affinché l’origine dei flussi e il grado di prossimità della risposta impiantistica possano essere rese intelligibili“, step fondamentale per innescare “un cambio di passo da parte delle amministrazioni locali, che presuppone un ruolo di contrasto ai NIMBY e NIMTO, un impegno attivo nella costruzione del consenso da parte delle istituzioni, tutte”.

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