Nuova stretta sul rottame di ferro, Assofermet: “Impossibile esportare”

di Luigi Palumbo 21/07/2023

Passa da venti a sessanta giorni l’obbligo di notifica preventiva per le imprese che intendano esportare rottame di ferro fuori dall’Ue. Uno stop di fatto al commercio internazionale. Assofermet: “Subito un tavolo di lavoro con l’industria dell’acciaio”


Prima dieci, poi venti, ora sessanta giorni. A sedici mesi dalla sua prima introduzione, l’obbligo di notifica preventiva per le imprese italiane che intendano esportare rottame di ferro fuori dall’Ue viene anticipato per la seconda volta. Rendendo di fatto “impossibile” farlo. È l’associazione dei riciclatori e commercianti di metalli Assofermet a lanciare l’allarme sulle nuove tempistiche introdotte con la legge di conversione del decreto ‘enti pubblici’, chiedendo un ritorno alla formulazione originale della misura, modificata almeno tre volte nel giro di poco meno di un anno e mezzo. Il termine di dieci giorni inizialmente fissato dal governo nel decreto ‘Ucraina bis’, che a marzo dello scorso anno aveva attribuito al rottame lo status di ‘materia prima critica’ rendendo più onerosa la procedura per l’export, era stato raddoppiato dalla legge di conversione dello stesso decreto. Poi l’ultimo ‘milleproroghe’ aveva spostato la data di scadenza al dicembre 2023. Ora l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto ‘enti pubblici’ oltre a prorogare la misura fino al 31 dicembre 2026 l’ha rafforzata, portando di fatto a due mesi l’anticipo col quale gli esportatori dovranno comunicare le movimentazioni transfrontaliere ai ministeri delle Imprese e degli Affari europei.

Nelle intenzioni del governo una misura di salvaguardia per proteggere la siderurgia italiana dalle turbolenze del mercato internazionale del rottame, materia prima fondamentale per l’acciaieria nazionale basata per oltre l’80% della produzione su forni ad arco elettrico. Per i riciclatori si tratta invece di una misura iniqua sin dalla sua prima formulazione, che a questo giro diventa però tale da bloccare di fatto l’export. “Il commercio internazionale – ricorda infatti Assofermet – non è tarato per concordare un prezzo a 60 giorni, ma al massimo a 20″. Cosa che “va ad incidere su un elemento chiave di tali operazioni, rendendone complicata in misura maggiore la programmazione con la controparte estera, al punto tale da impedirne la realizzazione”. Per questo Assofermet chiede l’apertura di un tavolo di confronto con l’industria dell’acciaio, “con l’obiettivo di trovare un percorso condiviso” scrive l’associazione in una nota, per tenere assieme le esigenze di tutela del comparto siderurgico con quelle degli operatori del riciclo.

Del resto, ricorda Assofermet, le imprese italiane del riciclo esportano fuori dall’Ue un quantitativo molto modesto di rottame, pari a poco più del 2-2.5%. Nel 2020 erano state appena 450mila tonnellate, sui 20 milioni complessivamente consumati dalle acciaierie italiane, 15 dei quali acquistati sul mercato nazionale. “Tali esportazioni – spiega l’associazione – seguono e si uniformano ai momenti di mercato che contraddistinguono la produzione nazionale di acciaio e quindi dipendono dall’effettivo fabbisogno di rottami richiesto da ogni singola acciaieria”. L’export verso paesi non Ue – con in testa la Turchia, principale acquirente di rottame sul mercato globale – è insomma una valvola di sfogo indispensabile per alleggerire gli stoccaggi degli impianti di riciclo quando la domanda nazionale rallenta e “non incorrere nelle violazioni di natura penale delle prescrizioni autorizzative”. Ma anche quando la domanda è in tensione, chiarisce Assofermet, il fabbisogno di rottame delle acciaierie italiane può essere soddisfatto dal “copioso gettito interno Ue di rottame che si aggira circa sui 90 milioni di tonnellate”. Quantità che non vengono assorbite dall’industria europea, basata per il 56,3% della produzione sul ciclo tradizionale alimentato a carbone e minerale di ferro.

Se sul mercato dell’Ue c’è rottame a sufficienza, insomma, non è chiaro perché l’Italia non possa esportarne quantità residuali fuori dai confini dell’Unione. Il sospetto dei riciclatori è che dietro le misure di salvaguardia si celi in realtà una manovra per ‘schermare’ il prezzo del rottame italiano dall’influsso dei mercati internazionali e in primo luogo sganciarlo dall’effetto traino della domanda turca. Dando così alle acciaierie il pieno controllo sui valori di mercato. Una manovra che rischia però di generare pesanti effetti collaterali sul comparto del riciclo. Allentare d’un sol colpo la tensione dei prezzi sul mercato nazionale del rottame, avverte infatti l’associazione “scoraggerà qualsiasi futuro investimento orientato al consolidamento degli attuali equilibri tra gli attori della filiera, favorendone invece un modello di sviluppo disaggregato che necessariamente risulterà assai meno efficiente di termini di competitività economica e di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità dell’intero settore”. Per questo Assofermet “ha chiesto un incontro a FEDERACCIAI evidenziando la massima disponibilità a discutere dell’argomento, ben sapendo che la decarbonizzazione sarà una sfida comune, nella quale il nostro settore giocherà un ruolo unico e insostituibile a fianco della siderurgia nazionale”

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