Spedizioni di rifiuti: in Ue aumentano le segnalazioni di casi illegali

di Redazione Ricicla.tv 21/03/2023

Stando a un report della Commissione europea, tra 2016 e 2019 gli Stati membri hanno segnalato ogni anno circa 1376 casi di spedizioni illegali di rifiuti, in aumento del 50% rispetto al triennio precedente. Tra i flussi critici rifiuti tecnologici e veicoli a fine vita


Rifiuti tecnologici etichettati come apparecchiature di seconda mano. Ma anche veicoli a fine vita fatti passare per auto usate. Sono i casi più frequenti di spedizione illegale di rifiuti, stando al report pubblicato dalla Commissione europea sull’attuazione della disciplina Ue sulle esportazioni nel periodo tra 2016 e 2019. Mentre vanno avanti i lavori delle istituzioni Ue sulla proposta di revisione del regolamento 1013 del 2006, presentata da Bruxelles a fine 2021, il rapporto fa emergere due tendenze principali. La prima è che sebbene la quantità di rifiuti notificati – ovvero rifiuti sensibili il cui import/export sia dentro che fuori l’Ue è sottoposto a una specifica procedura – sia rimasta stabile per tutto il periodo di riferimento, la quantità totale di rifiuti pericolosi spediti dagli Stati membri è più che raddoppiata, passando da 3,9 milioni di tonnellate nel 2001 a 8,1 milioni di tonnellate nel 2019. Nello stesso periodo sono cresciute anche le movimentazioni di rifiuti urbani o dei residui del loro incenerimento, con un incremento superiore al 400%.

Il secondo trend che emerge dal rapporto evidenzia invece l’aumento delle spedizioni illegali individuate dagli Stati membri. Nel periodo 2016-2019 i paesi Ue hanno segnalato 5mila 502 spedizioni illegali di rifiuti, con un aumento delle segnalazioni effettuate ogni anno: mentre nel periodo 2013-2015 erano state in media 933, nel periodo 2016-2019 sono passate a 1376. Un incremento del 50% circa. E anche se molte delle segnalazioni riguardano errori, inesattezze o l’incompletezza della documentazione amministrativa, non mancano i casi di rilevanza penale. “La maggior parte delle spedizioni illegali segnalate dal Belgio è costituita da Raee pericolosi – si legge nel rapporto – mentre la Repubblica ceca segnala casi di Raee erroneamente identificati come apparecchiature elettriche ed elettroniche destinate al riutilizzo; la Repubblica ceca segnala anche alcuni casi di veicoli fuori uso spediti come vetture di seconda mano”. Ma nelle scorse settimane due report dell’Agenzia europea per l’ambiente avevano sottolineato come le dimensioni dei fenomeni di traffico illecito dall’Ue restino preoccupanti anche nel settore dei rifiuti plastici e in quello degli scarti tessili.

Tornando alle spedizioni legittime dentro e fuori dai confini dell’Unione, gli Stati membri che hanno esportato le maggiori quantità di rifiuti pericolosi nel periodo 2016-2019 sono stati la Francia e l’Italia (rispettivamente 6,8 e 3,9 milioni di tonnellate nell’arco dei quattro anni), seguite dalla Germania (3,6 milioni di tonnellate). Sul totale esportato nel periodo, solo il 10% dei rifiuti pericolosi è stato spedito fuori dai confini dell’Ue verso altri paesi OCSE. Quanto al trattamento di destinazione, se resta stabile il recupero, diminuisce invece lo smaltimento (da 1,5 milioni di tonnellate nel 2016 a 1,3 nel 2019) mentre aumenta il riciclo (da 3 a 4,2 milioni di tonnellate). Da segnalare anche l’incremento delle esportazioni dei cosiddetti ‘altri rifiuti notificati’, come i rifiuti domestici o i residui del loro incenerimento, aumentate del 463% tra 2001 e 2019, segno della crescente difficoltà di molti Stati membri nella chiusura del ciclo di trattamento entro i propri confini.

Gli esiti del report, osserva la Commissione, confermano la necessità di una revisione della disciplina secondo le direttrici indicate da Bruxelles nella proposta presentata a novembre 2021: ridurre l’esportazione di rifiuti problematici fuori dall’Ue, compresi i traffici illegali, e aumentare le pratiche di riciclo e recupero dentro i confini dell’Unione. Ai sensi della riforma proposta dalla Commissione, le spedizioni verso paesi non-OCSE saranno consentite solo in caso di consenso da parte del paese di destinazione, mentre quelle verso paesi OCSE saranno monitorate e potranno essere sospese in caso di minaccia per l’ambiente o la salute delle popolazioni. In più, tutte le imprese che esportano rifiuti fuori dai confini dell’Ue dovranno dimostrare, tramite audit indipendenti, che gli impianti di destinazione siano in grado di trattarli in modo corretto. Mentre si attende di conoscere la posizione negoziale degli Stati membri, il Parlamento dell’Ue ha chiesto un ulteriore giro di vite, con lo stop all’export di rifiuti in plastica verso i paesi non-OCSE e il phase out in quattro anni delle spedizioni verso i paesi OCSE. La proposta di riforma presentata da Bruxelles e avallata dal Parlamento ha suscitato le critiche delle imprese del riciclo e del waste management, secondo cui la stretta all’export coinvolgerebbe in maniera indiscriminata sia i rifiuti potenzialmente problematici che le materie riciclate, con contraccolpi soprattutto per i settori della carta da macero e dei rottami.

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